
Regia – Jack Sholder (1985)
Zia Tibia si è resa conto che stava facendo passare in cavalleria il mese del Pride e, essendo parte della comunità queer, come la sottoscritta, non se lo sarebbe mai perdonato. Allora ha preso una decisione poco ortodossa: scrivere un articolo sul film di cui si parlerà nella puntata di questa settimana di Paura & Delirio, perché il tempo è poco, lo stato di salute è quel che è, si combatte quotidianamente con emorragie da ascensori di Shining e si prendono dosi da cavallo di medicinali che rincoglioniscono più di quanto Zia Tibia e io non siamo già rincoglionite al nostro stato naturale. Detto ciò, Freddy’s Revenge è un ottimo esempio di cinema queer a posteriori. Nel bellissimo documentario sul suo protagonista, Mark Patton, viene spiegato come, all’epoca della sua uscita in sala, il film abbia segnato la fine della carriera dell’attore, la sua quasi permanente ostracizzazione da Hollywoo e anche il rischio che la saga di Nightmare terminasse lì, appena al secondo capitolo. Tutto per un sotto testo di cui, ancora oggi, Jack Sholder nega l’esistenza.
Il problema di Nightmare 2 è che il sotto testo è evidente a chiunque possieda un paio di occhi, ma non si tratta di un elemento positivo, anzi. Il film può essere letto come la vicenda di un ragazzo “posseduto” da un mostro gay e salvato all’ultimo istante dall’amore normativo ed eterosessuale della sua dirimpettaia. D’altronde, siamo nel 1985, nel bel mezzo del disastro sanitario dell’AIDS, quando Dio odiava i finocchi e le metafore sulle malattie infettive erano disseminate in lungo e in largo nel cinema dell’orrore, soprattutto quello legato al vampirism, per ovvi motivi. Qui, tuttavia, l’operazione è ancora più spregevole, se vogliamo: l’omosessualità assume una connotazione chiaramente satanica, con il nostro protagonista, Jesse (nome neutrale dal punto di vista del genere) dilaniato tra la tentazione omoerotica rappresentata da Freddy e la sana e naturale attrazione nei confronti della vicina di casa Lisa, che infatti lo becca mentre sta ballando in camera sua, irrompendo all’interno della stanza e riportandolo all’ordine e al suo ruolo di maschio prima che il poverino sculetti troppo.
Tutto questo fatto sulla pelle di un attore giovanissimo, il cui orientamento sessuale, non dichiarato ma noto nell’ambiente, è stato oggetto di un bieco sfruttamento per mandare avanti l’agenda reazionaria del film. Insomma, per capire come mai Freddy’s Revenge sia diventato, nel corso degli anni, un film così amato dalla comunità, bisogna compiere un paio di salti mortali. Ma chi è appassionato di horror, e soprattutto chi è un appassionato queer di horror, è abituato a farli, i salti mortali, è abituato a rivedersi e a riconoscersi anche in luoghi che ci vengono preclusi, ad appropriarsi di elementi problematici o addirittura offensivi, perché ci hanno sempre lasciato soltanto le briciole, ma noi, a partire da quelle briciole, abbiamo edificato monumenti. Siamo molto bravi, in questo.
E così, il Jesse di Patton, dopo essere stato sbeffeggiato per anni, dopo essere stato oggetto di frizzi, lazzi e umorismo da spogliatoio, è assurto a icona, è diventato una scream queen e una final girl, e un film nato per denigrare un’intera comunità che, proprio in quel periodo, stava soffrendo le pene dell’inferno, si è trasformato in uno strumento di orgoglio e rivendicazione. È un miracolo.
Sono ancora convinta, dopo aver rivisto Nightmare 2 per l’ennesima volta, che non sia un sequel particolarmente riuscito: Wes Craven aveva ragione quando diceva che Freddy ne esce molto ridimensionato, che la sua eccessiva presenza sul piano della realtà lo rende meno minaccioso e più sciocco. Per dare spazio al metaforone su quanto sia pericolosa e brutta l’omosessualità, Sholder, la New Line e lo sceneggiatore David Chaskin hanno forzato e, infine, pervertito la natura stessa di Fred Krueger, tanto che il veicolo dell’incubo è quasi un pretesto messo lì giusto per creare continuità con il capitolo precedente. Cosa se ne fa una creatura in grado di ucciderti nei sogni di un corpo umano da usare come burattino per commettere gli omicidi? Per quale motivo Fred dovrebbe uscire dal regno del sonno, dove è quasi imbattibile, per incarnarsi in quello della veglia dove, lo abbiamo visto nel duello finale con Nancy, si indebolisce?
Tutte domande che rimangono senza riposta, anche perché, a partire dal capitolo successivo, Dream Warriors, l’idea di associare Krueger alla possessione classica viene accantonata e si torna a viaggiare nel reame dell’incubo.
Ma, se lasciamo un istante da parte la complessa relazione di Freddy’s Revenge con il resto della saga, bisogna ammettere che come body horror non è affatto male, soprattutto considerando che, caso più unico che raro, abbiamo un protagonista maschile che in una scena mette letteralmente al mondo Fred Krueger; lo partorisce di fronte allo sguardo sbigottito e terrorizzato del suo vero love interest, Rob Grady (Robert Rusler), in uno dei coming out più traumatici ed esplosivi mai messi in scena. Tanto che Grady fa subito una brutta fine: prima di tornare nel rassicurante alveo delle relazioni normative, è necessario uccidere la tentazione. O anche: Freddy è la punizione divina (leggi AIDS), il guanto artigliato di Dio che si abbatte su chi non segue le regole.
