
Regia – Ridley Scott (2012)
Mi sento strana, perché questa è la prima volta che riscrivo un articolo su un film che mi è piaciuto. Ho fatto post riparatori, in cui spiegavo i motivi per cui avevo cambiato idea, ma per quanto riguarda Prometheus, è cambiato davvero poco in tutto questo tempo. Anzi, forse l’ho apprezzato e compreso a un livello più profondo, temo perché nel mentre sono invecchiata e certe tematiche colpiscono con una rilevanza nuova e dolorosa.
Non ho voluto rileggere quello che avevo scritto 12 anni fa; mi imbarazzo molto a vedere quanto era scema la me stessa più giovane, e poi non volevo farmi influenzare. Però mi ricordo come avevo esordito: “Prometheus è un film della Madonna e non rompetemi i coglioni”.
È andata a finire che i coglioni me li hanno rotti, dappertutto, qui sul blog e su ogni social. Vennero persino a rompermeli su Google Plus (ve lo ricordate, Google Plus?).
Da qui la mia teoria che il concetto di fandom ha devastato la cultura popolare.
Ci sono diverse categorie di persone che detestano Prometheus, ma le più irritanti e fastidiose sono due: i difensori delle azioni logiche e intelligenti e i custodi del canone.
I custodi del canone di solito hanno letto i fumetti e pretendono che un film girato nel 2012 dal creatore dei film rispetti alla lettera ogni singolo dettaglio della morfologia e la tassonomia degli xenomorfi, nonché della loro storia intricata e più volte contraddetta nel corso dei decenni. In sintesi, sono simpatici come un nugolo di zanzare che ti assalgono mentre pedali per tornare a casa sul Lungotevere. Vagli a spiegare che il canone di una serie come Alien (e la sua timeline) hanno sempre avuto poco senso perché ai tempi di queste cose poco ci si curava e ci si concentrava soprattutto sulla qualità del singolo film. Insomma, non era il MCU, che per capire un film del 2023 devi esserti sorbito l’intero pappone immondo a partire dal 2008 altrimenti non capisci i riferimenti. Alien non è mai stata una serie televisiva su grande schermo e con questa cosa, prima o poi, dovrete farci pace. Camperete meglio.
Prometheus è sì un prequel, ma solo perché si svolge in un’epoca precedente agli eventi di Alien e più o meno nello stesso universo narrativo. Non è obbligatoria la ferrea coerenza con quanto abbiamo visto 45 anni fa; figuratevi se è obbligatoria la coerenza con le serie a fumetti. Sempre per non farla più lunga del necessario, ci si può godere il film senza il blocchetto degli appunti in mano. Fate la cortesia.
Per l’altra categoria, ho una notizia sconvolgente: l’essere umano è una creatura la cui tendenza principale è buttare tutto in caciara e combinare disastri. Non lo dico io, lo dice la nostra storia, e lo dice anche la vita quotidiana di ogni singola persona sulla faccia della terra. A maggior ragione, quando ci troviamo in circostanze eccezionali, spesso compiamo azioni illogiche; viste dall’esterno, anche sciocche. Funzioniamo così, di fronte all’ignoto, a novità che scardinano il nostro sistema di certezze, a eventi imponderabili, semplicemente scazziamo. Questo non significa indugiare nell’idiot plot come fanno tanti film dell’orrore scadenti, significa dare ai personaggi la possibilità di essere imperfetti.
E, in un film che si basa anche su quanto siamo fallati come specie, l’imperfezione è il minimo che ci possiamo aspettare.
L’androide David è perfetto (anche se pure lì, ci si potrebbe scrivere un libro), nel senso che tutto ciò che fa è destinato a uno scopo preciso e risponde a una logica interna ferrea, che sfugge sia a noi sia agli altri personaggi, proprio perché la sua intelligenza non è umana, nonostante ne rappresenti un’imitazione.
