
Regia – Michael Felker (2024)
In questa prima metà di gennaio, data la scarsità di uscite interessanti (sì, L’Uomo Lupo arriva tra qualche giorno, non ho avuto tempo, sorry), mi sono data al recupero di film che mi ero persa nel corso dell’anno appena finito. Devo dire che, nel 2024, sono stata abbastanza sul pezzo e non ho lasciato indietro una quantità enorme di roba. Eppure, qualcosa di significativo sfugge sempre. Things Will Be Different purtroppo mi era proprio scivolato via. Non posso dire che avrebbe influenzato la classifica di Nuovi Incubi soltanto perché faccio fatica a definirlo horror, trattandosi di un minuscolo film di fantascienza sui viaggi nel tempo. Ma noi qui dell’appartenenza granitica a un genere o all’altro ce ne siamo sempre interessati il giusto, e quindi vi do il benvenuto al mio innamoramento cinematografico 2024 a scoppio ritardato.
Il regista di Things Will Be Different è qui al suo esordio in un lungometraggio, ma non è un novellino: è il montatore di Justin Benson e Aaron Moorhead dai tempi di Spring, e sono stati loro due ad avergli prodotto il film, che si può comodamente far rientrare nel filone caro alla coppia più bella del cinema indie americano: quello che ti incasina il cervello, non ti spiega niente e si basa su degli spunti di partenza molto ambiziosi, realizzati con quattro lire.
La storia è quella di due fratelli, Sidney e Joseph, che commettono una rapina e, per sfuggire alla polizia, usano una bizzarra macchina del tempo, nascosta in una fattoria, che li sposta in un’altra linea temporale. In teoria, questo dislocamento dovrebbe durare due settimane; in pratica, i due rimangono bloccati, per tutta una serie di circostanze, in questa bolla metafisica, anni e anni. Dire di più sarebbe poco urbano da parte mia, perché Things Will Be Different è un film che si deve affrontare al buio, e non tanto per i colpi di scena, che pure non mancano, ma per godersi in purezza il suntuoso meccanismo narrativo creato da Ferkel, e la semplicità con cui lo mette in scena.
Tanto per cominciare, si tratta di un film di fantascienza orgogliosamente analogico, che non fa uso di alcuna tecnologia contemporanea, certo per motivi di budget, ma anche per una scelta estetica ben precisa. Fa quindi a meno di scintillanti strumentazioni e lucine colorate e si avvale di un vecchio telefono a disco, un paio di orologi a pendolo e, più avanti, di un registratore a cassetta che servirà ai nostri per comunicare attraverso il tempo.
L’intera vicenda, prologo ed epilogo esclusi, si svolge all’interno di una fattoria, che già di suo, è priva di una specifica collocazione temporale. L’arredamento e le foto alle pareti fanno pensare a una casa di campagna ferma agli anni ’50 del secolo scorso; c’è un televisore con i VHS e c’è uno stereo con i CD.
Per dare completezza al quadro, i nostri due protagonisti sono ignoranti come noi in materia di viaggi nel tempo, dimensioni altre e bolle bloccate in uno spazio liminale tra il flusso degli eventi.
Noi sappiamo e soprattutto capiamo quello che sanno e capiscono loro, che è poco. Niente spiegoni e lunghi monologhi a base di tecnobabble. Tutti i processi rimangono ignoti, perché dopotutto non sono importanti.
È importantissimo invece, il rapporto tra Sidney e Joseph, e pure su quello le informazioni che il film ci fornisce sono limitate: essendo gli unici due personaggi (quasi) sempre in campo, non devono raccontarsi a vicenda ciò che li legava e ciò che li ha separati per poi riunirli. Anche i motivi che li hanno portati a compiere la rapina restano per lo più molto vaghi. Si accenna a dei debiti, a un bar fallito, a un negozio assediato dai creditori. Nonostante questo, e grazie sia alla regia e ai dialoghi di Ferkel sia alla bravura dei due interpreti (Adam David Thompson e Riley Dandy), sono due personaggi perfettamente delineati e il nucleo affettivo e problematico della loro relazione è sempre molto chiaro. Dopotutto è il cuore emotivo del film, il gancio cui Ferkel ci tiene attaccati per 100 minuti.
