Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 26: Black Phone 2

Regia – Scott Derrickson (2025)

Capita alla bisogna questa giornata nella challenge, perché è dedicata alle persone scomparse e mi ha preso in pieno l’uscita in sala del nuovo film di Derrickson, il sequel di Black Phone, che proprio sui bambini scomparsi perché portati via dal Grabber si basa.
Ora, The Black Phone non è che lasciasse poi tutti questi portoni spalancati per un secondo capitolo: l’assassino interpretato da Ethan Hawke moriva ammazzato dal giovane Finn (Mason Thames) e non era un personaggio con delle caratteristiche soprannaturali. Solo che quando incassi centosessanta milioni di dollari a fronte di un budget di diciotto, e ti chiami Jason Blum, difficilmente perdi l’occasione di ripetere il miracolo.
Niente di più facile: basta riservare al Grabber il trattamento Fred Krueger, anzi, tecnicamente è il trattamento Jason, che consiste nel tramutare un antagonista umano in un essere che di umano non ha niente. Da un punto di vista concettuale, invece, Black Phone 2 è un remake di Nightmare, e ce lo dobbiamo pure tenere stretto, perché non credo ne avremo mai un altro.

Prima di arrivare a Black Phone 2, tuttavia, tocca ricordare l’esistenza di Dreamkill, l’episodio diretto da Derrickson in V/H/S 85, in cui il protagonista Gunther possiede delle abilità molto simili a quelle di Gwen, la sorella minore di Finn in Black Phone. I tre personaggi hanno anche dei legami di parentela: sono cugini. Non sto a raccontarvi la trama di Dreamkill perché c’è un articolo dedicato al film, un episodio di Nuovi Incubi in cui ne parliamo in maniera molto approfondita e, se non vi va di perdere troppo tempo, c’è sempre Wikipedia. Mi limiterò a sottolineare l’importanza, all’interno del segmento, del sogno come forza motrice dell’intera vicenda, e a constatare che il linguaggio usato da Derrickson per mettere in scena il mondo onirico è lo stesso che potete ammirare oggi in Black Phone 2, migliorato e reso più intellegibile e meno confusionario, anche grazie al minutaggio ampio a disposizione: Black Phone 2 dura quasi due ore, Dreamkill non penso superasse la ventina di minuti.
Bisogna poi tornare alle origini della collaborazione tra Derrickson e la Blumhouse, perché tutto comincia con i super 8 di Sinister: è da lì che il regista ha cominciato a sperimentare con la pellicola invecchiata, e la sua bassa definizione, che diventa un veicolo per l’orrore e la violenza più abietti. Cosa che si ripete para para anche in Black Phone 2.
Tutto questo per dire che Derrickson è un regista coerente e sempre riconoscibile, con una sua grammatica specifica e in corso di sviluppo. 

È tradizione consolidata, per ogni sequel dotato di continuity, e non per quelli tirati su un po’ a cazzo come Nightmare 2, di mostrarci i protagonisti del film precedente alle prese con l’elaborazione del trauma, o con la mancanza di essa. Persino Venerdì 13 Parte Seconda ci fa vedere, nella sequenza iniziale, Alice che vive da reclusa dopo i fattacci di Crystal Lake, prima di ammazzarcela senza tante cerimonie, ma questa è un’altra storia. 
Black Phone 2 non fa eccezione: quattro anni dopo gli eventi del primo film, e quindi nel 1982, ritroviamo il sopravvissuto Finn e sua sorella Gwen (Madeleine McGraw) entrambi impegnati a venire a patti con gli strascichi del loro incontro con il Grabber. Se Gwen sembra passarsela un po’ meglio, Finn è un rottame; il suo stato psicologico è altamente comprensibile: dopotutto quello rapito e tenuto chiuso in una cantina è stato lui, e anche se vorrebbe fare finta di niente e vivere come se quelle cose non fossero mai accadute, non riesce a liberarsi dalla presenza ossessiva dell’assassino nella sua mente. 
Tuttavia, è Gwen a ricevere in sogno i primi indizi relativi a una sopravvivenza del Grabber su un altro piano di realtà, indizi che la portano, insieme al fratello, in un campeggio cristiano in mezzo alle montagne innevate, dove negli anni ’50 sono scomparsi tre bambini, forse le prime vittime del Grabber.

Insomma, il mostro interpretato da Ethan Hawke non è poi così morto come sembra. La sua essenza si è andata ad annidare nel luogo in cui ha cominciato la carriera da assassino di bambini, ed è seriamente intenzionato a vendicarsi di ciò che gli ha fatto Finn facendolo soffrire il più possibile, quindi torturando e uccidendo la sua sorellina.
Finn, in questo seguito, ha sì un ruolo importante, soprattutto nella seconda parte, ma se ne sta comunque un po’ defilato, a leccarsi le ferite, mentre lo scettro di protagonista passa saldo nella mani di Gwen: è lei ad affrontare il Grabber, a portarne alla luce il passato, a investigare sui bambini scomparsi. Tutto ciò, tuttavia, non avviene quasi mai quando è sveglia; si svolge interamente sul piano onirico. 
Non è affatto una rottura con il film del 2021, perché Gwen ha sempre scoperto le cose attraverso i sogni premonitori. La differenza sostanziale qui sta nel fatto che il Grabber è entrato nella sua Freddy Krueger era ed è in grado di fare del male a Gwen mentre dorme, di entrare nei suoi sogni, proprio come faceva la creatura inventata da Craven, e fare in modo che le azioni lì compiute abbiano degli effetti sulla realtà. 

