Hell Hole

Regia – John Adams, Toby Poser (2024)

Sono tornati gli Adams e, quando questa famiglia di scoppiati fa un film, bisogna sempre festeggiare. Questa volta, John e Toby sono da soli, senza Zelda. Alla sceneggiatura troviamo comunque la figlia maggiore Lulu.
Hell Hole va in una direzione molto diversa rispetto sia a Hellbender (ancora il mio preferito) sia a Where the Devil Roams, tanto che sembra quasi un modo per fare un po’ di decompressione emotiva, di trovare un briciolo di leggerezza e tornare a divertirsi. Where the Devil Roams deve essere stato parecchio impegnativo, a tutti i livelli, e capisco perfettamente il desiderio di qualcosa di disimpegnato, frivolo, giocoso.
Abbiamo quindi un classico creature feature che, lungo tutta la sua durata, mantiene un tono quasi da commedia. A tale proposito, Toby Poser ha dei tempi comici da cronometro. 

Ci troviamo in Serbia, dove una compagnia di trivellazione americana, capitanata da Emily (la nostra Toby), trova sepolto nel terreno un uomo ancora vivo, chiuso in una specie di bozzolo molliccio; il poveraccio parla francese e implora di essere ucciso.
Trattasi di un soldato rimasto intrappolato lì dai tempi delle guerre napoleoniche e ospitante un organismo parecchio invasivo e con la sgradevole prerogativa di ingravidare i maschi della specie umana per riprodursi. Non sembra anche a voi delizioso?
Hell Hole potrebbe rientrare tranquillamente nella categoria del cinema degli abissi, anche se il mare non si vede nemmeno in lontananza, perché la nostra adorabile creaturina tentacoloide è un’evoluzione del polpo argonauta. 
Quando il piccolo, ancora in fase di sviluppo, si sente minacciato, fa esplodere il suo ospite riducendolo a una poltiglia sanguinolenta spiaccicata su pavimento e pareti, e si va subito ad attaccare a un altro maschio, stabilendo con il suo corpo un rapporto simbiotico. 

Ora, immaginate la vostra affezionatissima alle prese con una trama del genere. Pare quasi un regalo di compleanno in anticipo. Lo sapete che io ci provo in tutti i modi a fare la donna dai gusti sofisticati, ma poi mi squaglio di fronte a questo tipo esatto di porcheria. Mostri degli abissi, tentacoli, body horror, parassiti, il tutto gestito con lo stile tipico degli Adams, quello sguardo sul mondo stralunato e puro; mezzi poveri, qualche effetto digitale bruttarello che alla fine non disturba neanche troppo, tanto amore e tanta voglia di divertire e divertirsi insieme al proprio pubblico. Forse Hell Hole è il film più accessibile degli Adams, perché è quello meno originale e meno personale, ma resta lo stesso uno spasso e una gioia dal primo all’ultimo minuto. 
A me dispiace, perché ho letto in giro critiche piuttosto feroci e spietate, e magari rimanere un minimo interdetti da questa virata nei territori di un horror più convenzionale è anche plausibile, ma Hell Hole non si merita la vostra cattiveria: è un film confezionato con onestà e consapevolezza.

Non è neanche così tradizionale, se lo si analizza con un minimo di attenzione. Innanzitutto cambia sin dall’inizio il bersaglio dell’infestazione. Di solito le creature (aliene o terrestri, non ha importanza) che, nell’horror e nella fantascienza, decidono di usarci a scopi riproduttivi, hanno come obiettivo principale i corpi femminili; i maschi svolgono la funzione di eroi o di danni collaterali. Qui funziona tutto al contrario, con la protagonista Emily che deve difendere a tutti i costi il nipote e, ancora più interessante, lo scienziato presente sul sito di trivellazione intenzionato a fare in modo che la creatura sopravviva, a scapito della libertà di scelta degli operai contagiati.
Questa volta, il campo di battaglia, organica e ideologica, è quello maschile: viene ripetutamente violato, abusato, trasformato; gli tocca il ruolo passivo di accogliere e incubare il tenerissimo polipetto; non può morire perché l’essere che porta in grembo glielo impedisce e, allo stesso tempo, è sacrificabile in quanto esiste solo per perpetuare la vita altrui. 

