Nuovi Incubi Halloween Challende Day 25: Red Eye

Regia – Wes Craven (2005)

Il Day 25 è il giorno dell’amore mio, il regista horror che più di tutti gli altri ha avuto un impatto sulla formazione culturale della vostra affezionatissima. Avrei potuto scegliere qualsiasi film non trattato qui sopra nel corso di tutti questi anni o avrei potuto rivederne uno dei miei preferiti, ma invece eccomi qui a parlarvi di un film che non è mai stato tenuto in alta considerazione, sicuramente il meno craveniano tra i film di Craven, almeno per quanto riguarda i temi, girato su commissione per la casa madre della Dimension Film, la famigerata Dreamworks, e capitato proprio nel bel mezzo della tempesta chiamata Cursed, che stava in perenne lavorazione dal 2003 e stava facendo impazzire tutti.
Red Eye costa 26 milioni di dollari e ne incassa un centinaio in tutto il mondo, quindi è un successo al botteghino; inoltre, a differenza della percezione all’interno della bolla horror online, la critica ne parla abbastanza bene. E a ragion veduta, dato che si tratta di un ottimo thriller, teso, avvincente, sempre sulla corda, e forte di una sceneggiatura che funziona come un cronometro.

Red Eye nasce sull’onda della paranoia post 11 settembre: l’horror rielabora il trauma a botte di cannibali, americani in vacanza usati come riserva di organi, e torture inflitte a corpi bellissimi e in forma smagliante; il cinema mainstream va molto più dritto e parla fuori di metafora. Abbiamo quindi un terrorista a bordo di un volo di linea diretto a Miami, ma con un piano molto più complesso rispetto a fare schiantare il velivolo da qualche parte.
Jack, interpretato da Cillian Murphy (su di lui ci torniamo che voglio togliermi un sassolino) abborda in aeroporto la giovane manager di un albergo di Miami, dove andrà a soggiornare il segretario del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti.
Lisa (Rachel McAdams) si ritrova seduta in aereo nel posto accanto a quello dell’affascinante e lievemente sinistro Jack, dopo aver scambiato quattro chiacchiere con lui prima della partenza, e viene presa in ostaggio: se non telefonerà all’albergo dicendo di cambiare stanza al segretario, suo padre che se ne sta sereno e tranquillo a casa, farà una brutta fine.
Seguiranno tentativi vari di Lisa di sfuggire al suo sequestratore, salvare il padre (che è Brian Cox, non uno a caso) e impedire che il segretario e la sua famiglia vengano assassinati. 

Sono un’appassionata (e anche un’addetta ai lavori) di cinema perché, tra le altre cose, mi piace vedere e comprendere il lavoro dei professionisti impiegati nella realizzazione di un film. Quando si parla di grandi film d’autore o, senza arrivare a tanto, di opere con diversi livelli di lettura, a volte si tende a dimenticare proprio il lavoro artigianale e materiale che c’è dietro. Nell’affanno di analizzare un film, vanno perduti la nuda tecnica, gli artifici della messa in scena, i trucchi e i giochi di prestigio che concorrono a dare vita a una scena. 
Red Eye, proprio perché si tratta di un thriller molto asciutto e lineare, permette di godersi un po’ di cinema in purezza, senza orpelli di alcun tipo: economico, contenuto, con pochi ambienti e interazioni estremamente limitate (a parte quando Craven fa saltare per aria il tetto dell’albergo, ma sono dettagli), Red Eye è una macchina che deve correre per ottanta minuti e, se si presta la sufficiente attenzione, la carrozzeria è così trasparente che si riesce a scorgere il funzionamento del motore. 

Craven dirige il primo quarto d’ora come se fosse una commedia romantica e ne rispetta tutti gli appuntamenti, infilandoci sempre, tuttavia, una qualche forma di stonatura. Jack è bellissimo, è spigliato, magnetico, ma non è mai davvero rassicurante, e basta vedere lo sguardo da lui riservato a un tizio che si sta lamentando per il ritardo dell’aereo per capire quanto sotto tutta quella simpatia e quello charme naturale, si nasconda una creatura con molti tratti in comune con un rettile velenoso.
Ma Craven, pur aggiungendo qui e lì qualche piccolo campanello d’allarme, racconta l’incontro tra Jack e Lisa con il ritmo e la leggerezza che potrebbe avere l’incipit di una storia d’amore: lei, donna in carriera sempre al telefono a risolvere i casini combinati da altri, con padre simpatico ma un po’ invadente e collega imbranata ma dolcissima; lui, elegante, gentile, pronto a ergersi in difesa delle assistenti di volo vessate da clienti rompiscatole, sicuro di sé, ma con quel briciolo di goffaggine di chi non è che ci prova con ogni ragazza casualmente avvicinata in aeroporto.
Murphy e McAdams sarebbero una coppia perfetta. Già te li vedi scendere a Miami e continuare per tutto il film a inciampare l’uno nell’altra fino a quando sarà inevitabile per entrambi capire che devono stare insieme.
È un linguaggio cinematografico, quello della commedia romantica un po’ screwball dei primi anni 2000, così riconoscibile che Craven ci sguazza dentro con grande confidenza. E quasi ti viene da rimpiangere che Red Eye debba trasformarsi in un thriller. 

