The Watchers

Regia – Ishana Shyamalan (2024)

Sembra che l’ultima settimana di questo blog (parentesi Aliens esclusa) sia dedicata a difendere film che vengono trattati maluccio. E va bene che ormai il discorso critico, soprattutto online, è polarizzato tra capolavori immortali e oscenità innominabili, mentre tutto ciò che sta nel mezzo cade nel dimenticatoio, però il cosiddetto prodotto medio esiste ancora, e anzi, la maggioranza di film in uscita ogni anno consiste proprio di prodotti medi. Sono sempre stati e saranno l’ossatura dell’industria. I film da 3 stellette su Letterboxd, tanto per capirci. The Watchers, esordio della ventiquattrenne Ishana Shyamalan, è un film di quella categoria.
Non mi aspetto di assistere a un capolavoro ogni volta in cui metto piede in sala; il più delle volte, al contrario, spero solo di divertirmi per un paio d’ore, ed è esattamente ciò che mi è successo guardando The Watchers. Vi dirò, alla fine mi sono pure un po’ commossa, perché è un film tenerissimo e con tanto cuore, tutto al posto giusto. 

Come tutti i “figli di”, Ishana ha gli occhi puntati addosso e viene giudicata con una severità maggiore rispetto a un’esordiente sua coetanea che non ha la (s)fortuna di avere un padre regista. Come ho già detto qualche giorno fa parlando della famiglia Cronenberg, è verissimo che in certe circostanze si è avvantaggiati: The Watchers è stato finanziato in maniera indipendente da M. Night Shyamalan e poi venduto alla Warner già bello pronto e confezionato; io, che ho lavorato come montatrice a qualche film autofinanziato, conosco la differenza tra avere a disposizione 16 milioni di dollari e averne zero. O meglio, non posso neanche immaginare cosa significhi avere un budget superiore a zero, avere Dakota Fanning, Georgina Campbell, Olwen Fouéré e John Lynch nel cast, e gente con tantissima esperienza alle spalle in tutti i reparti tecnici e artistici. Solo per dirne uno: il montatore del film è quello di Paul Verhoeven, non so se rendo.
Tutta questa roba ha un nome e si chiama privilegio, ma mi interessa il giusto: credo sia normale, quando nasci immersa nel cinema, voler fare cinema a tua volta. Non c’è niente di male e niente di sbagliato. The Watchers non è un “vanity project”, è un esordio di una giovane regista che dimostra di avere già uno stile proprio e delle idee chiare sulla messa in scena e sulla direzione degli attori. Poi sì, c’è qualcosa da registrare nel reparto coerenza narrativa, ma ci si può lavorare a maturità artistica acquisita.
Anzi, se c’è qualche regista che mi vuole adottare, io qua sto. 

The Watchers è tratto dal romanzo omonimo di A. M. Shine, che io non ho letto e non credo sia stato ancora tradotto nella nostra lingua; è classificato come horror gotico, ma il film di horror non ne ha moltissimo. È più un fantasy con le radici ben piantate nel folklore irlandese e con qualche elemento un po’ inquietante. 
Racconta della giovane Mina (Dakota Fanning) che si perde, insieme al pappagallo che è stata incaricata di portare in uno zoo, in una foresta. Quando cala il buio, si rifugia in una casa dove ci sono altre tre persone, che pare vivano lì da parecchi mesi; una delle pareti della casa è occupata da un’enorme vetrata a specchio. Mina viene informata che, ogni notte, degli esseri si radunano all’esterno per osservare le persone. Se si esce dalla casa dopo il tramonto, si muore; è impossibile lasciare la foresta perché i suoi confini sono distanti più di un giorno di cammino; il bosco è disseminato dalle tane di queste misteriose creature ed entrarvi le farà arrabbiare. 
C’è poco altro da raccontare senza fare spoiler: Mina e gli altri sono prigionieri degli osservatori, devono trovare un modo per andarsene e, nel mentre, sopravvivere. 

