
Regia – Ernest R. Dickerson (1995)
Si comincia la serie di complehorror col botto, e quest’anno ci saranno film incredibili da celebrare nel corso dei dodici mesi che ci aspettano.
Mi fa molto piacere dare il via ai festeggiamenti con Demon Knight, perché si tratta di un film ingiustamente maltrattato ai tempi della sua uscita nelle sale, e tornato alla ribalta solo di recente, soprattutto grazie a critici e appassionati attenti a dettagli e sfumature che, forse, nel 1995 potevano facilmente sfuggire. O magari, che ne so, è stato maltrattato proprio perché certi dettagli e sfumature non sfuggivano affatto e andavano contropelo.
Demon Knight è infatti uno dei primi horror (ma forse è addirittura il primo film in assoluto, o almeno così dice il regista) dove una donna nera salva il mondo.
A dirigerlo troviamo il direttore della fotografia di diversi film di Spike Lee, che passa dietro la macchina da presa dopo aver lavorato a Malcom X. Purtroppo, Hollywood si è poi messa di traverso alla carriera di Dickerson, che non è mai riuscito a sfondare sul serio. Lavora in tv da un sacco di tempo e vi sarà capitato di leggere spesso il suo nome nei titoli di testa di una quantità indefinita di serie importanti e famose. Ma, se avete visto Demon Knight, siete consapevoli che meritava di meglio.
La sceneggiatura di Demon Knight che capita sulla scrivania di Joe Silver (produttore della serie Tales from the Crypt) risale al 1987 e, in origine, doveva essere il film di Tom Holland successivo a La Bambola Assassina. Non è, quindi, tratta direttamente dai fumetti della EC Comics, ma è un soggetto originale che fa parecchi giri per parecchie produzioni e registi prima di assumere la forma che conosciamo. È passato anche per le mani di Mary Lambert, ed è importante perché è stata sua l’idea di dare a un personaggio nero il fardello di proteggere l’umanità dalle forze del male; ci prova poi Charles Band, ma alla Full Moon non c’erano abbastanza soldi per gli effetti speciali richiesti dalla vicenda narrata, quindi non se ne è fatto niente.
Intanto, Tales from the Crypt esce nel 1989 e diventa uno dei successi televisivi più clamorosi di tutti i tempi; la conseguenza logica era portare le avventure del Guardiano della Cripta su grande schermo. A Silver l’idea di Demon Knight piace e lo manda in lavorazione come secondo film di una trilogia di horror basati su Tales from the Crypt.
Dopo tanti anni qui dovreste aver capito come funziona la macchina produttiva del cinema a ogni latitudine: caos e improvvisazione. Non vi sorprenderà quindi sapere che la trilogia non sarà mai realizzata, che Demon Knight da secondo film pianificato diventa il primo, che la sua produzione viene accelerata per uscire ad Halloween 1994 e che poi non si fa in tempo e si slitta a gennaio 1995.
Quando si tratta di horror soprannaturale, possiamo suddividere il filone in due categorie molto specifiche: da un lato ci sono i film che si attengono a mitologie preesistenti, dall’altro quelli che se inventano una tutta loro. Demon Knight appartiene alla seconda categoria, per quanto al suo interno ci sia una spruzzata di cattolicesimo, giusto per dare agli spettatori qualche elemento familiare cui aggrapparsi. Il resto è inventato di sana pianta, ed è bellissimo.
Racconta di un uomo misterioso che sta scappando nel deserto da un individuo altrettanto enigmatico. William Sadler è Bryker, il Cavaliere del titolo; Billy Zane è The Collector. Entrambi hanno una missione, quella di Bryker è proteggere l’ultima chiave rimasta al mondo a impedire che le legioni demoniache ritornino sulla terra per annegarla nelle tenebre, quella del Collezionista è di impadronirsi della chiave.
Bryker, nel corso della sua fuga, finisce in uno scalcinato motel in mezzo al nulla, popolato da reietti di ogni risma, che è oltretutto ricavato da una vecchia chiesa sconsacrata. E lì comincia un assedio che andrà avanti tutta la notte, tra demoni ributtanti, possessioni, tentativi di Zane di sedurre gli astanti e portarli dalla sua parte, e Jada Pinkett pucciata nel sangue di Cristo. C’è anche il mitico Dick MIller nel ruolo di zio WIlly, l’ubriacone locale.
