The Conjuring: Il Rito Finale

Regia – Michael Chaves (2025)

La saga dei Warren ha un effetto strano su di me: in linea del tutto teorica non dovrebbe piacermi, perché si tratta di horror molto tradizionalisti, che propugnano i valori più conservatori possibili. Poi però c’è il lato pratico, rappresentato da Ed e Lorraine, o meglio, dalle loro controparti cinematografiche, incarnate da Vera Farmiga e Patrick Wilson, e lì non c’è niente da fare: il mio cuore appartiene a loro dal 2013 e credo che di rado si sia vista al cinema una storia d’amore più bella. Benedetto sia quindi James Wan che si è inventato questa coppia cinematografica, e benedetti siano i due attori, che hanno una chimica incredibile, così forte da farti dimenticare di star guardando christian horror della peggior specie.
Che poi, a me piace il christian horror, mi piace il suo immaginario di un barocco un po’ kitsch, da festa patronale, con tutte quelle croci, quei rosari, le madonne piangenti e gli esorcismi in latino; trovo confortante e rassicurante che si sappia sempre esattamente dove risieda il bene e dove risieda il male e che basti sventolare un bibbia per uscire dalle tenebre.
Se esiste una serie di film cui si adatta perfettamente la definizione di confort movie, quella la saga dei Warren.

Ciò detto, non sono soltanto confort movie, anche se gran parte del loro successo è in questo che risiede: la saga di The Conjuring, insieme a quella di Insidious, ha definito il linguaggio dell’horror soprannaturale contemporaneo, e non è un caso che dietro a entrambi i franchise ci sia la stessa persona, ovvero James Wan, uno dei registi e produttori più rappresentativi del cinema dell’orrore del XXI secolo.
Va fatta una distinzione, tuttavia, tra il neoclassicismo dei film diretti da Wan (The Conjuring e The Conjuring 2) e il manierismo un po’ lezioso degli spin off e degli altri due capitoli della saga madre con altri registi al timone.
A partire da The Nun 2, ed escludendo La Llorona che è stato fatto fuori dal canone, le chiavi del baraccone satanico sono state consegnate nelle mani di Chaves, che ha mollato gli ormeggi e ha traghettato la saga nel pacchiano più spinto. Tutto quell’immaginario sopra menzionato, ma col volume alzato a mille, e quasi nessuna delle raffinatezze tipiche di Wan. A mio parere, una scelta più valida rispetto all’anonimato di un film come Annabelle, ma comunque meno efficace rispetto ai funambolismi di Wan, che era in grado di terrorizzarti semplicemente mostrandoti un ragazzino che beve un bicchiere d’acqua in cucina.

Se The Nun 2 resta lo spin off migliore, perché azzecca in pieno ritmo e atmosfera, The Conjuring 4 ha gli stessi pregi e difetti del terzo capitolo: gli spaventi tendono a essere un po’ meccanici, non si avverte lo stesso calore nelle vicende della famiglia di turno che chiede soccorso ai Warren, c’è meno morbidezza nella messa in scena e il crinale tra orrore e senso del ridicolo a volte viene superato. In compenso, Chaves è bravissimo a dare al pubblico ciò che desidera, ovvero primi piani sui volti estatici di Wilson e Farmiga che si guardano, e tu ci credi sempre che quei due si sono amati sin dal loro primo incontro, e che combattono demoni in nome di questo amore, che la loro unione li spinge ad aiutare il prossimo in maniera del tutto disinteressata e che quei due freak, se non si fossero incontrati, sarebbero diventati dei reietti. È un qualcosa di talmente universale che chiunque ci si può identificare e desiderare ciò che i Warren hanno, che rappresentano l’uno per l’altra. 
Wan integrava meglio la linea narrativa sentimentale in quella demoniaca, Chaves separa troppo le due cose, tanto che The Conjuring 4 sembra due film in uno e risulta un po’ sbilanciato. 

Questa volta, i Warren, in seguito all’infarto di Ed nel film precedente, hanno deciso di ritirarsi, con Ed in piena crisi di mezza età e Lorraine alle prese con la gestione delle facoltà paranormali della figlia Judy, che tra l’altro ha portato a casa il suo nuovo fidanzato Tony. Alternata alle vicende familiari dei Warren, assistiamo alla storia di un’altra famiglia, gli Smurl, che si ritrovano con uno strano specchio dentro casa e con ancora più strani fenomeni a esso legato.
Nonostante i buoni propositi, i Warren dovranno tornare al lavoro per indagare sulla presenza demoniaca che alberga nello specchio, e scopriranno che, questa volta, la soluzione si trova nel loro passato. Insomma, this time is personal.
Non poteva essere altrimenti, dato che si tratta del capitolo conclusivo, quello che ci serve a salutare i due personaggi e a tirare le fila dell’intera saga. Aspettatevi quindi un sacco di vecchie conoscenze pronte a fare capolino qua e là nel corso del film, un finalone che punta dritto a smuovere ogni buon sentimento rimastovi e una battaglia all’ultima goccia di acquasanta più agguerrita che mai, che si sa, se a Lorraine le tocchi la prole, diventa una belva.

Il film ha uno sviluppo molto più classico rispetto al terzo, che sconfinava a più riprese nel thriller investigativo e nel procedural puro; è anche meno matto nella soluzione, e quindi gli manca l’idea della cattiva strega dai tratti vagamente queer che sviluppa un rapporto quasi di reciproca attrazione con Lorraine. Qui torniamo alla haunted house dei primi due film, al nucleo familiare numeroso minacciato dalle forze del male e, di conseguenza, a tutti i trucchetti da attrazione di Halloween, tra scricchiolii, apparizioni improvvise, bambole possedute, e figure che si materializzano negli angoli bui delle cantine e dietro le porte socchiuse. Ci sono delle idee visive che vanno a comporre i vari spaventacchi davvero niente male, in particolare una legata al filo di un telefono, e un’altra che è la versione jump scare della paralisi del sonno e, devo ammetterlo, in sala mi ha fatto fare un salto fino al soffitto.
Al di là delle bizzarrie assenti, mi è parso che fosse più compatto rispetto al suo immediato predecessore, più vicino al cinema di Wan e anche più sotto controllo per quanto riguarda la messa in scena.