Poi Jack lascia cadere la maschera, l’uomo affascinante sparisce e al suo posto rimane il serpente. A quel punto, l’aereo è decollato e restiamo seduti insieme ai due protagonisti per gran parte del film. Se si esclude una breve sortita nella toilette dell’aereo, non ci si sposta mai dai posti assegnati e tutta la tensione è creata dai dialoghi tra Jack e Lisa, dal montaggio di Lussier (collaboratore fisso di Craven dai tempi di New Nightmare) e dalla precisione con cui Craven mette in scena questa guerra di nervi.
Per la lunga sequenza a bordo del volo diretto in Florida, la produzione si è avvalsa di un set costruito su delle pompe idrauliche per simulare le numerose turbolenze affrontate dall’aereo nel corso del viaggio. Quando vediamo traballare tutto è perché, di fatto, sta traballando tutto, così, tanto per aggiungere un ulteriore elemento di disagio a una situazione già di per sé discretamente atroce per la povera Lisa. 
Si capisce presto che Craven non è poi troppo interessato alla macchinazione da fantapolitica, e preferisce concentrarsi sulla relazione tra Lisa e il terrorista. All’apparenza è una questione di soldi e piani ben riusciti, nella sostanza, diventa ogni istante di più un fatto personale. 

Ed è qui che il film meno craveniano della carriera di craven mostra la personalità del regista, nell’intimità con cui il rapporto tra i due viene narrato. Alla fine, si tratta sempre di mettere in scena un uomo nero e la donna eroica destinata a levarlo dal mondo. Murphy somiglia a un Fred Krueger intento a torturare uno dei “suoi” bambini, o a un Billy Loomis divertito di fronte alla presunta ingenuità della vittima da lui designata. Fino a quando smette di divertirsi, smette di essere sornione e compiaciuto e diventa sempre più arrabbiato, inferocito, quasi oltraggiato dal fatto che Lisa non sia passiva come si era aspettato. 
Lisa, dal canto suo, è la tipica figura femminile del cinema di Craven: è guidata non tanto dal desiderio di rivalsa o vendetta, ma da un codice etico ferreo e coerente. Come accade spesso quando parliamo di Craven, lo scontro è tra due concezioni del mondo opposte e destinate a collidere. 
Sarà anche su commissione, sarà un film minore, sarà una roba fatta per distrarsi dallo scompiglio causato da Cursed e per mantenere buoni rapporti con la Dimension e la Miramax, ma che gioia da guardare che è, questo Red Eye. 
Ultima postilla per togliermi il famoso sassolino: quando Cillian Murphy lesse la sceneggiatura, era così desideroso di fare il film che si precipitò a Hollywood dalla Gran Bretagna per pranzare con Craven, mollando i preparativi per il suo matrimonio che sarebbe stato due giorni dopo. Ai tempi, Murphy non era un divo; aveva finito da poco Batman Begins e credo che Red Eye gli servisse. Oggi va dicendo in giro che non è un bel film con un’arietta di superiorità da sberle in faccia di diritto e rovescio. È proprio vero che, a forza di frequentare Nolan, si diventa stronzi. 

10 commenti

  1. Avatar di Frank La Strega

    Grande Red Eye! Ho dovuto vederlo due volte per apprezzarlo. Dovevo togliermi un po’ di aspettative fuori fuoco, fare meno lo snob e lasciarmi andare davvero. Infatti, bello!

    Il mio Craven per il Day 25 è sempre quel film un po’ (molto?) sfigato, che è diventato uno dei miei preferiti suoi: My Soul To Take. Mi capita talvolta di vedere e rivedere un film, di aver voglia periodicamente di ritornarci e non sempre i motivi mi sono chiari: semplicemente “funziona”. Mi capita anche in questo caso.

    Per me è sempre figo leggerti quando scrivi di Craven. Quindi… di più! 😉

    Besos! 😘

    1. Avatar di Lucia

      My Soul to Take era la seconda scelta. Poi alla fine ha prevalso Red Eye perché proprio non ne parla nessuno e mi sembrava gentile ricordare che esiste e funziona molto bene.

  2. Avatar di Fabio

    Buongiorno lucia,per la challenge di oggi dedicata a Wes,mi sono rivisto “Il Serpente E L’Arcobaleno”.👋😁

    1. Avatar di Lucia

      Che è uno dei Craven migliori del periodo anni ’80

  3. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    Sì, decisamente frequentare Nolan può avere degli effetti negativi sull’ego (laddove sarebbe meglio ricordare con gratitudine chi ti ha dato una mano quando grande star ancora non eri) … La mia scelta Craveniana per oggi è un TV movie ingiustamente poco ricordato, e cioè Sonno di Ghiaccio.

    1. Avatar di Lucia

      Vero, non se lo ricorda nessuno, eppure anche nel formato televisivo, è un gran bell’horror

  4. Avatar di L

    Faccio outing: di Craven ho visto relativamente poco, e non mi è mai davvero piaciuto nulla. Questo l’ho sempre evitato un po’ per la trama che mi attirava poco, un po’ forse perchè ero convinto fosse collegato al film coreano omonimo uscito qualche anno prima. Che però in effetti era ambientato su un treno, e aveva tutt’altro sviluppo. Cosa non sto capendo? Cosa dovrei recuperare di Craven, secondo te, per apprezzarlo?

    1. Avatar di Lucia

      Beh, dipende da cosa hai visto. Se hai già visto i classici tipo i vari Scream e il primo Nightmare, non credo possano piacerti gli altri film di Craven.

  5. Avatar di loscalzo1979

    Non lo vidi al cinema e mi sono pentito: ottimo Thriller e un Murphy che ho capito fosse una merda quasi dal primo minuto che appare.

    Craven sempre una garanzia.