Pur non essendo direttamente adattato da una delle storie di Tales from the Crypt (come invece era gran parte della serie tv), Demon Knight ne rispetta in pieno lo spirito e i toni, e non soltanto perché il film è introdotto e chiuso dal solito Guardiano, questa volta in veste di regista con tanto di limousine che lo accompagna alla prima del film; Demon Knight è, nel suo intimo, una commedia horror condita di splatter ferocissimo e contrappassi diabolici, nonché armata di un codice morale tutto suo, draconiano, folle, sballatissimo, ma a suo modo coerente. Demon Knight è, per semplificare al massimo, Evil Dead 2 in salsa vagamente cristiana e con una chiara distinzione tra buoni e cattivi. Ma è anche un film pieno di momenti deliranti e il cui atteggiamento sardonico porta a non essere mai certi se stia facendo sul serio o si stia prendendo gioco di noi. Osa tantissimo dove altri horror arrivano a fermarsi (i bambini, nessuno pensa ai bambini), ma poi punisce quelli che la morale comune identifica come comportamenti “deviati” senza alcuna pietà.
Rispetta, in pratica, quell’anarchismo vagamente reazionario dei fumetti, che sbeffeggiavano con allegria potere, istituzioni e perbenismo, per poi riaffermarne i valori con un colpo di coda, ma tenendosi sempre sul filo della satira. Da qui i diversi guai passati da Gaines con censura e tribunali.
In questo coacervo di pulsioni contraddittorie alla base del film, va a finire che uno dei personaggi più complessi e meglio scritti è quello della prostituta Cordelia, ma è anche quella che fa la fine peggiore; che lo zio Willy è di buon cuore, simpatico, anche a suo modo eroico, ma cede alle lusinghe del demonio per una bottiglia di vodka. Il tutto è però gestito con un’intelligenza e una capacità di mescolare i registri tali da lasciare sbalorditi e con un grosso sorriso sulle labbra. Merito in prima battuta della regia di Dickerson, fumettosa quanto basta, attenta a comporre le inquadrature con angolazioni e tagli che rimandano quasi sempre alle tavole disegnate, e allo stesso tempo, molto cinematografica.
E poi c’è un cast eccezionale al servizio del film, tutto fatto di caratteristi alle prese con personaggi caricaturali che capiscono perfettamente il compito assegnato e azzeccano ogni singolo scambio di battute, ogni espressione, ogni reazione.
Jada Pinkett, dal canto suo, ha il compito di rappresentare sullo schermo tutte le caratteristiche della finale girl e, negli ultimi minuti, di assumere il ruolo dell’eroina e martire, col passaggio di testimone che la trasforma in una Demon Knight. Il suo confronto con Billy Zane a chiusura del film è diretto e coreografato come un balletto e andrebbe studiato nelle scuole di cinema.
Gli effetti speciali pratici, le protesi, i trucchi demoniaci, gli arti strappati sono una gioia e una delizia e ricordano moltissimo quelli di Demoni di Lamberto Bava, altra fonte di ispirazione piuttosto dichiarata per Demon Knight insieme a Evil Dead 2. In particolare, le trasformazioni della povera Cordelia e del piccolo Danny in viscidi abomini sono allo stato dell’arte del make up dell’epoca, e lo splatter è elargito con generosità e divertimento.
Demon Knight è uno degli horror più sottovalutati degli anni ’90. Ha anche incassato pochino, mandando in frantumi il progetto della trilogia. In una scena successiva ai titoli di coda, il Guardiano della Cripta annuncia un sequel che non sarebbe mai stato girato, purtroppo.
Il seguito, in effetti, c’è stato, nel 1996, con una drastica riduzione del budget: Bordello of Blood è, a oggi, l’ultimo film legato a Tales from the Crypt mai arrivato sullo schermo. Sarebbe ora di far uscire ancora una volta il Guardiano dalla cripta, e riportarlo in sala. È vero che la natura episodica dei fumetti funziona meglio in formato ridotto e televisivo, eppure a me film come Demon Knight mancano. Forse, ora che si sta riscoprendo il lato divertente e sbruffone dell’horror, i tempi sono finalmente maturi. Chi lo sa.












Ecco, sarebbe proprio ora di dare finalmente a Demon Knight un seguito all’altezza (Bordello of Blood ci ha provato, sì, ma sono mancati i soldi per poter riuscirci davvero): quale modo migliore di questo per festeggiare il suo compleanno, magari con Dickerson di nuovo alla regia? Anche se temo che, pure essendoci stata una rivalutazione a favore da parte di critici e appassionati esperti, quest’ultima non sia ancora sufficiente a spingere qualcuno a imbarcarsi nell’impresa di realizzarlo sul serio, un nuovo sequel…