Cinema degli Abissi: Last Breath

Regia – Alex Parkinson (2025)

Rispolveriamo, a grande richiesta (la mia), la vecchia rubrica dedicata al cinema acquatico, che langue perché di film abissali se ne fanno sempre troppo pochi. Dato che un paio di giorni fa è stata la festa del papà, ci aggiungiamo anche il fattore dad movie.
Al che vi chiederete cosa diavolo sia un dad movie, la risposta è, allo stesso tempo, semplice e complicatissima. Quella semplice è: si tratta di film che guarderebbe vostro padre. La faccenda si complica nel momento in cui dobbiamo andare a descrivere nel dettaglio le caratteristiche di un dad movie: il dad movie spesso travalica i generi e le epoche. Spesso sono film d’azione, ma non sempre, e se il canone “ufficiale” è quasi interamente formato da roba uscita tra la fine degli anni ’80 e la seconda metà degli anni ’90, se ne trovano serenamente anche prima o dopo.
Di solito, il dad movie racconta di personaggi molto competenti in un determinato settore (quasi sempre maschi, ma all’occorrenza è permessa anche qualche presenza femminile collaterale), che può essere lo spionaggio di alto livello, ma anche qualcosa di più triviale come la riparazione di tubature. È consigliato, ma non indispensabile che ci sia una figura paterna da qualche parte nel film. Può essere il protagonista o anche un personaggio di contorno facente funzione di mentore del protagonista. Il fattore più importante di tutti è che, qualunque cosa faccia e ovunque si trovi il nostro maschio competente, debba risolvere un grave problema grazie, appunto, alle sue particolari competenze. 

Il dad movie non è mai cinico e non prescinde dal lieto fine. Grandissimi registi si sono cimentati col dad movie, ancora prima che il termine cominciasse a essere utilizzato online: La Parola ai Giurati è un dad movie, quasi tutti i film tratti da Grisham o Clancy sono dad movie (Caccia a Ottobre Rosso è il dad movie per antonomasia). Gran parte dei film abissali appartiene alla schiera dei dad movie, e non potrebbe essere altrimenti, perché salire su un sommergibile o andarsene a spasso sul fondo dell’oceano è un’attività tipica del maschio con competenze elevate e specifiche.
Io adoro i dad movie e penso che, per tanti anni, siano stati il sale del cinema americano commerciale. Li adoro sin da quando ero bambina; me li faceva guardare, ovviamente, mio padre. Li adoro anche se non appartengo al genere cui questi film sono rivolti, ma purtroppo ormai rientro in quella fascia di età.
Il film di cui parliamo oggi, tratto da una storia vera e da un documentario del 2019 dello stesso regista, è un esempio così perfetto di dad movie che potrebbe finire in un museo dedicato alla categoria.

Racconta di un fatto avvenuto nel 2012 nel Mare del Nord: due sommozzatori professionisti sono scesi a un centinaio di metri di profondità per riparare delle condutture del gas. In piena notte e con il mare molto agitato, il sistema automatico di posizionamento della nave di supporto è andato in avaria, lasciando i sommozzatori alla deriva. Uno dei due sub è riuscito a tornare a bordo della cosiddetta campana di immersione; l’ombelicale dell’altro, il giovane Chris Lemons, è stato invece tranciato e il poveraccio è rimasto mezz’ora senz’aria. Come sia riuscito a sopravvivere, è tutt’ora un mistero. Molto probabilmente non è morto a causa di una combinazione di fattori, tra cui la bassa temperatura e l’elevata pressione parziale di ossigeno da lui respirata prima dell’incidente. Fatto sta  che il suo collega è riuscito a riportarlo a bordo ancora in vita. 

Un po’ di dati tecnici, perché mi sono accorta di aver sparato termini a caso senza spiegare a cosa mi riferissi. I sommozzatori che vediamo in Last Breath appartengono a una specie molto particolare di sub: sono dei sommozzatori di saturazione, uno dei mestieri più pericolosi sulla faccia della terra. Come sappiamo, è quasi impossibile operare a certe profondità per lunghi periodi, a meno di non pressurizzare preventivamente. I sommozzatori  vengono dunque caricati su una nave di supporto, con a bordo delle camere iperbariche che ospitano il personale addetto a scendere in acqua per circa 12 ore. A quel punto, il corpo dei sommozzatori è saturo, ovvero, il gas contenuto in esso è alla stessa pressione presente alla quota cui devono scendere. In questo modo, i nostri eroi possono stare a mollo anche per 4 ore, tornare nella camera iperbarica e alternarsi nella riparazione e nella manutenzione di cavi, condotti, piattaforme petrolifere e qualunque cosa abbiano da combinare lì sotto.
Ovviamente, una volta tornati in superficie, i sommozzatori devono restare in camera iperbarica per un tot di ore (proporzionate alla profondità e al tempo), per non trasformarsi in gazzose appena mettono piede fuori. 

Per scendere, si utilizza la già menzionata campana di immersione, una scatoletta attaccata alla camera iperbarica e tenuta alla sua stessa pressione. Una volta che i due sommozzatori, più quello di supporto che rimane a bordo della campana per assicurarsi che tutto proceda secondo i piani, sono all’interno della campana, questa si stacca dalla camera madre e scende in quota. I sommozzatori escono attaccati a dei cavi per respirare che sono, appunto, gli ombelicali. Se per disgrazia l’ombelicale dovesse spezzarsi, hanno un sistema ausiliario, ma dalla durata limitata. Il che ci porta al nostro Chris e alla sua permanenza senz’aria sul fondale del Mare del Nord per mezz’ora. 
Chris (Finn Cole) è alla sua prima missione importante, il suo compagno di immersione, Dave (Simu Liu) è un sommozzatore ancora giovane, ma molto esperto, mentre il terzo, quello che resta a bordo della campana, è la nostra figura paterna, Duncan, vicino alla pensione (forzata), soprannominato “sat dad”, e interpretato nientemeno che da Woody Harrelson
Delle competenze specifiche abbiamo già parlato; il problema da risolvere è portare a bordo il giovanotto disperso; la situazione è quasi disperata, ma per fortuna la nave di supporto gronda di uomini competenti che fanno qualunque cosa per salvare Chris. C’è anche una donna competente, e a darle il volto troviamo MyAnna Buring, che fa sempre piacere rivedere.

