Pillole debosciate e cialtrone

Sempre meglio cominciare l’anno in maniera frizzantina, ovvero con film che ti fanno precipitare il quoziente intellettivo di qualche decina di punti. Detto in senso buono, ovviamente, perché oggi ci addentriamo nella serie B, anzi, in un paio di occasioni ci spingiamo anche al di sotto di essa, per celebrare con l’Epifania il lato più sciocco, ma anche irriverente e, sotto sotto, eversivo del cinema dell’orrore. Anche perché, ragazzi, dopo la seriosità concionante dell’articolo su Nosferatu, ho già bisogno di staccare e di dedicarmi a ciò che so fare meglio: parlare di stronzate.

Cominciamo un po’ in sordina con un film su cui avevo delle discrete aspettative che sono state parzialmente deluse. Y2K è l’esordio alla regia di Kyle Mooney (si ritaglia anche un piccolo ruolo), è prodotto dalla A24 e presenta anche un cast di facce mediamente note. Tra i film presenti in questa prima edizione 2025 delle vostre amate Pillole, è quello con più credenziali da cinema rispettabile, ma si rivela essere il meno efficace del mucchio.
Y2K immagina un’apocalisse che non c’è stata, ovvero quella del capodanno di inizio millennio; nel film, il tanto chiacchierato millenium bug porta molto vicino all’estinzione della razza umana e alla sua sostituzione con le macchine. I computer, e ogni aggeggio elettronico, dai frullatori ai microonde, si ribellano al nostro dominio e iniziano ad ammazzarci uno dopo l’altro. A contrastare la fine del mondo, un variegato gruppetto di liceali, tra cui Jaeden Martell nel ruolo del nerd sfigato e Rachel Zegler in quello della ragazza popolare.
Per i primi 15 minuti, Y2K ti fa volare sulle ali della nostalgia, tanto è pieno di riferimenti di ogni tipo alla cultura popolare di fine anni ’90; poi, quando si arriva al momento della ribellione delle macchine, ti stupisce con parecchie morti creative e con un certo ammontare di gore che sinceramente non mi aspettavo. Ma poi diventa troppo. Tutto troppo: troppe le citazioni, troppe le battute che dovrebbero far ridere e invece ti fanno stridere i denti dall’imbarazzo, troppe le canzoni tipiche del periodo, buttate lì una dietro l’altra per fare volume, troppi i personaggi che appaiono sullo schermo al solo scopo di interpretare degli stereotipi della moda di allora. 
Il film lo si segue volentieri, perché gli attori ci credono abbastanza, la regia è dinamica e gli effetti speciali ottimi, però io di viaggiare sul viale delle rimembranze ne avrei anche le tasche piene, soprattutto quando sembra una roba fatta per spuntare delle caselle e senza un briciolo di sincerità. 
Per irriducibili fan dei Limp Bizkit.

Chi sul viaggiare del viale delle rimembranze ci ha costruito una carriera, è la nostra vecchia conoscenza Steven Konstanski, ma lui è un discorso a parte: innanzitutto si muove da sempre nel circuito indipendente e anche un po’ miserabile; in seconda battuta, è davvero legato a un certo tipo di immaginario e, oltre a essere ineccepibile da un punto di vista professionale, ha una creatività sfrenata, sa scrivere, e non dà mai l’impressione di seguire l’onda del momento. Come tecnico degli effetti speciali, è tra i maestri di questo scorcio di secolo, e basta vedere il suo lavoro nel recente In A Violent Nature per rendersene conto. Come regista, dopo Psycho Goreman, torna a rendere protagonisti i pupazzi nella sua ultima fatica, Frankie Freako.
Che è il suo film più accessibile, nel senso che manca degli eccessi gore del già citato Psycho Goreman e di The Void, per esempio. È una commedia, anche di buoni sentimenti, con delle adorabili creaturine gommose che portano scompiglio nella vita del protagonista. Una sorta di Gremlins senza cattiveria.
Ambientato negli anni ’80 (ma per fortuna con pochissimo afflato nostalgico), il film racconta del simpatico e bonaccione, ma terribilmente noioso Conor, che un sera, in preda a una crisi esistenziale, chiama un numero a pagamento, un po’ in stile 976-Evil. Gli si materializzano nel salotto di casa tre mostriciattoli che hanno come unico scopo nella vita quello di fare festa 24 ore su 24. All’inizio, la relazione con Conor è complicata, ma finiranno per guarirlo dalla sua scopa in culo. 
Anche se non sono proprio matta del suo cinema, Konstanski lo rispetto moltissimo perché si ostina a fare con tre lire dei film con delle idee che, in mano a uno studio di grandi dimensioni, costerebbero milioni di dollari, e i risultati sono sempre di alto livello. Vedere i tre pupazzi muoversi sullo schermo è davvero magico, per non parlare della sezione del film ambientata nel mondo dal quale sono arrivati. Se volete un po’ di gioia in questo freddo e ostile mese di gennaio, guardatelo. 
Shabadoo!