Per chi si stesse chiedendo se Ishana Shyamalan ricalca lo stile e le tematiche paterne, la risposta è no: The Watcher è un film abbastanza lineare, che mette il suo gruppo di protagonisti in una situazione paradossale, ma non ha complessi colpi di scena o architetture narrative contorte. Si presenta sin dal prologo come una vicenda soprannaturale e fantastica, non mette mai in dubbio l’esistenza delle creature, ma costruisce il mistero intorno alla loro natura: cosa sono, cosa vogliono, perché tengono sotto perenne osservazione la gente. Neppure, a dire la verità, risponde in maniera esaustiva a tutti i quesiti e, non so se per un problema legato alla fonte letteraria o alla sceneggiatura, dal momento in cui si comincia ad andare un po’ a fondo, il racconto diventa farraginoso e con qualche inceppamento nel reparto sospensione dell’incredulità. 
Ma, anche qui, non la trovo una cosa di particolare rilevanza: parlando di folklore, non è un obbligo essere sempre coerenti e inattaccabili. Sono storie tramandate, non deve tornare tutto come se si trattasse di un gioco a incastro. Non avendo neanche ereditato dal padre l’atteggiamento messianico, è evidente che Shyamalan si stia divertendo a giocare con gli elementi fiabeschi e mitologici, e che le servano per mettere in scena il percorso di crescita e redenzione di Mina, che ha un trauma ingombrante nel passato e qualche magagna da risolvere nel presente. 

A tale proposito, tutta la scenografia e i temi estetici ricorrenti a base di specchi, di immagini riflesse e di doppi, tornano utili alla regista e sceneggiatrice per approfondire la personalità frammentata di Mina, e per far vedere quanto è brava con la macchina da presa. Perché va bene essere figlia d’arte e privilegiata, ma certe inquadrature non ti escono fuori per diritto divino, le devi pensare e mettere in pratica, e Ishana Shyamalan ha un occhio miracoloso e una capacità di sintesi nello sguardo che non diresti mai appartenere a un’esordiente così giovane. Shyamalan non si lancia in evoluzioni poi tanto complicate, non fa sfoggio di tecnicismi vari, non fa “sentire” troppo la camera, insomma. È semplice, è diretta, è essenziale, ma con un gusto sopraffino. 
Possiede persino un certo senso dell’umorismo, che deve essere una sorta di meccanismo di difesa di chi nasce in una famiglia che ne è priva, come anche nel caso di Caitlin Cronenberg. 
Ma battute di dubbio gusto sulle povere figlie femmine a parte, non abbiate paura di andare a vedere The Watchers e trovarvi davanti una brutta copia del cinema di Shyamalan, perché non è così. 

Devo ammettere di essere di parte, nel caso di Ishana: mi piacciono le registe giovani e con l’audacia di lanciarsi al loro debutto in progetti ambiziosi e grandi. Per quanto The Watchers si svolga in un’ambientazione contenuta, affronta ugualmente una narrazione di ampio respiro, che tocca tanti temi differenti, presenta personaggi complessi e con tanti strati e non ha alcuna paura di mostrarsi sentimentale e commovente, di partecipare al dolore dei protagonisti, di comprenderne a fondo le ragioni, di non operare una divisione netta tra bene e male. Non importa se ogni tanto si perde. 
È un film sicuramente difettoso, ma sentito e realizzato con grandi cura e sincerità. 
Non siate spietati, non se lo merita affatto. 

3 commenti

  1. questo film è semplice, ma concordo con te: è carino e si lascia guardare 🙂

    1. Giuseppe · · Rispondi

      Io non ne ho la minima intenzione di essere spietato con lei, stanne certa 😉 Giovane figlia d’arte, opta sacrosantamente per un proprio stile personale e che non la riduca alla stregua di semplice “fotocopia” del modus operandi paterno (pur se mi ci gioco la camicia sul fatto che la carta della “brutta copia del cinema di Shyamalan” la tireranno fuori in molti, temo)…

      1. Giuseppe · · Rispondi

        Non capisco bene il perché, ma WordPress mi ha piazzato il commento proprio sotto quello di Austin…

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