Last Breath è un film tesissimo, che fa dell’economia narrativa la sua arma più affilata. Dura 93 minuti, titoli di coda compresi, e non perde un solo istante del suo tempo prezioso per distogliere la nostra attenzione dal dramma di questo gruppo di personaggi impegnati a salvare la vita di uno di loro. Quando devia dalle profondità marine, lo fa soltanto per sottolineare ancora di più le condizioni proibitive in cui questa gente lavora, mettendo sotto i riflettori la fidanzata di Chris, che lo aspetta a casa ignara di tutto. Ma sono momenti molto brevi, limitati ed efficaci, che alzano la posta in gioco e ti stringono il cuore.
Di solito, tendo a giudicare il valore di questo tipo di cinema abissale dalla prima sequenza in cui i protagonisti si trovano di fronte all’enormità dell’elemento acquatico. Il primo impatto con il buio, freddo, inospitale e deserto Mare del Nord, leva letteralmente il fiato: una fonte di luce dalle dimensioni ridicole, la campana, immersa in uno spazio indefinito che pare inchiostro. 
“È come andare nello spazio”, spiega Chris alla fidanzata, e in effetti la scena potrebbe essere tranquillamente ambientata fuori da una nave spaziale. Il livello di ostilità e indifferenza è lo stesso. Ed è esattamente questa la portata di quella roba misteriosa e aliena che chiamiamo mare. 

Se non avessi saputo che si trattava di fatti realmente accaduti (anche il documentario è molto bello) avrei stentato a credere alla verosimiglianza del film. Ovvio che Parkinson faccia tutta una serie di concessioni alla fiction, di genere per di più, e che rispetti ogni cliché del dad movie. Ma siamo qui per questo, per goderci Woody Harrleson che fa da padre a Chris, per guardare le facce dei caratteristi a bordo della nave che passano dallo sconforto all’esaltazione, per ammirare un po’ di eroismo vecchio stampo, mai esagerato, sempre molto compassato (il film, dopotutto, è inglese) e del tutto privo di qualsiasi componente machista. 
Non è un capolavoro, Last Breath, e sono sicura che possa piacere soltanto a una categoria ristretta di persone. Mio padre sarebbe stato tra quelle. 
Lo avresti amato, papà. 

10 commenti

  1. Avatar di cinelibricorner
    cinelibricorner · ·

    Urca..lo avrebbe amato tanto anche il mio di papà…mi piacerebbe un sacco vederlo, dove lo trovo?

    1. Avatar di Lucia

      Non lo trovi se non col pensiero laterale 😀

  2. Avatar di alessio

    Mi hai fatto scendere la lacrimuccia. Originale questo modo delicato di condividere un pensiero e un ricordo personale.

    1. Avatar di Lucia

      Mio padre appena vedeva un sommergibile o uno scafandro si inchiodava allo schermo. Me lo ha fatto vedere lui The Abyss. Mi piace sempre mandargli un pensiero attraverso i film che gli sarebbero piaciuti.
      Grazie

      1. Avatar di Giuseppe
        Giuseppe · ·

        Non so se e quanto a tuo papà piacessero i fumetti ma, nel caso, penso che l’avventura “Nell’abisso” (di cui qui si vede uno stralcio: la pagina è in spagnolo, ma l’edizione -che io collezionai a tempo debito con tutte le altre è italiana) gli sarebbe garbata… 😉 http://flashgordon.marianobayona.com/jeffhawketom7.htm

        E per Last Breath andrò di pensiero laterale, non c’è problema…

  3. Avatar di loscalzo1979

    Bella dedica a tuo padre, interessante il film proposto (che non conoscevo e mi recupero)

  4. Avatar di Fabio
    Fabio · ·

    Provero’ ad aspettare,sperando che salti fuori anche da noi,nel frattempo segno il titolo. Ps.Da parte mia sono da sempre fissato con la fantascienza sottomarina,il mio sottogenere sci-fi del cuore,la mia collezione di film a tema lo dimostra😁!.

  5. Avatar di Blissard
    Blissard · ·

    Applausi Lucia

  6. Avatar di Edo

    M’ha già messo ansia la descrizione del lavoro, sommozzatori di saturazione…

  7. Avatar di Frank La Strega

    Non vivo con mio padre che è una persona, oggi, anziana.
    Ma spesso, quando ci vediamo, ci guardiamo un film insieme e ogni volta aggiungiamo un titolo ad una lista creata in rete.
    I dad movies di mio padre sono western, horror, thriller, action, commedie… Però devono proprio essere quelli giusti. Dovete imaginare questi due strambi parenti che, nella stanza di uno scalcinato scantinato di una vecchia casa di paese, si guardano insieme roba come I Guerrieri della Notte, L’Armata delle Tenebre, I Blues Brothers, Il Nome della Rosa, Convoy, Saigon, L’Ultimo Boyscout, Hostiles… e, chissà, magari un giorno anche questo fiilm di questo bellissimo post!

    Besos! 🙂