So Cosa Hai Fatto

Regia – Jennifer Kaytin Robinson (2025)

Lo dico subito, a scanso di equivoci perché leggo in giro reazioni molto colorite: ho adorato ogni fotogramma di questo film e credo che me lo rivedrò circa un paio di volte l’anno, quando mi capiterà di sentirmi triste e di aver bisogno di una coccola cinematografica. Perché il nuovo So Cosa Hai Fatto è esattamente questo: una coccola, una carezza che ti fa tornare il sorriso, anche se non c’è proprio niente da ridere. Ma gli slasher stanno qui apposta.
E sì, come ebbi a dire qualche annetto fa, siamo nel pieno del rinascimento slasher, il filone che non solo non muore mai, ma resta sempre identico a se stesso: bastano infatti un paio di aggiustamenti e una ripassata veloce al trucco per tornare a essere attuale.
È evidente che So Cosa Hai Fatto sia figlio dei legacy sequel di Scream: senza, non esisterebbe, e in questo condivide il destino con il suo predecessore, scritto da Williamson prima della sceneggiatura di Scream, rifiutato in blocco dagli studios cui lo aveva proposto, e poi mandato in produzione in fretta e furia dopo il successo del film di Craven.
Per questo motivo, So Cosa Hai Fatto (1997) è stato giudicato dai più come una brutta imitazione di Scream, e statene certi, So Cosa Hai Fatto (2025) sarà giudicato dai più come una brutta imitazione dei requel di Scream.

La differenza sostanziale tra So Cosa Hai Fatto e Scream è che il secondo è un film stratificato e intelligente, il primo è un film scemo, girato benissimo, con un impegno straordinario profuso nella messa in scena, nell’uso delle luci, dei colori e nella costruzione dell’ambiente dove la storia si svolge, ma resta scemo.
Non uso il termine scemo con intento denigratorio: non c’è niente di male a essere un film scemo, e tuttavia va ammesso che So Cosa Hai Fatto (1997) non sa di essere scemo. Ci sono delle intuizioni alla Williamson, dei dialoghi alla Williamson, eppure, sarà per la relazione con il romanzo da cui è tratto, sarà per la rapidità disperata con cui il film è stato girato, montato e spedito nelle sale, è il classico film che ami e ti diverti a vedere solo sei cosciente che le risate non sono del tutto intenzionali, che l’effetto camp è un puro accidente, che stavano cercando di realizzare un film molto serio, un ibrido tra un mistery young adult (il libro) e un tipo di slasher la cui formula all’epoca non era ancora del tutto definita.
Se è diventato un cult (e anche qui, è tutto da stabilire), So Cosa Hai Fatto lo è diventato per ragioni quasi agli antipodi rispetto a quelle che hanno creato il fenomeno di culto intorno a Scream.
Un legacy sequel di So Cosa Hai Fatto, proprio in virtù di questi dettagli, può permettersi di prendersi delle libertà che i Radio Silence nel 2022 non avrebbe nemmeno potuto sognare. 
E se ne prende tante, tutte quelle che può, e anche un paio in più. 

Jennifer Kaytin Robinson, come prima cosa, si sbarazza dell’impianto mistery del primo film e realizza uno slasher puro, molto più violento, con un body count altissimo e sangue a profusione. Finalmente, vediamo quell’uncino fare il lavoro per cui esiste, e non c’è una vera e propria trama investigativa cui stare dietro; rimane in piedi, perché è tipica dello slasher di metà anni ’90, l’impalcatura del whodunit: sono tutti sospettati finché restano vivi e ci si diverte a tentare di individuare, tra il variegato gruppetto di ventenni protagonisti, chi potrebbe nascondersi dietro la cerata da pescatore. Ma non è affatto il perno del film, che risiede altrove, ovvero nei nuovi personaggi (e nella loro relazione con i vecchi), nel fitto dialogo che Robinson instaura con il pubblico di due fasce di età molto distanti tra loro, e di conseguenza nella gestione del fattore nostalgico che sta alla base di questo tipo di operazioni e, allo stesso tempo, viene da esse quasi sempre rigettato. Se, per esempio, Scream V quasi se ne vergogna, So Cosa Hai Fatto lo riconosce pienamente, gli fa giocare un ruolo anche in alcuni dei personaggi giovani, e poi lo riduce a brandelli con un colpo di coda finale. 
Ribadisco che può permettersi di farlo, perché alla fine non credo ci sia alcun fan duro e puro del film del ’97 che sta lì col fucile puntato, e anche chi lo apprezza molto, come la vostra affezionatissima, sa che si tratta di un film scemo, e non ha interesse a preservarne intatta la mitologia o l’eredità.

Come accadeva in I Still Know What You Did Last Summer (in Italia, Incubo Finale, perché siamo ragazzi speciali), So Cosa Hai Fatto 2025 abbraccia con entusiasmo il suo essere un film scemo, tanto più che Robinson viene dalla commedia, è chiaramente una fangirl delle teen comedy anni ’90, e la cosa si nota in tutti i dialoghi e in tutte le situazioni che vedono coinvolte l’ottimo giovane cast.
Ma, per grazia di Dio, siamo nel 2025, e quindi il film vuole bene ai suoi personaggi, anche a quelli che finiscono macellati. Non c’è quella indifferenza mista a disprezzo nei loro confronti che invece caratterizzava molti slasher a cavallo tra i due secoli, e si sarebbe poi tramutata in odio puro nei primi anni del nuovo millennio.
La sceneggiatura è molto attenta a mettere in scena dei rapporti d’amicizia e sentimentali con delle solide fondamenta. Il duo composto da Danica (Madelyn Cline) e Ava (Chase Sui Wonders), che sono un po’ le Helen e Julie del nuovo film, è credibilissimo e molto affiatato. Non si dubita un solo istante dell’affetto profondo che lega queste due ragazze, anche (anzi, soprattutto) dopo il fattaccio che funge da evento scatenante la mattanza.
Sono piccoli dettagli, ma molto significativi e riguardano l’intero lotto di protagonisti, con qualche sorpresa, tipo Stevie (la bravissima Sarah Pidgeon), sicuramente il personaggio migliore e più interessante del film, nonché l’unico davvero nuovo, perché priva (in parte, dai) di un suo omologo nel film precedente. 