Freddy’s Revenge, in quanto campionario di fobie e pulsioni contraddittorie, non del tutto consapevoli, e comunque oggetto di un processo di negazione che prosegue nonostante la chiave interpretativa più quotata del film sia ormai quella queer, non racconta dell’uomo nero che ti viene a prendere nel sonno, ma del tuo corpo che ti si rivolta contro, imponendoti dei desideri considerati inaccettabili.
Il calvario di Jesse è quello di un ragazzo molto giovane che fa fatica a trovare se stesso, che si trova dilaniato tra la pressione sociale (i suoi genitori, la storia d’amore con Lisa) e ciò che vuole davvero, dare spazio a quella cosa che è dentro di lui e preme per uscire e renderlo libero, in questo caso rappresentata da Freddy, personaggio che già di suo ha parecchi tratti di ambiguità sessuale, anche se forse il buon Wes Craven non sarebbe poi tanto d’accordo su questo punto specifico.
Logico che la comunità queer sia arrivata a rivendicare il film e a farlo proprio nel corso degli anni, in un processo che prescinde e procede oltre gli effettivi meriti di Nighmare 2, un B movie che non funziona come seguito, ma funziona come fotografia di un momento storico o come opera specchio di un’intera generazione di gay, soprattutto uomini gay, che in un film così non poteva che ritrovare le proprie paure. Questo a seconda dell’interpretazione che preferite dargli, se reazionaria o progressista. Fate voi.
Resta un caso unico non solo all’interno della saga, ma anche all’interno del cinema horror degli anni ’80, e non c’è mese migliore di giugno per rivederlo.












Adoro il tuo modo di scrivere. Dovresti lavorare per una testata del settore.
E sono felice di sapere che anche tu sei parte della comunità queer, come me. Inoltre, questo film all’epoca ovviamente non avrei potuto vederlo perché avevo solo 14 anni, ma soprattutto perché aborrivo visceralmente l’horror. È da una quindicina di anni che invece lo amo. E cercherò di recuperare questo film per vederlo la prima volta ma con la tua chiave di lettura, considerando che ho vissuto di riflesso tutto il periodo di esplosione dell’AIDS, nuova punizione divina.
Infine mi spiace moltissimo leggere che hai problemi di salute. Anche in questo siamo sulla stessa barca. Grazie perciò di cuore per l’impegno che infondi in questo blog.
Grazie, davvero. Purtroppo è un periodaccio, speriamo che passi, e speriamo che passi anche a te in fretta.
Nightmare 2 ha una storia interessantissima. E ti consiglio di vedere il documentario su Mark Patton, perché è uno dei migliori documentari sul cinema e sulla comunità queer che io abbia mai visto.
Grazie ancora, di cuore-
Credo di avere un ricordo davvero sbiadito di questo film,lo vidi una volta sola parecchio tempo fà,e probabilmente a quei tempi ero troppo giovane per prestare attenzione a questi elementi,tanto che nemmeno ero a conoscenza delle vicende dell’attore(o ex attore,non lo so!)Mark Patton,o del rapporto della comunità Queer con il suddetto film.Per quello che possa valere da uno sconosciuto alla tastiera quale sono io,ti auguro il meglio per la tua salute,sperando che non avvenga l’emorragia shiningiana predetta dall’umorismo nero di Zia Tibia.CIAO!!!.
L’AIDS, negli anni Ottanta conosciuto anche come “4H desease” e le cui H stavano per Haitians, hemophiliacs, heroin users e, naturalmente, homo- sexuals. Già solo questo sufficiente, per chi non l’abbia vissuto sulla propria pelle o sia appena un ragazzo oggi, quale fosse l’ignoranza che si aveva allora su questa malattia infettiva, ma anche i pregiudizi e lo stigma che pagarono comunità e popoli.
Ti faccio tanti auguri perché ti possa rimette il prima possibile e al meglio.
“Sono ancora convinta, dopo aver rivisto Nightmare 2 per l’ennesima volta, che non sia un sequel particolarmente riuscito”
Understatement of the century.
Bellissimo post, Lucia
Grazie!
Lo ammetto: avevo notato quel sottotesto, ma solo con il tuo editoriale scopro come fosse così palese (e usato in quella maniera)
Rimettiti presto Lucia.
Ricordo che un mio parere a riguardo te l’avevo già dato qui, infatti… 😉
P.S. Cerca di riprenderti al meglio, che adesso è la tua salute a dover avere per forza la rivincita ❤✌
E vediamo se riesco a fare un’estate tranquilla. Grazie!
Visto un sacco di tempo fa, lo ricordavo semplicemente tremendo. Dopo aver letto i tuoi (bellissimi) articoli sia sul film sia sul documentario mi piacerebbe recuperarlo guardandolo con occhi differenti. Riguardati mi raccomando
più che altro è triste che l’unica volta che il corpo maschile viene oggettivato e mostrato è in un film oggettivamente poco riuscito sotto molti aspetti
Bisogna che lo riveda al più presto..un film che andrebbe veramente rivalutato..un forte abbraccio e riprenditi presto 😍🏳️🌈💪