Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 14: L’Orribile Segreto del Dottor Hichcock

Regia – Riccardo Freda (1962)

Il Day 14 della challenge è tutto per l’horror italiano e io, invece di rispolverare la solita triade Argento, Bava, Fulci, ho pensato di andare a pescare qualcosa di meno scontato, un po’ più nascosto tra le pieghe del tempo. Alla fine, la mia rosa si era ridotta a due titoli: Hanno Cambiato Faccia di Renato Farina e questo; devo ammettere di aver fatto vincere la pigrizia: L’Orribile Segreto del Dottor Hichcock si trova comodo su Prime, dove potete guardarlo anche voi, perché gotico italiano va a braccetto col mese di ottobre quanto e più di Michael Myers e le zucche, se volete l’opinione di una scema. Non esiste nulla che crei un’atmosfera autunnale come un film italiano degli anni ’60, girato a Roma ma con fittizia ambientazione britannica. Se poi c’è Barbara Steele, sappiamo di essere al riparo da ogni male, a casa, sotto la copertina mentre fuori infuria la tempesta.
Gotico è quando Barbara Steele si aggira per i corridoi di una vecchia casa con un candelabro.

Si dà il caso che il secondo horror di Freda (il primo era stato I Vampiri nel 1957) sia proprio un gotico italiano ambientato a Londra ma girato a Villa Perucchetti a Roma, ai Parioli, e che Barbara Steele passi tantissimo tempo a deambulare nei meandri della sinistra magione armata di candelabro.
Come spesso accadeva all’epoca, e quindi avendo la consapevolezza che non c’è niente di sbagliato, si tratta di un riciclo di idee narrative altrui, che per una bizzarra alchimia propria del cinema di genere italiano degli anni ’60 e ’70, finisce per dare vita a una creatura del tutto nuova.
Nel caso specifico, Freda e lo sceneggiatore Ernesto Gastaldi rubacchiano lo spunto a Rebecca di Hitchcock (e lo dichiarano sin dal titolo), ci aggiungono tante suggestioni derivate dal sempre caro Poe e, di loro, ci mettono la scheggia impazzita della necrofilia, presente nel sotto testo in entrambe le fonti di ispirazione, ma qui resa esplicita, tanto da farne il perno cui ruota attorno tutto il film.

Lo stimatissimo dottor Hichcock è in realtà un necrofilo che, per riuscire ad avere dei rapporti sessuali con sua moglie, le deve iniettare un siero di sua invenzione. Il siero “rallenta le funzioni vitali” e crea uno stato comatoso per cui la bella Margaretha diventa simile a un cadavere. Solo che il buon dottore si sbaglia, gliene inietta troppo e lei muore davvero. Inorridito e distrutto, Hichock lascia la clinica dove lavora e la sua casa. Riappare dodici anni dopo, con la nuova moglie Cinthya (la nostra Barbara).
Cinthya si rende subito conto che c’è qualcosa che non va, nella villa di suo marito: è tappezzata di ritratti di Margartha, che Hichcock sembra intenzionato a non rimuovere; la governante, Martha, le è apertamente ostile; il marito la lascia sola spesso e volentieri, sempre impegnato con il lavoro in clinica, e persino il gatto di casa Jezebel (non gli accade niente, tranquilli) la guarda storto. 
Il tutto prende una piega pessima quando la povera Cinthya comincia a sentire una voce che minaccia di ucciderla; di notte, qualcuno cerca di forzare la porta della sua camera e, una sera, la donna trova addirittura un teschio nel suo letto, posato sul cuscino. 
Il dottore la “tranquillizza” dandole della squilibrata, in piena tradizione Gaslight, altro film cui questo si ispira e Cinthya si convince che lui voglia ucciderla. Non ha torto, ovviamente, ma la spiegazione è ancora più atroce e, per l’epoca, scioccante. 