I cosiddetti legacy characters, Julie (Jennifer Love Hewitt) e Ray (Freddy Prinze Jr.), hanno un minutaggio ridotto, com’è giusto che sia, ma sono entrambi risolutivi e ben integrati nel contesto del film; i loro archi narrativi sono coerenti con ciò che è capitato loro quasi trent’anni fa, funzionano bene insieme e separati e ho apprezzato molto la relazione che instaurano con i ragazzi. 
Ma forse la cosa migliore di questa versione 2025 di So Cosa Hai Fatto è il modo in cui Southport viene raccontata. Non è più la cittadina portuale di un tempo, non è più un villaggio di pescatori, è un’elegante e ricca località turistica dove il passato è stato cancellato per non spaventare i facoltosi avventori che lì si recano a spendere i propri soldi. 
Robinson ha modificato in profondità la geografia del luogo, con alcuni punti ancora riconoscibili, ma trasformati dal tempo e dal lavoro di laccatura compiuto dalle autorità cittadine. 
È una bella trovata, estetica e di racconto, per evidenziare il tempo che passa, non indulgere troppo sul viale delle rimembranze e, allo stesso tempo, quando si sceglie di farlo, rendere la cosa ancora più incisiva. 

Pur essendo scemo, So Cosa Hai Fatto non dimentica quello che era il tema centrale del romanzo di Lois Duncan, il trauma e il senso di colpa, e il modo in cui questi vengono elaborati in maniera diversa per ogni personaggio coinvolto.
La questione è qui affrontata con molte più sfumature rispetto al 1997, sempre perché siamo in un’epoca un po’ più illuminata, almeno da questo punto di vista, e si cerca di dare uno spazio maggiore alle variegate psicologie in campo.
È interessante come ogni ragazzo (e i due adulti) abbia il proprio modo di reagire alla tremenda consapevolezza di aver causato la morte di una persona, anche se questa volta l’unità del gruppo non esplode, ma si cementa addirittura.
Lo dico tutte le volte che parlo di uno slasher contemporaneo: non è un film per noi, So Cosa Hai Fatto; anche se resta un’ancora gettata nel passato grazie alla presenza di Julie e Ray, non siamo noi il pubblico di riferimento. Ciò non mi ha impedito di divertirmi, lanciare gridolini pieni di gioia, battere le mani e sghignazzare scompostamente in più scene. Ho voluto bene a questi ragazzi e ho voluto bene al film. Andate in sala. 
E restate fino alla fine dei titoli di coda. 

9 commenti

  1. Avatar di Austin Dove

    Forse lo vado a vedere questa settimana
    Mi avete convinto. Certo ho notato che sta piacendo più alle donne che ai maschi etero cis 😂

    1. Avatar di Lucia

      Avevi qualche dubbio in merito? 😀 😀

      1. Avatar di Austin Dove

        A casa non ho compagnia per vedere film horror. Devo andarci da solo e il cinema è lontano.
        Però mi intriga

      2. Avatar di Austin Dove

        alla fine l’ho visto e mi è piaciuto; un bel tre su cinque stelline

        certo, non ho apprezzato molto che faccia d’angelo sia stato il primo a morire.

  2. Avatar di cinefilopigro

    Non sono stato un fan dei vacchi film, ma li ho visti entrambi. Tra l’altro il primo di recente grazie a Netflix che l’ha tirato fuori da chissà quale scaffale e rimesso a lustro in homepage. In effetti il capostipite era veramente un film scemotto, concordo, ma quanto mi diverte. Dato che questo è addirittura più divertente, almeno mi pare di capire così dalla recensione, allora mi fiondo al cinema.

    1. Avatar di Lucia

      Questo è decisamente più divertente perché ci sono un sacco di morti ammazzati male in più!

  3. Avatar di johntrent70

    Urka! Ho adorato follemente “So cosa hai fatto” (un po’ meno il sequel), al punto che ho comprato subitoprima la vhs, poi il dvd e poi pure il blu-ray. Credevo che questo remake fosse una schifezza (sono molto prevenuto nei confronti di queste operazioni) ma il tuo entusiasmo mi ha contagiato. Andrò a vederlo senza esitazione. Grazie!

    1. Avatar di Lucia

      Se sei fan del primo, sono sicura che apprezzerai anche questo, perché è proprio fatto con un amore assoluto e incondizionato per il primo film, e anche per il secondo.

  4. Avatar di Frank La Strega

    Bello! L’ho guardato molto volentieri divertendomi alla grande! Sul target del film vale quello che ogni ogni tanto viene fuori con questo tipo di storie: non sono io anagraficamente ma “sono io” per altri aspetti.😅 Per me anche questo è un film “catartico” al di là degli “spaventi”.

    Questo modo di dettagliare, di mostrare, di suggerire… i personaggi, in modo più “caldo”, più “umano”, più “amicale” al di là delle loro differenze mi piace molto. Tanto che sarei molto curioso di vedere come questi personaggi elaborano nel tempo i loro di traumi. So che sono monotono😅, ma questo “calore” (o simile) io l’ho sentito in My Soul To Take, uno dei miei preferiti di Craven (che rivedo spesso come rivedo Scream).

    Grande!