Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 21: Fall

Regia – Scott Mann (2022)

Nutro un particolare affetto per tutti quei film che limitano fortemente gli spazi nei quali si svolgono. A volte, soprattutto se non si ha a disposizione una grossa cifra di budget, è una mossa utile, ma utile non significa facile, per niente. Il Day 21 della challenge richiede proprio di parlare di un horror ambientato in una singola location. Ne ho approfittato per recuperare Fall, che mi era proprio passato sotto al radar due anni fa, quando è uscito, forse perché non mi ha retto il cuore, data la mia proverbiale paura per le altezze.
Fall, a parte un prologo la cui ragion d’essere tutt’ora mi sfugge, si svolge interamente su una minuscola piattaforma di metallo in cima a una torre alta 1700 metri. Lo spazio è quindi allo stesso tempo sconfinato e ridottissimo: sconfinato perché la suddetta torre, un’antenna per le telecomunicazioni dismessa, si trova nel bel mezzo del deserto del Mojave, ridottissimo perché le due protagoniste non possono muoversi se non di pochi centimetri, a meno di non voler finire spiaccicate al suolo. 

Prima di addentrarci nei meandri della complessissima trama di Fall, chiariamo un dettaglio importante: il film non è girato in studio col green screen. La troupe è andata davvero nel deserto e ha costruito una torre finta, non a 1700 metri da terra, ma a una trentina. La torre è stata poi piazzata in cima a una montagna per dare l’illusione di trovarsi molto più in alto. Le riprese sono state un’impresa ardua, anche perché le due attrici, Grace Caroline Currey e Virginia Gardner, hanno eseguito i numerosi stunt personalmente.
Per farla il più breve possibile, Fall è molto simile al caro, vecchio Frozen, con la torre al posto della funivia, gli avvoltoi al posto dei lupi, e il sole spietato del deserto al posto del gelo della neve.
La differenza principale sta nel fatto che finire bloccati su una funivia, per quanto improbabile, può accadere; nello specifico, il film di Adam Green racconta di un enorme errore di distrazione da parte dello staff dell’impianto sciistico dove si trovano in vacanza gli sventurati protagonisti. Per finire in cima a un’antenna ti ci devi impegnare sul serio.
E infatti le nostre Becky e Shiloh si impegnano tantissimo. 

Ora ci tocca davvero parlare della trama del film, che rappresenta uno dei peggiori esempi di idiot plot mai messi in scena e, oltre a essere catastroficamente imbecille, è anche di una noia mortale. 
Becky è una giovane donna appassionata di sport estremi, passatempo che svolge insieme al marito e alla migliore amica Shiloh. Un bel giorno, mentre i tre stanno scalando una montagna a mani nude, il marito cade e muore.
Passa un anno e Becky è distrutta dal dolore, non parla con nessuno, ha tagliato i ponti con il padre e anche con la compagna di tante avventure Shiloh, che si presenta alla sua porta una sera proponendole di andare a spargere le ceneri del defunto consorte in cima a questa torre. 
Le due partono alla volta del deserto, affrontano la scalata, arrivano in cima, si scattano i selfie di rito (Shiloh è una influencer) e, quando arriva il momento di tornare a terra, la scaletta che collega il predellino dove si trovano le due ragazze alla parte più bassa della torre si rompe, lasciandole bloccate lì sopra. 
A quel punto, comincia il film. 

Bisogna essere forti e coraggiosi per guardar Fall, ma soprattutto bisogna avere pazienza e un’alta soglie di sopportazione alle stronzate, perché i primi venti minuti sono un prezzo molto alto da pagare per l’ora e passa successiva. Sì, Fall dura oltre 100 minuti, ne poteva durare benissimo 30 in meno e non si sarebbe lamentato nessuno. Va dato comunque atto al regista Scott Mann di aver sprecato un tempo relativamente breve con l’introduzione e di essersi attestato in cima alla torre senza scendere mai, neanche per ammorbarci con degli eventuali flashback, per tutto il resto del film.
E vi assicuro che, una volta lì sopra, Fall non sbaglia niente. È un film la cui resa si deve interamente al lato visivo e alla bravura delle due attrici che vendono molto bene il terrore, la disperazione, il senso di profondo smarrimento e la tensione insopportabile di trovarsi al di là di ogni possibile salvezza. Per come si mettono le cose, tanto varrebbe essere nello spazio profondo. Non cambierebbe niente.
Quando, dopo qualche ora, la speranza che qualcuno le veda e venga ad aiutarle tramonta, quando i vari tentativi di comunicare con la terra vanno a vuoto uno dietro l’altro, il peso della tragedia che le ha colpite diventa davvero insostenibile, e te ne importa anche poco che se la siano andata a cercare come nel più scemo e improbabile degli horror di serie Z. Sei troppo preso a mangiarti le mani e a non vomitare per inveire contro le due poverette. 

