di Claudio Vergnani
Cambiamo, una volta tanto, territorio e occupiamoci di un romanzo, di cui parlo anche con colpevole ritardo. Ma ho una scusa valida: non mi andava di affrontare l’argomento nel deserto di agosto, dato che I Vivi i Morti e gli Altri si merita una visibilità maggiore.
Non è la prima volta che Vergnani prende un’icona del genere horror e cerca di rivisitarla in maniera personale, senza però modificare di una virgola la sua natura mostruosa e, anzi, se possibile anche amplificandola. Era successo con i vampiri nella precedente trilogia e adesso si passa a una figura che negli ultimi anni è stata forse ancora più sputtanata e banalizzata, gli zombi.
Lo abbiamo ripetuto tante di quelle volte che sono quasi stanca di sentirmelo dire: è molto complicato, oggi, parlare di apocalisse zombi senza risultare stucchevoli. E ciò che sbalordisce nel romanzo di Vergnani è proprio la capacità di tornare su una situazione classica (vista più volte al cinema che su carta) e tirare fuori qualcosa di fresco e originale, una storia che miscela orrore, disgusto, ironia e anche commozione.
Protagonista de I Vivi i Morti e gli Altri è Oprandi, un ex militare alcolizzato il cui mestiere, per sbarcare il lunario, è quello di dare la morte definitiva ai ritornanti. Il mondo descritto da Vergnani, nella pagine iniziali del romanzo, ancora non è del tutto invaso dagli zombi. Siamo appena all’inizio di un’apocalisse che arriva gradualmente, quando le misure di sicurezza dell’umanità crollano una a una e le strade vengono conquistate da orde di cadaveri antropofagi.
Unica zona ancora libera è la Svizzera e a Oprandi viene offerto un posto in quell’ipotetico paradiso. In cambio dovrà riportare alla ricca signora Ursini il cadavere del padre, per farlo morire definitivamente e poi seppellirlo con funzione religiosa. Il non morto si trova nella cappella di famiglia. In un territorio infestato dagli zombi.
Se qualcuno di voi ha già letto Vergnani, sa più o meno cosa aspettarsi: personaggi al limite della disperazione, che più nulla hanno da perdere, e vanno avanti più per un istintivo codice etico che per qualche forma di eroismo.
Ma, nonostante la loro disillusione e i loro fallimenti, sono sempre in grado, dopo diversi errori, di comportarsi in modo corretto. E se non corretto, almeno umano.
Anche Oprandi è così. Forse ancora più vicino al baratro rispetto ai protagonisti della trilogia dei vampiri. Il romanzo di Vergnani è infatti ancora più cupo e tetro dei precedenti. E qui il dramma è meno stemperato dall’umorismo, più profondo, anche più sentito, forse.
Perché ne I Vivi i Morti e gli Altri, ci si aggrappa di continuo a speranze che vengono poi immancabilmente frustrate, i personaggi di contorno muoiono con una facilità impressionante, anche e soprattutto quelli su cui il lettore è spinto a compiere un investimento emotivo. Il risultato è che in questo romanzo non ci si sente mai al sicuro.
Non è la prima e non sarà l’ultima volta in cui l’apocalisse zombie viene utilizzata come scusa per parlare di noi. Solo che in questo caso, lo zombie in sé non è, alla maniera di Romero, una metafora dell’umanità. O lo è solo in parte e a una lettura più superficiale. Le riflessioni che un romanzo come I Vivi i Morti e gli Altri scatena hanno una portata più ampia.
Questo non significa che Vergnani inserisca un pistolotto morale ogni tre pagine, o abbia la tendenza a salire in cattedra. Anzi, la narrazione è fluida e incalzante. I momenti di pausa sono rari, le sequenze d’azione numerose e tutte violente e tese. Una per tutte, la fuga di Oprandi dalla sua città, nel momento in cui l’apocalisse si scatena sul serio e i vivi sono, naturalmente, impreparati ad affrontarla. Oppure il lungo (ed estenuante, per personaggi e lettore) inseguimento dei cani zombi.
I Vivi i Morti e gli Altri è un libro dell’orrore, vorrei che questo fosse chiaro. Romanzo di genere, che non si vergogna di usare sangue e frattaglie, ma che non rinuncia neanche a prenderci alle spalle e a spaventarci in maniera più sottile, a dirci cose che non vogliamo sentirci dire. E non è forse questo il compito vero di ogni storia dell’orrore che si rispetti?
La domanda che si pone Vergnani tramite Oprandi e gli altri protagonisti della storia è molto semplice, ma è anche un tarlo che a fine lettura non ti abbandona: c’è poi una grossa differenza tra il mondo postapocalittico infestato dai morti viventi e quello in cui trasciniamo la nostra esistenza quotidiana?
Zombi a parte, la risposta è no. Le differenze sono minime. Certo, salta qualche freno inibitorio e la mancanza di autorità costituita e del suo potere coercitivo permette dei comportamenti che in un contesto normale sarebbero considerati deviati. Ma la sostanza, l’ossatura della società, rimane identica.
E quindi la nostra piccola apocalisse la stiamo già vivendo. La presenza di mostri dediti al cannibalismo è solo un fastidio in più per un uomo come Oprandi, abituato a vivere da sempre ai margini.