Che, poi anche nell’anno del signore 2024, la bellezza di 62 anni dopo l’uscita del film nelle sale, la necrofilia rimane un tema poco affrontato persino nell’horror contemporaneo. L’Italia ci è tornata più volte, a partire dal celeberrimo Buio Omega e passando per Macabro di Lambertone Bava. Di recente, c’è quella scena in The Neon Demon di Refn, e opere più indipendenti e piccole come Deadgirl e El Cadaver de Ana Fritz. I pezzi grossi del cinema necrofilo sono comunque relegati nell’underground estremo: pensiamo ai Nekromantik o ad Aftermath, il mediometraggio di Nacho Cerdá. Non voglio mettermi qui a fare una filmografia completa degli horror basati su relazioni poco ortodosse con i cadaveri, quindi ci siamo capiti. Prima di Freda, ad aver affrontato, anche se di striscio, questo tabù al era stato Edgar Ulmer con il suo The Black Cat, nel 1934.
Questo per dire che l’argomento era spinoso e che il gotico italiano, negli argomenti spinosi, ci sguazzava dentro.

Se l’uso dei colori, il ritmo, l’ambientazione anglosassone e ottocentesca, i rimandi a nobili padri letterari, sono tutti tratti comuni ai tre grandi filoni gotici degli anni ’60, quello della Hammer, quello di Corman e quello italiano, è soltanto l’ultimo che si lancia con entusiasmo a indagare uno spettro ampio e variegato di perversioni sessuali.
Sì, c’è una componente sensuale in Christopher Lee che interpreta un Dracula belluino intento a sedurre giovani donne molto ben disposte nei suoi confronti, ma è il vampirismo, bellezza, è già di suo una mimesi dell’atto sessuale, ed è fin troppo timida la Hammer nel metterlo in scena. Si potrebbe dire che è quasi accidentale. La Hammer scollacciata, quella con Ingrid Pitt che esce ignuda dalla vasca da bagno mentre attenta alla virtù di Madeline Smith, appartiene a una fase successiva. Dal canto suo, Corman è casto come un chierichetto, almeno nella sua versione gotica.
A partire da La Maschera del Demonio di Bava (ma anche da I Vampiri dello stesso Freda, sempre con Bava in concorso di colpa), quando nasce ufficialmente la stagione del gotico italiano, esso si contraddistingue per una morbosità legata al corpo che difficilmente troviamo altrove. Non si tratta neanche di erotismo, ma di pura perversione, di infrangere i peggiori tabù e di calcarci anche la mano sopra. 

Già vedere il dottor Hichcock che bacia con voluttà la moglie in stato comatoso deve aver fatto venire i sudori freddi alla censura dell’epoca; c’è tuttavia una scena, più o meno a metà film, in cui il rispettabile chirurgo si introduce nell’obitorio dell’ospedale e viene interrotto pochi istanti prima che faccia qualcosa di molto poco conveniente al cadavere di una sua paziente appena deceduta. Non serve mostrarlo, perché è così osceno soltanto il pensiero che ci basta e ci avanza.
La nostra venerata Barbara qui fa un’eroina gotica da manuale, prigioniera nel classico castello minaccioso, alle prese con un marito il cui difetto minore è quello di essere un necrofilo. Figuratevi il resto. Presa per pazza dal primo minuto in cui mette piede in casa, drogata, narcotizzata, sepolta viva e pure appesa a testa in giù nella scena finale. È la quintessenza della mancanza di controllo sulla propria vita, dell’angoscia di essere del tutto in balia di qualcun altro, animato da pessime intenzioni. 
E in effetti, anche se non viene mai detto chiaramente (ma noi sappiamo leggere i film, per fortuna) il forte sospetto è che la necrofilia di Hichcock sia una diretta conseguenza della sua mania di controllare tutto ciò che lo circonda, in primis le donne. Che se sono morte, almeno non parlano e stanno ferme. In questo, L’Orribile Segreto del Dottor Hichcock è un film molto attuale. 

