Love Lies Bleeding

Regia – Rose Glass (2024)

Un neo-noir, un body horror, una storia d’amore, una celebrazione di un corpo non convenzionale visto attraverso gli occhi di chi quel corpo lo desidera e lo brama. Due protagoniste scritte in maniera divina, la cui vita sullo schermo è credibile dall’inizio alla fine, e una galleria di personaggi di contorno caratterizzati con poche e incisive pennellate che vanno a comporre un microcosmo di criminali, disperati, anime corrotte e perdute in una piccola città del New Mexico, dove ogni cosa è rancida e spenta. Love Lies Bleeding è un film straordinario, una follia gentilmente offerta dalla mente e dalle visioni di Rose Glass. Dopo questo suo secondo lungometraggio, la regista britannica, nata nel 1990, mi è entrata nel cuore al pari di Julia Ducournau. E credo che Love Lies Bleeding abbia tanti punti in comune con Titane, ma questa è materia per un altro post.

Jackie (Katy O’Brian, che sono sicura molti di voi ricorderanno nell’ultima stagione di Z Nation) arriva in questo piccolo paesino dimenticato da Dio lungo un viaggio che la sta portando a Las Vegas, per una gara di body building. Lì conosce Lou (Kristen Stewart), che gestisce la palestra locale dove Jackie va ad allenarsi. Le due iniziano una relazione mentre Jackie, per sbarcare il lunario, lavora al poligono di tiro di proprietà del padre di Lou (Ed Harris), delinquente impelagato in loschi traffici mai del tutto chiariti. 
Questa è la premessa di una storia dall’andamento surreale e onirico, condita con un senso dell’umorismo sottotraccia ma sempre presente. Non mi aspettavo che una vicenda a base di steroidi, violenza domestica, dipendenze varie, morti ammazzati, potesse anche essere così divertente; e invece Glass, grazie al ritmo stralunato che imprime al suo film, grazie a un impianto “realista” costantemente sporcato e imbastardito dal linguaggio del genere, confeziona un’opera che inchioda allo schermo, sorprende a ogni svolta narrativa e intrattiene dall’inizio alla fine. Fa persino ridere, in più di un’occasione. 

Non che mi stupisca più di tanto: anche un film dall’andamento sepolcrale come Saint Maud era percorso da una vena umoristica e satirica impossibile da ignorare, e in effetti è molto evidente che dietro a entrambi i film c’è la stessa mano, nonostante appartengano a generi differenti, nonostante Saint Maud sia più apertamente horror e Love Lies Bleeding sia invece un miscuglio di decine di influenze disparate, da Cronenberg alle Wachowski, passando per Michael Mann e il Verhoeven meno compreso, quello di Showgirls. 
C’è di tutto, in questo film, ma Glass lo amalgama così bene e con tale naturalezza che non esce fuori un patchwork di idee trafugate, ma un film solido e originale, tutto suo, e tutto nostro. 
Perché, se i codici e le strutture narrative che Glass utilizza, lo abbiamo detto, derivano da tanti altri autori e da tanti altri film, il suo sguardo è fresco e nuovo: non è tanto ciò che viene messo in scena, che alla fine è una classica love story con vendetta nella desolata provincia, ma come viene messo in scena, e con quali elementi di assurdo, weird e inconsueto che vanno a far esplodere in una tavolozza di miriadi di colori il ritratto di ordinario squallore che sulla carta Love Lies Bleeding dovrebbe essere. 

Le due attrici offrono entrambe un’interpretazione eccellente e ricca di sfumature; aiuta il fatto che ci sia una chimica tra loro che fa scintille e che l’intensa attrazione tra Jackye e Lou sia, appunto raccontata tramite quello sguardo limpido e incontaminato cui accennavo prima. Tra i tanti elementi che vanno a comporre il mosaico di Love Lies Bleeding, c’è anche il thriller erotico, arrivato dritto a noi dai primi anni ’90, dove ancora vagava smarrito e quasi dimenticato. Ma anche lì, la prospettiva tramite cui si torna a realizzare un thriller erotico nel 2024 deve necessariamente cambiare, e Glass non solo la cambia, la rovescia completamente. E non solo perché qui abbiamo due protagoniste queer, anche se è un punto fondamentale, è il perno cui ruota intorno l’intera operazione; il meccanismo è, tuttavia, più insidioso e sottile. Sempre una questione di sguardo, il famoso female gaze che avvolge e racconta i corpi di Jackie e di Lou e la relazione tra quei corpi, il modo in cui entrambe li usano e li abitano, cosa ci fanno, come li trasformano e come il mondo intorno a loro li trasforma. 

La regia di Glass è attentissima ai dettagli, a seguire Lou e Jackie a distanza ravvicinata, a sottolineare i loro avvicinamenti e allontanamenti, gli sbalzi furiosi del loro rapporto con un’intimità che è quasi dolorosa. 
È un discorso che qui è stato fatto centinaia di volte, ma ci tengo sempre a ribadirlo: per quanto possa essere bizzarra la successione degli eventi, per quanto accadano cose che scivolano nel regno dell’horror puro e sovrannaturale, è fondamentale poggiarsi sulla credibilità dei personaggi. Una volta che si è cementata la fiducia dello spettatore in Jackie e Lou, può accadere di tutto e tutto sarà perfettamente coerente. 
Poi è sicuro come l’arrivo delle bollette a fine mese che qualcuno uscirà sconcertato dai minuti finali di Love Lies Bleeding, che qualcuno odierà il film per i suoi minuti finali. 
Ma io sono convinta che sia proprio quell’ultimo quarto d’ora a scolpire l’identità del film: non poteva che andare in quel modo. 

Love Lies Bleeding è un cult che tra una ventina d’anni ancora ricorderemo a bocca aperta; possiede la fiera sfacciataggine e la sensibilità di una produzione underground e la capacità di tenere incollati allo schermo di un blockbuster.
Spero arrivi anche da noi in sala (pare che lo abbia preso la Lucky Red, ma non c’è una data e, di solito, film di questo tipo arrivano tutti nel corso dell’estate), perché i colori, i tagli di luce, le inquadrature concepite con precisione maniacale da Rose Glass vanno goduti su uno schermo più grande possibile. 
Ma anche così va bene. Basta che lo vediate, perché di film così non se ne fanno molti, non con questa perfetta sintesi tra il racconto e la sua forma. 
Ti amo, Rose Glass. 

2 commenti

  1. Avatar di Frank La Strega

    Molto forte.

    Bello.da vedere e loro funzionano alla grande.

    Mi ha lasciato ubriaco, ma come se avessi assunto contemporaneamente sostanze emozionali diverse: felice, divertito, eccitato, libero, innamorato… e triste, preoccupato, spaventato, confuso…

    E sono ancora confuso. lo rivedrò quando posso, quindi.

    Se il finale va bene per chi “sente/vive/comprende” questa storia, vuol dire che… va bene. 🙂

    1. Avatar di Lucia

      Sì, è molto forte, è un’esperienza emotiva che ti sconquassa abbastanza. Però bello.