
Regia – Gary Dauberman (2024)
A me dispiace che ci andiamo ammosciando proprio in chiusura di challenge, ma purtroppo lo sapete anche voi che è così: non c’è il tempo di cambiare i film in corsa e si parla di quello che capita. Spero tanto che con l’ultima giornata di domani le cose migliorino.
In ogni caso, il day 30, il penultimo di questa estenuante ma magnifica maratona, è dedicato agli horror tratti dai romanzi. Figuriamoci se, dopo averlo atteso la bellezza di due anni, non mi fiondavo subito su questo nuovo adattamento di Salem’s Lot, tra l’altro con lo zampino in produzione di James Wan.
Il romanzo di King è già stato portato sul (piccolo) schermo due volte, una nel 1979 da Tobe Hooper e poi nel 2004 sull’emittente TNT, in nessuno dei casi con grande successo, anche se la miniserie di Hooper aveva i suoi momenti buoni, poi giustamente inseriti nella galleria delle immagini memorabili della storia del genere. Ma si trattava, appunto, di immagini, di intuizioni, di sprazzi di creatività inseriti in una palude di noia. Che è poi il problema principale quando tocca ridurre per un qualsiasi media di carattere visivo Le Notti di Salem.
Di roba anti cinematografica King ne ha scritta tanta, e tuttavia credo che niente possa competere con Salem’s Lot, proprio perché all’apparenza pare facile; è, per stessa ammissione del suo stesso autore, Peyton Place con dentro i vampiri, e racconta della sistematica distruzione di una comunità da parte di un agente malevolo. In pratica, è la cianografia di tutto ciò che siamo abituati a considerare come kinghiano. Ed è il motivo per cui si tratta di un enorme trabocchetto per chiunque si azzardi ad adattarlo.
Se si guarda alle due miniserie del ’79 e del 2004, si nota che entrambe fanno una gran fatica a gestire la mole enorme di personaggi e sotto trame messi su pagina da King; non saprei bene neanche io come risolvere il problema di trovarsi alle prese con una struttura da soap opera che però non funziona granché bene se la racconti per immagini. Forse butterei via tutto e rischierei una trasposizione radicale; sta di fatto che, al contrario, la scelta di Dauberman (regista e sceneggiatore) è stata quella di procedere restando molto aderente e fedele alla fonte.
È riuscito dove gli altri hanno fallito? La risposta è che non lo possiamo sapere e forse non lo sapremo mai, perché la Warner gli ha fatto tagliare oltre un’ora di film per ragioni a me imperscrutabili; la storia produttiva di Salem’s Lot la conosciamo più o meno tutti: doveva uscire nel 2022 in sala e invece è arrivano con due anni di ritardo diretto in streaming. Se per una distribuzione cinematografica posso arrivare a comprendere la riduzione drastica della durata, una volta deciso che il film sarebbe andato su Max senza passare dal via, trovo abbastanza inutile spedirlo in giro così mutilato. E non uso la parola mutilato a casaccio.
Salem’s Lot rispetta tutti gli snodi narrativi del romanzo, ma oltre a questi, al suo interno non esiste altro. Si limita ad andare da un punto A a un punto B, passare in rapida rassegna i personaggi principali, senza approfondire o soltanto raccontare niente. È così vuoto, così schematico, così meccanico che quasi non sembra realizzato da mani umane.
Il risultato è che chi conosce il romanzo o ha visto una delle due miniserie avrà la buffa sensazione di trovarsi di fronte a un riassunto messo in scena con un certo grado di gusto per le inquadrature fighette; chi invece si approccia al materiale per la prima volta magari capirà cosa succede, ma non capirà perché succede. È un po’ uno spettacolo sconfortante e deprimente, in particolare quando vedi ottimi attori come Alfre Woodward o Bill Camp attraversare il film come delle belle statuine, senza che ai loro personaggi venga dato lo spazio per respirare.
Lo scempio maggiore è stato fatto sul povero padre Callahan, che a stento è nel film e la cui sconfitta di fronte a Barlow arriva soltanto perché a un certo punto deve arrivare. Ma in realtà non te ne frega niente di Ben, di Susan, degli altri che intravedi appena; giusto un pochino del giovane Mark, ma solo in virtù di un lievemente maggiore screen time a lui riservato.
