
Regia – Richard Attenborough (1978)
Per il Day 8 la challenge richiedeva un Meta Horror e io mi sono dedicata a rivedere uno Scream a caso perché Scream è sempre la cosa giusta da fare quando sei nel dubbio. Il Day 9, invece, era un po’ più complicato, e non perché il tema fosse astruso: Creepy Doll, diceva. E sapete anche voi quante bambole inquietanti ci siano nel nostro genere preferito. La scelta del film, quella sì, è stata difficile; appunto perché le bambole un po’ schizzate te le tirano letteralmente appresso, volevo trovare qualcosa di non scontato e, come Scream è sempre la cosa giusta da fare quando sei nel dubbio, così gli anni ’70 sono il decennio a cui bisogna rivolgersi quando si cerca un film diverso dai soliti titoli.
Richard Attenborough alla regia, William Goldman alla sceneggiatura (il film è tratto da un suo romanzo), Anthony Hopkins protagonista, Burgess Meredith comprimario. Sembrerebbe quasi un film serio. In parte lo è anche, perché Magic potrebbe benissimo rientrare nel rassicurante alveo del thriller psicologico, etichetta che i critici tirano fuori a muzzo quando non vogliono ammettere in nessun modo di essersi sporcati le manine con un horror. Ma noi non ci facciamo ingannare così facilmente e chiamiamo Magic col suo nome: horror con pupazzo assassino.
Magic racconta di un giovane prestigiatore, Corky (il caro Hopkins), che non se la passa troppo bene. Nonostante sia molto bravo con i trucchi, è privo di carisma e non riesce ad attirare su di sé l’attenzione del pubblico pagante. Lo vediamo fare fiasco in uno spettacolo e poi rivolgersi sconsolato al suo maestro Merlin che gli consiglia di inventarsi qualcosa alla svelta per supplire la carenza di fascino. Qualche tempo dopo, lo ritroviamo con un agente (Burgess Meredith) che vuole portarlo in tv e la gente che fa la fila per assistere a un suo show. Cosa è cambiato? È arrivato il simpatico pupazzo Fats. Corky ha imparato a fare il ventriloquo e usa Fats come spalla, per il sommo divertimento del pubblico pagante. Sta per firmare un contratto per un programma televisivo tutto suo, quando la prospettiva di affrontare un esame medico per essere assunto in un grande network lo manda fuori di testa e, senza dire niente a nessuno, se ne parte e se ne va in pieno inverno nello sputo di paesino dove è nato e cresciuto, a ritrovare una sua vecchia fiamma delle superiori, ora proprietaria insieme al marito di un albergo sulla via del fallimento. Una volta lì, il non più tanto simpatico pupazzo Fats sembra assumere il controllo sul suo padrone e comincia a eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono tra loro due in maniera poco ortodossa, ovvero con l’omicidio.
Attenborough e Goldman non rivelano mai con chiarezza se Fats abbia davvero una vita propria o sei sia soltanto Corky l’autore dei delitti (pochi) cui assisteremo nel corso del film. Magic resta sempre in bilico tra un’interpretazione degli eventi sovrannaturale e una, chiamiamola così, realistica. Che Corky abbia qualche problema è facilmente intuibile, ma è anche vero che Fats è connotato come creepy sin dall’inizio e che ci viene segnalato da ogni angolazione possibile che nulla di buono può venire fuori da quell’orribile pupazzo. E qui accorre in nostro aiuto la regola aurea di ogni horror che si rispetti: non ha importanza se l’elemento soprannaturale ci sia o no, ha importanza l’impatto che ha sulle vite dei personaggi. Fats può essere stregato, maledetto, infestato, quello che volete voi, come può essere soltanto un mezzo per Corky di sfogare i suoi peggiori istinti. Ma non ha molta importanza, ciò che conta è l’effetto che ha Fats. E Fats è un assassino.