Per proseguire, che ne dite di un po’ di gente squagliata?
Sapete che per me Street Trash è un capolavoro della serie B di ogni epoca e latitudine, e chi dice il contrario un gaglioffo privo di sensibilità e buon gusto. Ero quindi un po’ diffidente quando hanno annunciato il remake. Diffidente, ma curiosa, perché l’ossatura narrativa di Street Trash è terribilmente attuale e, con un minimo di intelligenza, c’erano parecchie cose interessanti da dire.
Street Trash versione 2024 non è tanto un remake, quanto un sequel. Gli eventi del film del 1987 fungono infatti da premessa a questo: in una Cape Town devastata dalla crisi economica, con un numero sempre più ristretto di super ricchi e un numero sempre più ampio di disgraziati, il sindaco, che rischia di non essere rieletto a causa del problema dei senza tetto, assolda degli scienziati per sintetizzare la famosa droga Viper, quella che ti riduce in poltiglia non appena la assumi. Questa volta, però, il composto chimico non viene iniettato, ma nebulizzato direttamente nelle strade, così da eliminare con rapidità ed efficienza questi straccioni che rovinano la città.
Lungi dall’affrontare la tematica con un briciolo di serietà, o anche solo di pudore, il film di Ryan Kruger salta a piè pari in zona Troma, senza voltarsi indietro un solo istante. Ed è perfetto proprio per questo. Street Trash è sguaiato, volgare, disgustoso, osceno, violento, grossolano, tagliato con l’accetta, turpe e sardonico. E ovviamente, è un film politico. Se siete in vena di raffinatezze , non ci provate neanche, e anche se non lo siete non è detto che vi piaccia, ma dategli un’occasione. Anche qui, effetti speciali pratici meravigliosi e coloratissimi, con finale di totale guerriglia urbana ed esplosioni di frattaglie. 
Per caricarsi in vista della rivoluzione.

Chiudiamo in bellezza con Frank Grillo che mena i licantropi. Werewolves ha un titolo così generico che rischia di andare smarrito tra le varie uscite horror indipendenti del momento, soprattutto considerando la sua distribuzione a ridosso del film grosso di licantropi in arrivo a metà mese, eppure Werewolves non è affatto generico, e non solo perché Frank Grillo è uno di quegli attori che dove lo metti sta e ti fa sempre un ottimo lavoro. Alla regia abbiamo infatti Steven C. Miller, altro professionista della serie B, che bazzica l’horror dai primi anni 2000, non ha mai sfondato davvero al di là delle produzioni a basso budget, ma pare contento così. Dopo aver diretto un pugno di film d’azione per il mercato VOD (il suo ultimo horror è Silent Night del 2012), Miller torna a casa e ci porta in dono The Purge coi lupi mannari.
Una super luna ha avuto come effetto quello di trasformare chiunque sia stato esposto ai suoi raggi in un lupo. Un anno dopo questo evento, che ha per sempre cambiato le sorti dell’umanità, ci si prepara ad affrontare un’altra super luna: gli scienziati forse hanno trovato una cura (moonscreen, ve lo giuro) e i comuni cittadini si barricano in casa, oscurano le finestre e sperano che i licantropi non riescano a entrare. 
Werewolves è un B movie spettacolare, pieno di azione e di sangue, e del tutto vuoto di pretese. Ma anche pretese semplici, tipo trovare una premessa solida o disporre di un briciolo di coerenza narrativa. Ciò che vuol fare Miller è mettere Frank Grillo in una strada deserta, di notte, e farlo scontrare con orde di lupi mannari feroci. Tutto il resto è superfluo. E chi siamo noi per dire di no a una proposta simile? 
C’è qualcosa di Dog Soldiers in questo film, anche senza la classe, i dialoghi e i personaggi indimenticabili di Neil Marshall; tuttavia, Miller è bravo a costruire sequenze di pura adrenalina, durante le quali è difficile staccare gli occhi dallo schermo. Ci si diverte, si fa il tifo e c’è pure il tempo per prendersi gioco dei survivalisti fissati con le armi. 
Se non fosse così debole da un punto di vista narrativo, si meriterebbe una recensione a parte per quanto mi ha entusiasmata. I licantropi, poi, sono bellissimi. Realizzati con una commistione molto ben riuscita di effetti dal vero e in post produzione, sono feroci e minacciosi quanto basta da fare paura, e da costituire un ostacolo per l’altrimenti inarrestabile Grillo. 
Per gli ossessionati di un cinema muscolare e stoico sempre più raro.

3 commenti

  1. Avatar di L

    Ok, è un genere che normalmente esploro solo quando devo, e in questi giorni mi sono dato al found footage.
    Y2k era in lista, Street Trash l’avevo escluso perchè appunto, troppo. Lo stesso avevo fatto con Werewolves, a cui però darò volentieri una possibilità. Ma in che senso non ti fa impazzire il cinema di Konstanski? Io ho adorato anche Psycho Goreman, fermo restando che ne quello ne The Void fossero privi di difetti, anzi… Ma ce ne fossero di registi validi eppure così scemi da voler fare quei film… ❤

    1. Avatar di Lucia

      Non mi fa impazzire perché non mi piace come gira. Mi piacciono le storie, mi piace come scrive, ma è sempre un po’ dilettantesco alla regia. Il film da lui diretto che ho apprezzato di più è quello sul Leprecauno. Però mi fa un sacco di simpatia e gli voglio proprio bene.

  2. Avatar di psichetechne

    Buon Anno Lucia! Un inizio davvero frizzantino!