Ci deve essere qualcosa di respingente, per una grande fetta di pubblico, nel sentirsi dire che noi non abbiamo una logica interna; che tutte le domande che ci facciamo sono destinate a restare senza risposta e che esistiamo per una mera casualità, e per la stessa casualità finiremo. E nonostante tutto, è comunque giusto cercarle, queste risposte impossibili. Una missione senza scopo, alla perenne ricerca di uno scopo. Questo è Prometheus, e non lo so, forse è davvero la vecchiaia incipiente, ma è un concetto che ho sentito come intimamente mio.
Capisco tuttavia la sensazione di spaesamento: Prometheus non è Alien! Così dicevano gli spettatori all’epoca. E lo dicono ancora, a imperitura memoria di quanto il film di Scott perduri nel tempo rispetto al ciclo vitale rapidissimo del cinema contemporaneo. Ogni volta che lo si nomina, si accende una discussione. Per i motivi sbagliati, ok, ma non possiamo avere tutto.
E comunque, no, non lo è: dialoga con Alien, ha con esso una relazione complicata e molto stratificata, ma non vuole essere Alien. Forse altri film ci avrebbero raccontato il percorso tramite il quale ci saremmo arrivati, ad Alien, ma non è successo, per motivi che affronteremo la prossima settimana.
Il punto è che il dialogo con Alien non è di tipo narrativo, è di tipo tematico e, passatemi il termine, “filosofico”. Alien, e lo abbiamo detto tante volte nel corso di questa rassegna, è sempre stato anche un pregnancy horror, un film che parla di concepimento, di dare la vita, di nascite traumatiche e, in generale di esistenze altre e non umane, e quindi di sopravvivenza della specie, la nostra o la loro, gli xenomorfi come minaccia esistenziale definitiva. Credo che la vera coerenza dell’operazione si situi proprio nel voler andare alle origini stesse della vita della protagonista, la dottoressa Shaw (una sempre efficacissima Noomi Rapace) e nel desiderio di David di essere, a sua volta, un creatore. Due personaggi, entrambi per ragioni differenti impossibilitati ad avere figli, che si ritrovano prima avversari e poi alleati nel raggiungimento di un medesimo obiettivo, ovvero la comprensione di un universo incomprensibile.
Legato al discorso relativo al concepimento, c’è quello della libertà di scelta sul proprio corpo che, in alcuni di più, in altri meno, è presente comunque in ogni film della saga, e che qui è esplicitato nella sequenza più body horror (e migliore) del film, ovvero l’operazione cui Shaw si sottopone per estirpare la progenie aliena dal suo ventre. Messa lì proprio da David, che si diverte a sperimentare sugli esseri umani come un bambino che smonta i giocattoli.
Prometheus è un film che, in mezzo a un grande spettacolo pirotecnico, ti fa sentire piccolo e smarrito, perché pone delle questioni che riguardano il nucleo stesso del nostro stare al mondo (e in svariati e altri mondi), ma non ha l’arroganza e la sicumera di fornire le risposte, se non una vaga accettazione del posto limitato e infimo che occupiamo nello schema imperscrutabile delle cose. Alien è sempre stato un horror di matrice lovecraftiana, e non per i mostri dalle forme strane, ma perché ha sempre suggerito, sia con la sua estetica estremamente caratterizzata, sia a livello ideologico, la presenza di un qualcosa di enorme e pronto a schiacciarci in ogni istante, indifferente a tutti i nostri goffi tentativi di conquista. Non sono tuttavia, divinità, come non lo sono gli Ingegneri di Prometheus. È tutto un discorso interno alla materia, alla vita che, per dirla usando le parole di un altro grandissimo film: “finds a way”.
Lo fa in maniera tortuosa, irrazionale, niente affatto lineare, senza un disegno preciso (il che contraddice, secondo me in maniera magnifica, il nome stesso che viene dato ai nostri supposti creatori), ma ci riesce sempre, a trovare il modo. E noi non ne siamo che uno dei tanti prodotti. Uno dei tanti, è importante saperlo. Una possibilità che si è realizzata per puro caso.
Da un punto di vista tecnico, davvero, che vi devo dire: è un film di Ridley Scott, lo sapete da soli che è bravo. Lo era a trent’anni, lo è adesso a ottanta suonati. Su Ridley ho già detto tutto quello che avevo da dire.