E io mi chiedo che senso abbia mandare al macello un film ridotto in queste condizioni dopo averlo tenuto in magazzino così a lungo; ci sarebbe stato il tempo per sistemarlo, aggiustarlo, e invece no: ci becchiamo il Bignami con filtro Instagram di Salem’s Lot. Grazie, Warner.
Non dico che non sia possibile raccontare Le Notti di Salem in un paio d’ore, ma pure in 90 minuti, già che ci siamo. Dico che questo adattamento in particolare non era concepito per essere così breve; i tagli si vedono tutti, è un film che ti sanguina davanti agli occhi.
Forse sarebbe stato bruttino uguale, per carità. Ci sono delle scelte estetiche discutibili, però anche quelle, a guardare con attenzione, sono la conseguenza di scelte fatte in sede di post produzione: il vfx degli occhi brillanti dei vampiri, per esempio, o le sequenze al crepuscolo letteralmente devastate da una color che io non lo chi l’abbia autorizzata e perché.
Giuro che fa rimpiangere la sciatteria anni ’70 di Tobe Hooper. Almeno lì dentro c’era un po’ di cuore, un briciolo di verità.
In ogni caso, anche questo nuovo adattamento non può prescindere da Tobe Hooper, dalla celeberrima sequenza di Danny trasformato in vampiro alla finestra della camera di Mark e dall’aspetto di Barlow che, ricordiamolo, nel romanzo era un classico damerino sulla falsariga di Dracula, ed è diventato un Nosferatu più aggressivo grazie all’intuizione visiva di Hooper.
Se il bambino vampiro che bussa sul vetro nottetempo qui è abbastanza scarico da ogni tensione o paura (anche perché si capisce che tutta la scena è stata ridotta di parecchie manciate di minuti), Barlow, interpretato da Alexander Ward (che Dauberman si porta dietro da Annabelle 3) è forse l’unica cosa davvero buona di tutto il film. Ottimo il trucco, inquietanti e fameliche le movenze. Se nella prima parte del film si vede giustamente poco, nell’ultimo quarto d’ora possiamo ammirarlo in tutto il suo splendore.
Un’altra cosa interessante, e (ma guarda un po’) una deviazione di un certo peso rispetto al romanzo, è l’idea di voler ambientare il confronto finale all’aperto e pure alla luce del tramonto. Se ci si arrivasse con un minimo di investimento nella sorte dei protagonisti, sarebbe una gran bella scena.
Ma forse è soltanto il mio disperato desiderio di salvare qualcosa a farmi parlare così. Sarebbe il caso di tirare fuori una versione estesa, un director’s cut, per poter giudicare il film come doveva essere e non come la Warner lo ha brutalizzato. Chissà se ci verrà mai usata questa cortesia.












Buongiorno Lucia,con il fiato corto,ma ormai siamo quasi arrivati alla fine di questo mese appassionante!. Confesso di non aver mai visto nessun adattamento di Salem’s Lot,mai avuto lo stimolo a farlo.Ma tornando alla penultima challenge di oggi dedicata ad un horror tratto da un romanzo,non ho puntato su un cavallo vincente,anche perche’ a parte me credo,non piace a nessuno,compreso il regista che lo diresse,e che modifico’ pesantemente l’adattamento di suo pugno,funestato dalle aspettative che si portava dietro l’ingombrante nome del suo regista,e dalle tante riscritture,eppure lo trovo un delizioso horror a tinte fiabesche,semplice semplice,ma diretto con gran mestiere,e sequenze di morte notevoli,ho scelto “The Guardian” di William Friedkin!.👋😁
The Guardian è un film molto strano, ma a suo modo bellissimo
Concordo pienamente .🥰
lo adoro pure io .mi piace molto 😍
Non l’ho visto, commento per dire una cosa su King e il romanzo. Io lo sto leggendo proprio in questo periodo e sto incontrando parecchie difficoltà perché lo trovo noioso. Questo adattamento non l’ho ancora visto, anche perché preceduto da una reputazione atroce; però vorrei riflettere un secondo sul problema di adattarlo.