La prima volta che ho visto Magic sono rimasta molto stupita dalla direzione che la sceneggiatura fa prendere alla storia. Mi aspettavo la classica vicenda di ascesa e caduta, del protagonista stordito dal successo e pronto a rimuovere ogni rivale e ostacolo tramite il suo alter ego di legno. Invece Magic è un film molto intimo, è il racconto di un uomo che, al contrario di quel che credevo, fugge dal successo per andare a trovare un po’ di serenità e perde tutto: perde il lavoro che aveva faticato così tanto a conquistare, perde l’amore della persona che è andato a cercare, perde, in questa spirale implacabile e autodistruttiva, la propria sanità mentale. È interessante notare che il fattore scatenante la fuga di Corky sia la necessità legale di sottoporsi a un esame medico prima di cominciare la sua trasmissione, mentre quello che dà il via alla furia omicida di Fats sia l’imposizione, da parte dell’agente di Corky, di farsi aiutare da qualcuno. Sembra quasi la versione tragica del meme “Gli uomini preferirebbero scatenare una guerra piuttosto che andare in terapia”. È evidente che il disagio di Corky preceda l’uso di Fats e che lui ne sia consapevole, così consapevole da correre a nascondersi pur di non essere visitato.
Anche perché è a Fats che Corky deve quel famoso carisma che lui pensa di non possedere, e qui le cose si fanno complicate, perché rinunciare a lui vorrebbe dire rinunciare al motivo per cui non è destinato a fare perennemente fiasco in qualche bettola, tra l’indifferenza generale degli astanti. Senza Fats, Corky pensa di non essere niente. Un po’ come Brian senza Elmer in Brain Damage. E infatti qui ci sta tutto il metaforone sulla dipendenza, reso alla perfezione nella scena in cui il personaggio di Burgess Meredith chiede a Corky di fare a meno per cinque minuti del suo pupazzo da ventriloquo e lui regge due minuti e mezzo tra atroci sofferenze, prima di afferrare Fats e farlo parlare in sua vece. È una scena molto lunga e insistita. Sì, due minuti per una scena sono tantissimi, soprattutto se tutto avviene in tempo reale e lo scandire di ogni secondo pesa come un macigno sul volto disperato di Corky. È lì che Fats gli fa commettere il suo primo omicidio.
Il paragone con Elmer non è fatto un tanto al chilo: oltre a essere una dipendenza, Fats può anche essere considerato un parassita che si nutre del talento di Corky e lo convince di non averne abbastanza, e poi di non essere abbastanza, tanto da non poter fare a meno di lui. Fats è tutto ciò che Corky crede di non poter essere: è simpatico, è spigliato, è rilassato, non si fa prendere dal panico. Con Corky condivide soltanto una certa difficoltà nel gestire la rabbia.
È un film tragico, Magic, perché racconta di una persona che cerca di fare del proprio meglio e si perde. Ed è anche un film piccolo, contenuto, di serie B, mi verrebbe da dire, se non fosse per i nomi coinvolti. Di fatto, è a basso costo, si svolge tutto in una sola location, dopo l’introduzione a New York che però dura poco; è avaro di effetti speciali ed è costruito sull’atmosfera malinconica dei Catskill dove è ambientato. Nel filone delle bambole, bambolotti, pupazzi con tendenze poco urbane è tra i film meno battuti. Io, fossi in voi, gli darei un’occhiata per questa stagione di Halloween.











Lo vidi in sala a quattordici anni e non lo dimenticai più.
Ricordo che qualche giornale, all’epoca, lo definiva “thriller romantico”. Tra l’altro, gara di bravura tra Hopkins e Margret. Per me un gioiello.
Ottima proposta! Io l’ho rivisto non molto tempo fa e ho trovato quel dannato Fats terrificante esattamente come la prima volta (questo a prescindere dal fatto che potesse trattarsi di una manifestazione soprannaturale o di una “semplice” quanto pericolosissima personalità secondaria), con il giovane Anthony “Corky” Hopkins e la splendida Ann “Peggy” Margret perfetti nei loro rispettivi ruoli…
Day 8: Dimensione Terrore, che per me va sempre bene, come Scream. E’ un piccolo film che adoro e che nel delirio “meta” mostra una amicizia che mi ha sempre trasmesso una grande tenerezza. Quando hai voglia di rivedere un film, di reincontrarne i personaggi, di riascoltare le loro parole… allora siamo oltre il “meta” e… wow!
Day 9: Non proprio un Horror, ma non potevo non rivedere “Small Soldiers” quando mi è venuto in mente leggendo la challenge. Mi piace tantissimo.
Non conoscevo Magic! Lo metto in lista…
Besos!