The Dead Thing

Regia – Elric Kane (2024)

Elric Kane, insieme alla già citata qui diverse volte Rebekah McKendry, è il conduttore del podcast ufficiale di Fangoria, Colors of the Dark, e punto di riferimento per la vostra affezionatissima, che lo segue in religioso silenzio una volta ogni quindici giorni. Oltre al podcast, Kane su varie riviste di settore, cura festival e rassegne varie ed è un produttore e regista di cortometraggi. Esordisce qui, con questo horror romance a bassissimo budget che tuttavia sembra essere costato almeno sei volte tanto, e ci regala la prima vera sorpresa del 2025, quel piccolo film che proprio non avevi visto arrivare e ti fa perdere l’equilibrio.
Esce anche al momento giusto, data la cronica mancanza di titoli validi nella stagione dei grandi premi dedicati al cinema “di prestigio”, e quindi potrebbe godere di una visibilità (grazie sempre a Shudder) che, se gettato nel mare magnum delle uscite di ottobre, gli sarebbe negata. Bravi tutti.

Alex è una giovane donna che si barcamena tra un lavoro monotono e avvilente e una vita sentimentale molto movimentata, ma priva di connessioni reali. Un tot di volte alla settimana esce con un ragazzo conosciuto su una app (che è Tinder, anche se per motivi di copyright non può essere Tinder) e, il giorno dopo, ne cerca subito un altro, in una coazione a ripetere sempre uguale a se stessa e foriera di nulla. Fino a quando non incontra Kyle e con lui riesce a stabilire un collegamento fisico e mentale molto profondo e, pare, ricambiato. Solo che, a un certo punto, Kyle sparisce nel nulla: smette di cercarla e non visualizza neanche i suoi messaggi. Per Alex, capire cosa è successo diventa un’ossessione, tanto da recarsi sul posto di lavoro di Kyle e chiedere informazioni. Le dicono che è morto il giorno stesso in cui si sono incontrati, cosa impossibile, dato che si sono frequentati per un po’. E lì il film comincia sul serio, e diventa un incubo.

Una delle cose che più mi piace vedere in un film è la trasformazione di luoghi cui siamo soliti un certo tipo di caratteristiche in piccoli inferni quotidiani. Nel caso di The Dead Thing, Los Angeles è molto diversa rispetto alla città che il cinema ci ha spesso presentato. Non ha quell’aura di grandezza, quella precisa identità larger than life che mantiene anche quando la si connota in maniera fortemente negativa. Con un’operazione che mi ha ricordato molto Starry Eyes, ma spogliata anche da quel poco di glamour dovuto all’ambientazione nel mondo dello spettacolo, la Los Angeles di The Dead Thing è un posto che riesce a essere, allo stesso tempo, minuscolo e dispersivo, terribilmente ordinario e squallido, un deserto fatto di strade vuote, locali gelidi e uffici illuminati da neon invadenti e brutali. 
Questo è lo spazio in cui la nostra protagonista si muove e va in cerca di un contatto, di qualcuno che la veda, che non la faccia sentire risucchiata dalla marea dell’isolamento. Sensazione accresciuta anche dal fatto che, con il misero budget a disposizione, le comparse sono poche e gli esterni si girano soprattutto di notte, in quartieri periferici. 

All’inizio dell’articolo ho definito The Dead Thing un horror romance: è vero, anche se solo in parte, perché il romance lascia spazio molto presto a quella che ha tutti i tratti di una relazione basata sull’abuso e sul controllo. È un thriller erotico ossessivo, una versione tossica di Ghost, e anche uno studio sul personaggio che arriva dritto dal cinema più selvaggio degli anni ’70: il libro che ha Alex sul comodino è House of Psychotic Women, una bella dichiarazione d’intenti. Ma io credo che il principale punto di riferimento di Kane, nel mettere in scena questa discesa nei recessi più deviati delle relazioni umane, sia stato Looking for Mr. Goodbar, del 1977, un film di cui si parla troppo poco persino oggi, quando i temi che tratta dovrebbero averlo riportato al centro della discussione. Magari The Dead Thing spingerà qualcuno ad andarselo a cercare, chi lo sa.