Lo stile è quello cui il gotico italiano ci ha abituati. Nel caso specifico è un Bava in tono minore: zoom a precipizio sul volto terrorizzato di Barbara Steele, colori accesi e caldi, ombre e nebbia dappertutto; manca forse l’estro artistico di Mario Bava, ma anche quello di un Margheriti quando si impegnava sul serio (come in Danza Macabra o I Lunghi Capelli della Morte, sempre con la benemerita Steele), ma c’è una sequenza che ha fatto saltare sul divano la vostra affezionatissima: Cinthya si risveglia nel laboratorio segreto di Hichcock, è paralizzata, sdraiata sullo stesso talamo dove (noi lo sappiamo) il dottore faceva i suoi giochetti con la moglie; Hichcock le si avvicina in una luce che diventa sempre più rossa, mentre il suo volto si distorce fino ad assumere sembianze non umane. Splendida, vale il film, e ci mancherebbe pure, dato che Freda deve aver dato fondo alla scorta di tutte le gelatine rosse presenti a Cinecittà.
Erano un sacco di anni che non rivedevo L’Orribile Segreto del Dottor Hichcock e sono contentissima di averlo fatto per questa challenge. Non è il miglior gotico italiano, ma è comunque la testimonianza di un cinema sfrontato e pericoloso, che abbatteva tabù e convenzioni come fossero birilli. Che bravi che eravamo. 

8 commenti

  1. Avatar di Fabio

    Buongiorno Lucia,per la challenge di ieri “Vacanze Intelligenti” ho recuperato il film “Vacancy” che non avevo mai visto,mentre per la challenge di oggi “Made In Italy” ho un po’ barato,perche’ tecnicamente e’ una co-produzione con gli statunitensi,ma il regista e italianissimo,e con in mezzo il solito zampino dell’epoca del vecchio Dino DeLaurentis,per qui ho puntato a quello che secondo me,e’ il film per eccellenza della saga di Amityville,ho scelto “Amityville Possession” di Damiano Damiani,filmone pazzesco!.👋😁

    1. Avatar di Lucia

      Ma non è affatto barare. Regista italiano, mezza produzione italiana. Amityville Possession è assolutamente nostro!

      1. Avatar di Fabio

        E da andarne decisamente fieri,bellissimo e disturbante!.😱

  2. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    Ah, quella sequenza a illuminazione rossa “gelatinata” è davvero da incubo, concordo 😉 Il mio titolo per la challenge di oggi? Sono indeciso fra passato e presente, con La Notte dei Diavoli di Giorgio Ferroni e Across the River di Lorenzo Bianchini…

  3. Avatar di Andrea Lipparini
    Andrea Lipparini · ·

    Buongiorno Lucia , pensa che non avevo mai visto questo film e poche settimane fa l’ ho recuperato e mi ha veramente conquistato… è un manuale di istruzioni su come girare un gotico, ma l’ atmosfera macabra e sontuosa me lo hanno fatto apprezzare molto.

    1. Avatar di Lucia

      Sì, non è uno dei gotici più conosciuti, ma è estremamente interessante.

  4. Avatar di loscalzo1979

    Non saremo mai abbastanza grati a Barbara Steele già per il solo fatto che esista, altrimenti saremmo qui a sperare che arrivasse una Barbara Steele ancora oggi

  5. Avatar di Frank La Strega

    Film molto figo! Anch’io non lo rivedo da una vita…

    Per il Day 13 vacanziero il mio film è “Sightseers”. Bella botta…

    Per il Day 14 cito un titolo che “non centra”, come aneddoto. Quando ho letto “made in Italy” istintivamente, senza pensarci, mi sono venuti in mente tre film. Non è una cosa razionale, perché poi se ci penso con freddezza posso andare altrove. Sono “La Chiesa” e “Phenomena” (i miei horror italiani preferiti di sempre) e poi, insieme a loro, “La Dolce Vita”. Il mio film di oggi è quest’ultimo. Lo so che, appunto, “non centra”, ma l’effetto su di me forse sì: ricordo di averlo visto pochi anni fa ricavandone un senso di tristezza, angoscia, di “vuoto” che mi ha letteralmente terrorizzato. Molto più di Soavi o Argento. Vai a capire…Se invece “non vale”, allora cito “Il Boia Scarlatto”, una gustosissima e divertente trashata “gotica” (di poco successiva al film del post): castelli, segrete, trappole, torture assortite… L’ho scoperto in uno dei miei teen movie preferiti di sempre (Emo The Musical) quando due teenager in uscita romantica vanno al cinema a vedere che cosa? Il Boia Scarlatto, no? Ovvio… (ma quando mai nella mia triste e divergente giovinezza, sigh…).

    Besos!😘