Black Phone 2 prende svariati spunti non soltanto da Nightmare on Elm Street 1984, ma anche da I Guerrieri del Sogno. Non si tratta di far uscire il mostro dai sogni e sconfiggerlo dove non possiede gli stessi poteri; bisogna, al contrario, combatterlo nel suo stesso reame, imparare quindi a prendere il controllo dei sogni per portarli nella direzione desiderata. 
Il film, in un paio di occasioni, e in particolare in un finale molto confusionario, si rifiuta di rispettare quelle stesse regole che ha stabilito pochi minuti prima, ma funziona lo stesso per due fattori fondamentali: il primo è la forza della scrittura dei due giovani fratelli, della loro relazione, del modo in cui si parlano, si confrontano con i propri sentimenti e le proprie paure, di come riescono a sostenersi a vicenda. Si vuole molto bene a Gwen e Finn, anche a questa loro versione cresciuta e un po’ indurita. Meno ai comprimari che stanno lì giusto per fare numero e sono meramente strumentali all’avanzamento del racconto. Anche questo, è di scarsa importanza: ci interessa di Gwen e Finn, sono il cuore del film e ogni sequenza con loro riesce a essere tenera, dolorosa e divertente. 

Il secondo fattore è rappresentato dalla transizione del Grabber da “semplice” assassino di bambini a uomo nero che vive nei sogni e ti aggredisce quando sei più indifeso e vulnerabile. Ethan Hawke ha una presenza scenica enorme e minacciosa, la sua maschera sarà sempre efficace, anche tra vent’anni, e sarà sempre in grado di mettere addosso il terrore di Dio agli spettatori.
Più di tutto, però, questa transizione diventa vincente per il linguaggio adottato da Derrickson: i sogni, raccontati come dei vecchi filmati in super 8, con le loro immagini sporche, le giunte che saltano, i colori più caldi, ma impastati e sbiaditi, ti trasportano subito in una dimensione diversa. Da un lato, servono per facilitare la fruizione: si capisce sempre quando Gwen sta dormendo e quando è sveglia; dall’altro, danno al film un tono fiabesco e antico. Non c’è dunque bisogno di inventarsi chissà cosa per definire un immaginario da incubo. Proprio come faceva Craven, il paesaggio del sogno è il nostro, con qualche distorsione, più intenso e, allo stesso tempo, più distante. Una soluzione magari didascalica, ma esteticamente molto appagante.
Il film sa anche essere molto spaventoso, quando vuole, e violentissimo, in particolare quando si tratta di infierire sui corpi delle giovani vittime del Grabber e mostrare a tutto campo ferite, lacerazioni, volti sfigurati, arti perduti. Non è una visione che consiglierei a chi è molto impressionabile. In confronto The Black Phone ci andava giù leggero.
È superiore al primo film? No, anzi, è nettamente inferiore, perché è troppo lungo, ha una parte centrale pesante come un macigno e il difetto, già enunciato, di non saper rispettare i parametri e i limiti che si è dato da solo. Vale comunque la pena di essere visto in sala, e io continuo a pensare che Derrickson sia uno dei più bravi in circolazione. 
Sì, la citazione da Curtains l’ho riconosciuta e apprezzata. Grazie, Scott. 

5 commenti

  1. Avatar di Fabio

    Buona domenica Lucia,per la challenge di ieri su pupazzi e bambole malefiche,mi sono rivolto alla cara vecchia Trimark,con il “Pinocchio’s Revenge” di Kevin Tenney,un piccolo film poco considerato,di qui io ne subisco il fascino,bello!.

  2. Avatar di Fabio

    Per quanto riguarda la challenge di oggi sulle persone scomparse,mi sono rivolto a Daniel Myrick,con il suo “Solstice”.

  3. Avatar di Frank La Strega

    Sono in arretratissimo, ma non sono… ehm… scomparso🙂

    23: “Invoking Yell” (metallari: adoro il black metal!)

    24: “Cursed” (remake, resto su Craven! Ma come si fa a rifare Craven?)

    25: “Small Soldiers” (bambole e pupazzi: non so se ci sta… ma solo citare questa meraviglia… ci sta!😁)

    26: “Knives and skin”

    😘

  4. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · · Rispondi

    Volendo proprio dare un seguito a Black Phone, la piega onirico/soprannaturale era difficilmente evitabile, e infatti… ma va bene, Derrickson la pagnotta la porta a casa pure questa volta, anche se non siamo all’altezza del primo.

    Scelta per oggi: Horror in the Forest

  5. Avatar di Mauro

    Come ho scritto in un altro sito, qualcuno mi spiega perché la maschera del tipo cambia aspetto? E’ ridicolo: sembra Scary movie. Sto film è ben costruito ma lascia perplessi: i soliti adolescenti, i soliti dialoghi, i soliti fantasmi… anche se meglio della media.

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