In ogni caso, il film di Kane possiede quella qualità poco addomesticata degli horror sperimentali anni ’70, non soltanto per le scelte narrative, ma anche e soprattutto per quelle estetiche, fotografiche e di montaggio. È un film che procede per piccoli frammenti di vita, per dialoghi spezzati, con tempi dilatati e sprazzi onirici e allucinati. In alcuni momenti pare di vedere il primo Altman all’opera, sempre per restare nell’alveo delle psychotic women.
È girato benissimo, e sarebbe da vedere in 35mm su grande schermo, se fosse possibile. So che negli Stati Uniti sono state fatte delle proiezioni così e sto invidiando chiunque vi abbia partecipato. Questo oggetto bizzarro e indefinibile non si merita i nostri schermi televisivi, ma ci dovremo accontentare. 

Nel suo intimo, il film è il racconto di un desiderio spasmodico di non essere sola che si traduce in tragedia. Non vediamo mai Alex insieme a degli amici, il suo unico rapporto umano preesistente ai titoli di testa è quello con la sua coinquilina mollata sull’altare dal fidanzato stronzo, che però rifugge e rifiuta (per motivi che scopriremo poi); Alex non ha nessuno a cui rivolgersi, nessuno con cui parlare, passa le sue giornate chiusa in camera davanti a una lampada abbronzante, il collega con cui divide l’ufficio è un patetico individuo e, quando finalmente sarà sostituito da una persona dotata di intelletto e sensibilità, Alex sarà troppo invischiata nella sua relazione con Kyle per rendersene conto, fino a quando non sarà troppo tardi.
È un film di decisioni sbagliate, di errori che si pagano carissimi, di sentimenti indirizzati nella peggiore direzione possibile, perché Kyle isolerà Alex sempre di più, privandola di ogni cosa, avendo come unico obiettivo quello di usarla come ancora per restare su questa terra ancora un po’, prima di finire nell’oblio. 
Una vicenda tragica e terribile, un horror su come viviamo le relazioni e su come siamo sempre più soli e tristi. Vedetelo solo se non siete particolarmente depressi, ma vedetelo. 

6 commenti

  1. Avatar di Blissard
    Blissard · ·

    Devo ammettere di averlo trovato intrigante ma non perfettamente a fuoco. Molto interessanti le tue considerazioni sulla solitudine della protagonista e sul ritratto di una città/”deserto fatto di strade vuote, locali gelidi e uffici illuminati da neon invadenti e brutali”.

    Ti posto le mie impressioni a caldo:

    Meritoria la scelta di recuperare dal cinema horror di inizio ventunesimo secolo (in particolare giapponese) la volontà di analizzare, attraverso il registro della ghost story, le mutazioni che le nuove tecnologie hanno apportato alle interazioni sociali, alle relazioni affettive e alla sessualità.
    Elegante e a tratti intenso, The Dead Thing sembra però navigare a vista sul piano narrativo, procedendo quasi a casaccio e in maniera episodica. Kane non sembra possedere la maturità e la lucidità necessarie per imbastire un discorso coerente sulla tematica affrontata (possono l’atomizzazione emotiva e la tossicità dei rapporti permanere anche post-mortem?), ma il suo film possiede un fascino trasversale che testimonia delle potenzialità del regista. Bravissima, poi, Blu Hunt.

    1. Avatar di Lucia

      Da un punto di vista narrativo sì, è frammentario, però secondo me è una cosa voluta perché riprende la struttura di alcuni film degli anni ’70, tipo Tre Donne. Quei film non avevano una vera e propria trama, andavano avanti a strappi. Poi che sia un po’ incerto e confuso è vero. Però a me non ha dato molto fastidio, mi sono lasciata trasportare dall’atmosfera.

  2. Avatar di alessio

    È un film che mi ha catturato più che per la storia per la sua atmosfera, fotografia, tempi; e la Los Angeles notturna affascinante e respingente assieme. Io lo consiglio per chi ama farsi cullare, rapire, portar via e perdersi dalle immagini.

    1. Avatar di Lucia

      Sì, è quasi tutto giocato su quello. O ti lasci prendere o ti annoi.

  3. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    Tutti temi di sempre più drammatica attualità, purtroppo, quelli trattati in Dead Thing. Credo che lo vedrò anche senza aspettare di essere dell’umore giusto…

    1. Avatar di Giuseppe
      Giuseppe · ·

      Mannaggia alla fretta: THE Dead Thing…