Però, mi sento di concludere come dodici anni fa: Prometheus è un film della Madonna e non rompetemi i coglioni. Grazie.












Buongiorno Lucia,in merito a “Prometheus”,confesso di non esserne un grande fan,come ho scritto l’ultima volta,sono molto diviso nel giudicarlo,ha indubbiamente delle cose molto belle al suo interno,e di certo sarebbe ridicolo mettere in discussione il talento visivo di Sir Ridley,il mio problema e’ che trovo la scrittura dei personaggi parecchio zoppicante,con l’eccezione della protagonista Noomi Rapace,ma il resto dei personaggi proprio no,per quello do la colpa a Lindelof,che non ho mai retto piu’ di tanto,ma per il resto il fascino c’e’!.
Lindelof ha fatto qualche casino, su questo non c’è dubbio. Ne fa sempre.
Per quanto riguarda la questione dell’ipotetico canone,ho avuto un’illuminazione,o meglio un pindarico volo di immaginazione che ho fatto da me,e’ se questi nuovi film come gli ultimi degli X-Men,fossero in realta’ dei reebot mascherati da prequel?,potrebbe essere che Ridley volesse slegarsi dalla saga,e fare tabula rasa,rifacendola da capo totalmente a modo suo,tenendo gli Xenomorfi piu’ sullo sfondo,e’ spostare maggiormente il focus narrativo sull’androide David?. Forse sono solo mie pippe mentali,ma non sarebbe poi cosi impossibile che l’abbiano presentato al pubblico come prequel per renderlo piu’ spendibile,o forse no e sono uno scemo,ma di certo vederlo come fosse un reebot della saga,me lo fa’ godere molto meglio,va’ concludo il mio atroce papiro lunghissimo,ciao Lucia!👋😁
Ma guarda, ci ho pensato anche io che fosse una sorta di soft reboot. Solo che poi Scott si è spaventato dalle reazioni su Twitter e non sapremo mai cosa avrebbe voluto fare sul serio.
“Il senso della vita è la vita e il fine della vita è la fine” Padre Florestano Pizzarro
Immagini di una bellezza incredibile; ogni immagine contiene un ulteriore universo narrativo al suo interno. Questa è la narrazione per come la intendo, questo dovrebbe essere il cinema. Scott ci regala immagini forse anche più belle in Covenant, che però non ha questa carica evocativa. Come abbiamo detto più volte, il tratto distintivo della saga di Alien è l’originalità della visione di ciascun film. Ecco che tutti i ragionamenti sul rispetto del canone (assoluto, mi raccomando!) non possono che venir meno. L’idea di andare indietro di decenni rispetto ai fatti raccontati nel primo Alien e (ri)costruire la mitologia della saga era la più coraggiosa. Scott ha diretto Prometheus a 75 anni, e Covenant a 80. Che altro dire? Applausi.
Peccato solo che poi abbia fatto marcia indietro. Io Covenant non lo rivedo da quando è uscito in sala. Me lo ricordo comunque bellissimo e anche terribilmente nichilista.