Qui sopra abbiamo detto centinaia di volte che la paura è una faccenda soggettiva, quindi magari fate parte di quella categoria umana di pazzi a cui piace lanciarsi col paracadute o scalare gli edifici più alti del mondo per poi penzolare nel vuoto, e Fall non vi sposta di un millimetro. 
A me ha dato la nausea, e non solo quando o Becky o Shiloh tentavano a turno di scendere o di andare a recuperare lo zaino con dentro il drone per telecomandarlo verso l’agglomerato di case più vicino, ma anche soltanto quando una delle due spostava un piede sulla grata di metallo sospesa sul precipizio. Ho dovuto interrompere un paio di volte perché mi stavo sentendo male. 
Non è il primo film con un’ambientazione e una situazione simile che vedo, ma è sicuramente il più realistico, quello che meglio restituisce l’orrenda sensazione di non avere nulla sotto i nostri piedi. Quando dico realismo non parlo dell’impianto narrativo del film, ma di come la regia sia capace di giocare con la prospettiva per darti la precisa misura di cosa voglia dire stare appollaiata a 1700 metri sopra il livello del suolo. 

Fall subisce una tale metamorfosi da pessimo filmetto a survival a orologeria che persino la sceneggiatura migliora: la relazione tra le due amiche acquisisce uno spessore che prima era assente, il colpo di scena piazzato verso la fine del film, anche se un po’ telefonato, funziona, i dialoghi, che prima erano da denuncia, diventano interessanti e intensi. Può anche darsi che Mann sia così bravo a raccontare la lotta per la sopravvivenza di queste due da non farti più curare della storia in quanto tale, ma non credo. Sono invece sicura che al regista (anche co-sceneggiatore) servisse una scusa a caso per far arrivare sin lì i suoi due personaggi principali, l’abbia pescata a caso da un cilindro e poi abbia dato corpo al suo film una volta sbrigate le formalità. 
Resta comunque un’esperienza incredibile: un film che parte tutto sbagliato, poco interessante, senza tracce di vita intelligente, e poi diventa uno dei migliori survival del XXI secolo. 
Il tutto per la modica cifra di tre milioni di dollari. 

6 commenti

  1. Avatar di Fabio

    Buongiorno Lucia,per la challenge di oggi “Singola Location”,sono stato tentato da varie scelte,alla fine l’ha avuta vinta il francese Eric Valette,per qui ho scelto “Malefique”!.👋😁

  2. Avatar di alessio

    Ancor più che a Frozen lo accosterei a 47 metri. Per la challenge di oggi un film piccolo, imperfetto ma che non mi dispiacque, Shut in (2022).

  3. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    L’ideale, qui, sarebbe una Director’s Cut che tagli o riduca ai minimi termini quell’irritante e ininfluente prologo, per salvare solo ciò che conta davvero (e che per davvero inizia una volta lasciatisi il suddetto prologo alle spalle, appunto)… Per la challenge di oggi scelgo “La Casa Nera” del mai abbastanza compianto e adorabile Wes (Craven).

  4. Avatar di Frank La Strega

    “La Casa Nera”, che filmone!

    Questo “The Fall” mi terrorizza già dalla recensione: l’altitudine mi fa “mancare” le gambe, anche se sto guardando un film…

    Il mio film per il Day 21 è “Distretto 13”, sempre bellissimo!

    Besos! 😘

  5. Avatar di L

    Non è il mio genere, ma alla fine l’ho visto volentieri. La tensione è costante, e l’avvenenza della protagoniste (su cui il film punta abbastanza) aiuta a soprassedere sulla scelta di per se idiota e poco verosimile di scalare una torre arrugginita senza le minime precauzioni. Ovvio che nella stessa situazione me la sarei fatta addosso. Ma da spettatore, l’unico film con un’ambientazione che mi ha davvero messo a disagio fisicamente è stato Sanctum, quella specie di slasher/survivor con gli speleologi. E non era neanche un gran film…

  6. Avatar di loscalzo1979

    Vale la pena un recupero quindi? il tema non mi aveva attirato molto