E allora, non siamo nemmeno nella facile formuletta tipica di prodotti come The Walking Dead: combatti i morti, temi i vivi. Perché qui, la vera minaccia sono, appunto, gli Altri, quelli che hanno eletto il mondo a loro territorio di caccia ben prima che i cadaveri tornassero a camminare tra noi.
Con queste premesse, pur avendo come unica speranza un posto nella terra che sembra immune al contagio, la Svizzera, non è poi così sicuro che ricostruire sia la scelta migliore.
Avendo costruito uno scenario credibile e coerente, avendo dato agli zombi non solo una precisa identità e uno spessore, ma anche un’evoluzione che li riporta alle origini del loro mito (il voodoo), Vergnani ci accompagna verso un finale amaro, ma non disperato.
Ed è forse questa la cosa che ho più apprezzato nel romanzo: il non cedere mai a un facile nichilismo, il lasciare sempre e comunque un barlume di umanità.
Un libro che parla di zombi, di apocalisse, un romanzo di orrore puro e soprannaturale che non si vergogna di mostrare un profondissimo e sincero senso morale. E se ci pensate bene, oggi, morale non è poi questa brutta parola.
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Segnalo anche la recensione di Plutonia Experiment e di Prima di Svanire.
eh, l’ho visto un paio di settimane fa in libreria e mi ispirava 😀 Grazie per le sempre ottime recensioni!
Ma figurati e grazie a te.
Davvero, prendilo, è un bellissimo horror
Un’ottima recensione per quel che considero una delle migliori uscite horror del 2013. Vi ho trovato una profondità di concetti, saldamente intessuta in una trama comunque avvincente e ricca di emozioni. Credo che ci sia più riflessione sull’oggi in questo libro che in decine di saggi blasonati.
Perfettamente d’accordo. Un horror che non ha paura di trasmettere anche dei concetti e che non la butta in farsa o parodia.
Difficilissimo trovare cose del genere in giro.
Riagganciandomi a una conversazione sostenuta con Davide Mana, su Karavansara, sulla differenza tra scrittore e autore, in Claudio vedo la dimensione intima e personale dell’autore, cioè di chi scrive e narra in una dimensione assolutamente personale, dove la persona e la narrazione sono un tutt’uno.
Un grandissimo grazie a Lucia ( + abbraccio) e anche a chi ha commentato. Cosa posso dire che non sia già detto o di troppo? Ho amato gli zombie cinematografici e visto che ne avevo l’opportunità ho provato – dopo anni – a “rielaborare” il tema , pur sapendo che sarebbe stato molto meglio NON farlo, perchè in quel periodo di zombie non se ne poteva più. Ma avevo in mente un personaggio e due o tre temi che mi sembravano onesti, e quando ho terminato di scrivere ho lasciato la storia con una strana sensazione sui personaggi chiave e anche su me stesso. Forse, se certi brani hanno funzionato, è solo perchè in quel momento, mentre scrivevo, mi ponevo davvero delle domande, e le risposte molto spesso non mi piacevano.
Grazie ancora a tutti.
Come ho sempre sostenuto un romanzo è solo la prima metà del lavoro, l’altra metà la portano a compimento i lettori, sia quelli attenti e competenti che quelli alle prime armi.
Ps: per i masochisti e gli appassionati di immagini grottesche, prossimamente su FB un breve video di Lillo e Oprandi che si allenano … 🙂
Io ho apprezzato molto la rielaborazione, ma comunque senza pervertire l’identità mostruosa dello zombie.
E soprattutto, mi ha fatto piacere tornare a leggere di zombie in maniera riflessiva.
è stata davvero una sospresa
e quindi sono io che ringrazio te 😉
🙂
Complimenti per la recensione, molto bella! Ho letto tutti i libri di Claudio, e questo mi manca (ma è in fase di recupero), e devo dire che è veramente un gran bell’ autore.
Sì, gran bell’autore italiano.
Grazie per i complimenti!
Lo vedi come continui a saper scrivere bene anche le recensioni dei libri (compreso quest’ultimo di Vergnani, che da quello che leggo mi sembra proprio tratti il tema in maniera davvero intrigante)? 😉
Mi pare scriva bene un po’ tutto.
Concordo!
Giuseppe, se sei un appassionato di zombie come me (e so che lo sei 😉 ) compralo subito. sarà una lettura entusiasmante
bella recensione,è da un po’ che seguo il blog,ma è la prima volta che scrivo
mi hai convinto a provare a leggere questo libro,non conosco l’autore e mi ha anche incuriosito la scritta in copertina “Bukowski dell’horror”,essendo un grande estimatore del grande Buck l’acquisto diventa obbligatorio.
Grazie, sia per il commento che per l’interessamento al romanzo di Vergnani 😉
Comprato letto e finito in un giorno….
Grazie alla tua recensione per avermi fatto scoprire questo autore,italiano oltretutto,davvero un libro sugli zombi a dir poco originale,riesce ad essere ironico,ma nello stesso tempo mantiene la tensione,mi tocchera’ recuperare altri titoli di Vergnani mi sa…
ma figurati! anzi, è un piacere diffondere i bravi autori
Grazie a Cristian (in un giorno? E’ un enorme complimento per me, che solo due libri lessi in un solo giorno, in vita mia) e di nuovo alla bravissima Lucia.