Se ci sono dei problemi, questi vanno ricercati tutti nella gestione del ritmo e nel modo in cui i due tronconi narrativi principali si amalgamano tra loro. Il film è molto lungo e, nonostante questo, l’infestazione chiude troppo in fretta, come se un bel pezzo delle scene dedicate a essa fossero rimaste sul pavimento della moviola. La mia impressione, ma posso sbagliare, è che da qualche parte ci sia una prima versione di quasi tre ore, con uno spazio più ampio dedicato ai demoni che perseguitano gli Smurl, e che Chaves e Wan abbiano scelto di ridurre questo spazio all’osso, per dare invece molto più risalto alla coppia e al loro dramma personale che, di fatto, occupa tutta la prima parte del film.
È, anche questa, una struttura tipica dei The Conjuring: la famiglia affronta prima in solitudine la minaccia soprannaturale, poi arrivano i Warren, si installano a casa e risolvono la situazione. Solo che nei due capitoli diretti da Wan tutto questo accadeva molto prima, e si aveva il tempo di assistere allo sviluppo della relazione tra Ed e Lorraine e i loro (chiamiamoli così) clienti. Qui le due componenti sono quasi sempre separate, e non c’è mai un momento in cui scatti quella scintilla, quel calore che ti rendeva partecipe dei guai dei Perron o degli Hodgson.
Ma alla fine, anche le mie considerazioni lasciano il tempo che trovano: stiamo dicendo addio ai Warren, e l’ultimo saluto confezionato da Chaves è dolce e commovente quanto basta per uscire dalla sala felici e con gli occhi lucidi.
Non so se alla Warner e alla New Line hanno in mente altri spin off, se vogliono riesumare il personaggio di suor Irene da The Nun e darle una carriera da esorcista itinerante nell’Europa anni ’50. Se sì, io sono a bordo, ci mancherebbe. Ma i Warren non li vedremo più, non in questa versione, almeno.
Si è chiusa un’epoca, signori. Sono un po’ malinconica, stamattina.

5 commenti

  1. Avatar di Christian Princeps
    Christian Princeps · · Rispondi

    I primi due film della serie “The Conjuring” sono eccellenti ( a me piace soprattutto il secondo” il caso Enfield”).Il terzo scende parecchio di livello, il quarto non l’ho ancora visto,ma temo il peggio. Il sottofilone su “Annabelle” l’ho trovato deludente ; però “The Nun” ha il fascino di certi film a tema diabolico italo-spagnoli anni ’70(non fosse per una produzione e una regia sicuramente più curate…). È una saga che ,nell’insieme, mi piace perché recupera quel gusto della catarsi con la vittoria del Bene e la sconfitta del Male,abbandonato dal cinema horror americano(a parte rare eccezioni, ad esempio Freddy Kruger verrà distrutto nel sesto capitolo)dagli anni ’80 in poi,vuoi per nichilismo o per vocazione alla serialità (dove il mostro deve,appunto,essere invincibile…)….

  2. Avatar di Giuseppe

    Come già sai non sono esattamente un fan del. Conjuringverse, ma la bravura della coppia di interpreti Wilson/Farmiga è innegabile e James Wan, nei primi due capitoli, ha saputo come condurre il gioco (il terzo, mani diverse per un risultato diverso e non entusiasmante). Nonostante i difetti di questo quarto capitolo, credo che il commiato di Ed e Lorraine possa comunque valerla una visione anche per il sottoscritto… 😉

  3. Avatar di Tukulka

    Visto ieri ed effettivamente hai ragione: sembrano due film messi insieme all’ultimo minuto. Poco spazione alla infestazione e (troppo) spazio alla famiglia, soprattutto alla figlia e fidanzato (faranno continuare la saga con loro in stile “Supernatural”??).
    Merita sicuramente la visione sul grande schermo immersi nel buio della sala 😀

  4. Avatar di Fede

    In effetti gli attori scelti per interpretare i coniugi Warren sono azzeccati, quindi in qualche modo ti ci “affezioni”, i primi film erano anche ben scritti e ben realizzati. Poi purtroppo come spesso accade andando avanti film dopo film, spin off dopo spin off, le idee, pur sempre prese (diciamo anche se in maniera sempre più libera) da fatti presuntamente realmente accaduti hanno raggiunto un livello abbastanza mediocre… In questo caso capisco che il senso, voluto dagli sceneggiatori, di chiusura del cerchio possa funzionare emotivamente, ma la storia trattata è quantomeno controversa, a mio avviso si doveva e si poteva dare un taglio molto più credibile al film nel senso di trattare la materia con intelligenza e un pò di sano distacco, mentre sembra che tutto quello che ci viene raccontato debba corrispondere a realtà: così ovviamente non è, anche riguardo i Warren se a qualcuno interessa leggere la loro vera storia come ho fatto io. Forse anche per la loro memoria sarebbe stato meglio… Mi sono voluto soffermare su questo aspetto, poi analizzando il film si possono aggiungere varie cose alcune delle quali dette nella recensione.

    1. Avatar di Lucia

      Io ho fatto pace da un sacco di anni con il fatto che i Warren cinematografici non siano quelli veri. E devo dire che la cosa mi fa anche piacere, perché quelli veri non erano poi così simpatici.

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