C’è un dialogo esilarante tra un operaio, Danko, che ha appena ricevuto il dono della paternità e lo scienziato, che sembra copiato e incollato da una qualsiasi discussione online con un pro-vita a caso.
Danko, disperato, chiede che quell’orrido mostro gli venga estratto dal corpo, mentre l’altro, in piena esaltazione mistica, gli risponde che no, non si può: ormai la sua vita conta meno di quella del simbionte. Deve solo aspettare che arrivi al termine del suo sviluppo ed è certo che andrà tutto bene. 
Emily assiste al teatrino con una stanchezza secolare. Esausta di essere circondata da imbecilli e inetti sin dal primo fotogramma del film, mentre la vicenda procede e le cose assumono una piega ogni secondo più catastrofica, si aggira per il sito con l’aria di chi questi discorsi li ha già sentiti mille volte, e ogni sua occhiata a colleghi e dipendenti sembra dire: “come ci si sente a stare dall’altra parte della barricata?”. 
È un personaggio scritto divinamente, il suo: sempre un po’ defilata, di poche parole e del tutto disinteressata a essere simpatica, ha il vaffanculo facile ed è a tanto così da mollare tutti a vedersela col polpo. Tanto non la riguarda, non è lei il bersaglio, una volta tanto. 

Alla fine, anche Hell Hole, come gli altri film degli Adams, parla a suo modo di maternità; lo fa attraverso una protagonista che di figli non ne ha mai voluti e si ritrova a fare da surrogato materno a una banda di maschi incapaci di trovarsi il culo con due mani. Nipote compreso, al quale vuole un gran bene e fa di tutto per salvaguardare. Ma no, non riscopre con lui l’istinto materno, non diventa una martire disposta al sacrificio. Cerca di salvare la pelle e di non perdere la calma. Ammirevole. 
Hell Hole è un film molto più intelligente e sottile di quanto voglia farci credere; gioca con i grandi classici del genere, a partire da La Cosa di Carpenter (anche lì, erano tutti uomini), senza porti al loro stesso livello, ma accontentandosi di essere un epigono scanzonato e autoironico. 
Secondo me raggiunge pienamente i suoi obiettivi. Gli Adams torneranno di sicuro a realizzare opere più complesse e weird; per ora ringraziamoli di questo confettino di inizio autunno. 

5 commenti

  1. Avatar di Blissard
    Blissard · ·

    Devo essere onesto: non mi aspettavo un film del genere, sono rimasto spiazzato. Ti riporto quanto ho scritto a caldo:

    Gli Adams si concedono un divertissment basato sulla trovata “E se trasformassimo La Cosa e L’Alieno in una sorta di ecovengeance?”. Nonostante un budget leggermente più alto del solito lo stile rimanda più al DIY scalcinato di Knuckle Jack che ai più maturi ultimi tre film, mentre la troupe sembra divertirsi un sacco ma purtroppo tale divertimento non si trasmette appieno allo spettatore, con gag che si prolungano così tanto da diventare quasi inefficaci e scene di raccordo che spezzano il flusso della narrazione.
    Tonalmente disomogeneo ma innegabilmente adorabile per i fan dei b-movies horror degli anni 80, è sicuramente il film meno avventuroso e originale mai concepito dagli Adams ma, pur non essendo irrinunciabile, offre un’ora e mezza di intrattenimento senza pretese.

    1. Avatar di Lucia

      Sì, ma che ti spiazzi è assolutamente logico. Ha spiazzato anche me, soltanto che mi sono davvero divertita a vederlo. È un minore, non ha l’intensità degli altri film. Io sono sicura che lo abbiano fatto proprio allo scopo di alleggerirsi.

      1. Avatar di Giuseppe
        Giuseppe · ·

        Leggendo il titolo del post di oggi per un attimo sono rimasto disorientato a causa della quasi omonimia col polacco Hellhole, dove di atmosfere divertenti non c’è traccia nemmeno per sbaglio, prima di correggermi separando Hell da Hole (e di accorgermi chi fossero i due registi) 😊 Interessante la virata tematica della gravidanza “aliena” tutta al maschile e, fra le varie citazioni, mi sembra di coglierne anche una riguardante l’universo xenomorfo: il modo di comportarsi di questo scienziato, infatti, non ha forse molto in comune con i “colleghi” di una certa Weyland-Yutani del tutto priva di ogni scrupolo morale o etico nei confronti di considera alla stregua di incubatrici umane (e niente altro)? 😉

  2. Avatar di Frank La Strega

    Un “parto” creativo delirante e divertente al punto giusto!!!
    Oggi, tra l’altro, ho (davvero!) uno strano mal di pan…

  3. Avatar di Edo

    Yeah, film divertente e godibile, solo nel paragone e aspettative con i loro precedenti si può restare delusi. (Certo partendo dal presupposto piaccia questo generaccio sporco ghgh)

    Ma i paragoni son sempre una cosa pericolosa per chi li usa per primo, non se ne guadagna nulla. Where the devil roams era altro, ehmbè?