Sicuramente meglio questo che il sequel, questo lo rivedrei volentieri ^^
Più che altro a parte il tema, il film non ha molto a che vedere col resto della saga. Sembra quasi che Scott volesse fare film scifi e ha usato il marchio per vendere
Io ricordo cos’avevi scritto un dodicennio fa, e ricordo cos’avevo scritto pure io 😉 Opinioni, le mie, rimaste sostanzialmente invariate nel tempo, compresa la mia scarsa tolleranza a personaggi come quell’enorme coglione di Fifield (di suo, molto meno giustificabile negli atteggiamenti rispetto al già imprudente e sfortunato biologo) e “autori” che se la tirano come Lindelof, senza il cui non indispensabile apporto la storia avrebbe evitato del tutto certi passaggi un tantino scricchiolanti, credo. Quello che mi attirava assai, ai tempi, era il tentativo di allargare la mitologia aliena senza minarne davvero le basi di fondo, per come la vedevo io: gli Ingegneri potevano anche aver creato gli xenomorfi, oppure essersi imbattuti in loro cercando poi di plasmarne le forme e tentare di dominarli con le loro iper-avanzate conoscenze genetiche. In entrambi i casi, si sarebbe trattato di eventi antichissimi non in (reale) conflitto con quanto visto e letto prima in quell’universo narrativo. Peccato si sia poi scelta una strada differente…
P.S. Il rapporto fra fumetti e cinema, qui? Amica mia, tocchi un nervo scoperto per un lettore alieno di vecchia data come me: se sul parossismo “multimediale” del MCU/Disney concordo al cento per cento, per il nostro caso continuo a essere convinto che ci possa e ci debba essere una via di mezzo fra l’inutile adesione a un presunto canone esistente solo nella testa di determinati fan e il fregarsene (da parte cinematografica) ogni volta di tutto quanto prodotto fino a quel momento (in ambito fumettistico. In fin dei conti fra un film e l’altro i fumetti rivestono un ruolo importante nel “tenere in caldo” il franchise, e provare a tenerne in conto di tanto in tanto non farebbe poi male 😉
Ma io non ne sono così convinta. E non perché penso che i fumetti siano inferiori, ma perché sono media differenti, e possono raccontare universi differenti, pur usando gli stessi personaggi. Non credo che ci debba essere una coerenza tra tutte le forme narrative a disposizione del lettore e spettatore. Credo anzi che le cose possano convivere tranquillamente tra loro.
Sul fatto che possano convivere tra loro sono d’accordo, ovviamente, ma secondo me un minimo di “dialogo” multimediale potrebbe arricchire comunque le parti in causa (niente a che vedere col “dittatoriale” modello Marvel, sia chiaro) a prescindere dalle loro intrinseche differenze…
Ho letto questo post e anche quello che scrivesti 12 anni fa (come passa veloce il tempo…), e mi sono piaciuti entrambi; mi piaceva la Lucia emo e idiosincratica del 2012 e mi piace quella più matura e riflessiva odierna.
Ma grazie. Io mi imbarazzo tantissimo invece, a rileggermi. Ma questo anche a prescindere dall’età del post in questione. Neanche quelli che ho scritto l’altro ieri rileggo!
Prometheus non mi è dispiaciuto, anche perché essendo a suo modo una “Origin Story”, poteva starci che le cose sugli xenomorfi come le conoscevamo, fossero diverse (e in 45 anni, hai voglia se può evolversi una specie), Covenant con quel reset da “no tranquilli, è tutto come volete voi fan” mi ha decisamente lasciato perplesso di più (ma più per cose illogiche di sceneggiatura che per la trama in se).
Il giorno in cui il film uscì in sala mi presi il pomeriggio libero dall’ufficio e andai al The Space alle 15.30 di pomeriggio per guardarmelo subito w pure in 3D. La prima visione mi annientò. L’aspetto visivo era ed è qualcosa di fuori scala da tanto è epico, glaciale e curato. Uscito e rientrato in una sala dove lo proiettavano normalmente e l’impatto fu devastante ugualmente, con in più che non venedo distratto dal lato estetico, apprezzai pure il racconto. Niente da dire, a chi mi prende in giro per via dello scienziato che invece di scappare si mette a giocare con la creatura, chiedo cosa ne pensa del casino di Star Lord in Infinity War e ottengo mutismo e rassegnazione.
Mannaggia, io il film lo adoro, ma quella scena che hai citato (scienziato che invece di scappare si mette a giocare con la creatura) mi ha davvero imbarazzato. Naturalmente spero che salti fuori qualcuno a convincermi che invece aveva senso, magari mi libero da sto “trauma”. Voglio dire, un approccio del genere può andar bene in un film tipo “Life – non oltrepassare il limite”, quando ancora gli spettatori “non sanno” che l’alieno e cattivo, ma vederla proposta in un film imparentato con una saga tanto conosciuta fa tanto Mel Brooks (che adoro) fuori contesto, e sa di presa in giro per chi guarda… Purtroppo non posso cogliere il tuo riferimento a Infinity war perchè personalmente quei film non sono il mio genere e al massimo ne vedo mezzo giusto per cultura…
Tanto per essere chiari: per me Prometeus e Covenant sono delle bombe.