Funziona come un cronometro, da questo punto di vista: siamo in pena per loro, proviamo nei loro confronti un sincero trasporto, capiamo cosa ci sia in gioco per entrambi e vorremmo che riuscissero a tornare a casa sani e salvi. Creare questo tipo di coinvolgimento con poche pennellate, dialoghi abbastanza scarni e un minimo sindacale di racconto esplicativo, è difficile e richiede un grande equilibrio e una grande sicurezza nei propri mezzi.
A maggior ragione se scrivi e dirigi un film contenutissimo. che non fa mai uscire i suoi protagonisti dalla bolla in cui sono rinchiusi e li mette nella condizione di pedine in un gioco più grande di loro che sono destinati a non comprendere mai.
Per citare un gigante scomparso pochi giorni fa (oggi sarebbe anche il suo compleanno): non capisco perché la gente si ostini a volere che i film siano comprensibili quando la vita non lo è. O qualcosa del genere, sto andando a memoria.
Things Will Be Different mette in scena benissimo la sensazione di essere un minuscolo ingranaggio all’interno di una cospirazione cosmica di cui noi vediamo soltanto ciò che la nostra prospettiva limitata ci permette di vedere. Ti fa sentire molto piccolo e molto indifeso, soggetto a forze che potrebbero spazzarti via in ogni secondo, e se non lo fanno è perché, nel disegno generale degli eventi, hai il tuo infimo ruolo da interpretare.
È un film povero ma non si nota: alcune scelte compiute da Felker sono di una bellezza sconcertante, come un passaggio di tempo a metà film raccontato con una panoramica splendida a 360 gradi, o un paio di esterni a luce crepuscolare in una natura distante e indifferente. Da montatore, Felker sa esattamente che ritmo dare al suo film, sa quando mettersi a correre e quando fermarsi bruscamente a meditare. Things Will Be Different è un film rotondo e liscio che, malgrado sia costruito sulle astruse fondamenta dei paradossi temporali, fila dritto e spedito dall’inizio alla fine.
È anche un film di una tenerezza lancinante e di una tristezza che spezza il cuore, io vi avviso, pervaso di una malinconia sommessa, di una cognizione dolorosa di rimpianto, un film di cose e persone perdute e mai più ritrovate.
Come ormai dovreste sapere, io adoro diffondere i film piccini e poco chiacchierati. Se siete disposti a non avere tutte le spiegazioni che vorreste, Things Will Be Different è un viaggio che vale davvero la pena di fare.












Rimango un appassionato di viaggi nel tempo, anche quando vengono scritti e realizzati in modalità “minimale” (e sî, in questa modalità le buone storie devi saperle scrivere una volta di più, non potendo nasconderti dietro effetti speciali costosi e roboanti), tanto da averlo poi recuperato non appena ne sono venuto a conoscenza. Ora mi manca solo di vederlo e, come da consolidata prassi, non è l’unico titolo rimasto in arretrato…
P.S. Difficile dar torto a David Lynch (R.I.P.) 😔
subito in lista, grazie
Un film piccolo che non parla di cose piccole. Mi lascia come un ritornello che ti entra in testa senza motivo e niente da dimostrare. Non ho la tua competenza per parlare di inquadrature e montaggio ma il piano orizzontale mentre Joseph scappa e gli sparano per ben tre volte mi ha emozionato. Forse il sacrificio è capace oltre che di liberare un corpo dal demonio anche di rompere la morsa degli universi paralleli e di darci quel senso di sicurezza di cui abbiamo disperatamente bisogno.