Un’ipotesi è quella che suggerisci tu: un lavoro piuttosto radicale, che modifichi tanto il testo di provenienza. Si può potare e/o cambiare, anche perché al di là del discorso estetico, è un libro piuttosto antiquato nell’approccio a storie e personaggi (come anche tanti altri romanzi di King, anche tra quelli più riusciti).
Al di là di potature e cambiamenti, un lavoro che sarebbe basilare nella sua trasposizione è quello sull’intreccio. Il romanzo di King è rarefatto, ripetitivo, dilata all’inverosimile spazi narrativi creando la sensazione che il romanzo giri su se stesso. A quel punto, anche le buone sequenze di terrore e suspense si perdono nelle maglie larghe di un intreccio che sembra quanto meno un po’ acerbo.
[Poi non so se il problema sia davvero solo la giovane età di King, perché ho avuto la stessa identica sensazione tentando di leggere Cose preziose, che è posteriore. Invece non mi è assolutamente capitato con It, che per quanto lunghissimo è solido sotto questo punto di vista. Fatto sta che c’è qualcosa proprio a livello di scrittura e editing che secondo me non quadra del tutto in Salem’s Lot.]
Quindi ecco, non è facile da adattare perché bisogna essere bravi costruttori di intrecci a prescindere da questo specifico materiale di King, che trasposto letteralmente richiederebbe comunque degli aggiustamenti creativi.
Io non lo rileggo da vent’anni, però mi ricordo più o meno di aver avuto le tue stesse sensazioni, e infatti non è tra i miei romanzi preferiti di King.
È un problema anche di Cose Preziose, che però è più cattivo e quindi, secondo me, ti passa meglio. Quando fa questi intrecci da soap opera nella provincia un po’ si perde; quando invece, come in IT, la soap resta sullo sfondo della trama principale, è più efficace.
Salem Lot per funzionare bene sullo schermo andrebbe proprio riscritto: trasportato così com’è non ha mai funzionato.
E infatti la mia scelta per oggi è proprio l’IT di Muschietti (entrambi i capitoli, ovviamente) 😉 Quanto a Salem’s Lot temo che, per quanto riguarda la sua trasposizione su schermo, il solo tentativo accettabile (pur non filando esattamente tutto liscio, anzi) sia stato quello di Hooper nel 1979. E, a meno appunto di non provare a riscriverlo appositamente, ogni nuova trasposizione rischia di risultare (ogni volta) ancora meno interessante (per non dire peggio) della precedente…
Ammetto di non avere ancora letto il romanzo.. personalmente questa nuova versione mi ha intrattenuto piacevolmente, ma sono evidenti tutte le difficoltà che questo film ha incontrato.
Per il Day 30 il mio film è “Young Sherlock Holmes” (Piramide di Paura).
L’ho rivisto ed è sempre un “wow”, uno dei miei titoli della vita da quando lo scoprii da ragazzino (mi ricordo ancora il trailer per il cinema che davano in TV).
Non è proprio un horror, non completamente. Con gli occhi di una persona molto giovane però gli affondi orrorifici di questo film colpiscono alla grande. Ma è soprattutto la storia che mi ha sempre affascinato, emozionato e commosso. Per me è il “film per ragazzi” più bello di sempre (è soggettivo, ovvio: è che sono felice di segnalarlo). Non è proprio tratto “direttamente” da un romanzo, ma è come se lo fosse e il modo particolare in cui un soggetto letterario viene adattato forse è interessante anche per le considerazioni qui sopra su testo di partenza e trasposizione al cinema.
È poi un film che ti trascina e ti rapisce come una avventura soprannaturale, come una storia di formazione potentissima (con un sacco di cose dentro) con dietro misteri e poteri oscuri e questioni personali da elaborare, come un thriller, come un horror… senza che (SPOILER) ci sia NULLA di davvero soprannaturale. Anzi, sullo sfondo, dietro al “male” emergono cause molto umane, per niente banali (lo sfruttamento degli altri, il colonialismo…). (fine spoiler)
Eppure, alla fine, hai l’impressione di aver viaggiato nell’oscurità e nella magia.
“Tu, Holmes? Cosa farai da grande?”
“Io non voglio rimanere solo.”
Besos!😘
Young Sherlock Holmes ha delle nobili parentele letterarie quindi ci sta tutto nella giornata di oggi, è perfetto!