The Strangers: Chapter 1

Regia – Renny Harlin (2024)

Ogni volta che Harlin torna dietro la macchina da presa, il mio cuore festeggia. Immaginate i botti di capodanno quando ho saputo che avrebbe diretto la nuova trilogia di The Strangers. Ora, il mio Renny non è il più fortunato della nidiata di registi horror che allieta le mie giornate, quindi il timore era che magari gli avrebbero fatto fare il primo film e poi tutto sarebbe andato in vacca come nel recente caso de L’Esorcista (che però ha avuto un lieto fine, non so se sapete). Ma qui le condizioni erano ideali: i tre film sarebbero stati girati in contemporanea e poi distribuiti a intervalli regolari. Non c’erano pericoli: Harlin la trilogia l’avrebbe fatta in ogni caso. Alla faccia di chi gli vuole male.
Il primo capito è uscito a metà maggio negli USA e ha incassato 25 milioni di dollari, a fronte di un costo di 8,5. Ciò sta a significare che la Lions Gate ha recuperato il budget dei tre film in una botta sola. Bravo Renny, così si fa.

Di The Strangers: Chapter 1 ne ho letto peste, corna e vituperio un po’ dappertutto. C’è un tale senso di fastidio nei confronti di questo film, in particolare nella community horror d’oltreoceano, che mi ha lasciata perplessa: di solito parlano bene di qualsiasi cosa. Ho avuto la non proprio piacevole sensazione di essere tornata nel 2008, che poi è perfettamente in linea con tutta l’operazione “Nuova Trilogia di The Strangers”. Intendiamoci, a me va benissimo che si risvegli un briciolo di spirito critico, di solito attivo soltanto quando si parla di Jason Blum e delle cantonate, numerose, che prende. Però io vedo lodare cose che fanno cadere le ovaie per terra dopo quindici minuti di visione, e poi prendere a ceffoni un home invasion di media fattura come questo e non capisco. 
E quindi ho fatto una cosa, una double feature con il film di Harlin e quello di Bertino, tenendo ben presente un dettaglio che forse viene trascurato perché si ha la memoria cortissima: quando The Strangers è uscito, è stato preso, anche lui, a ceffoni a destra e a sinistra, nonché bollato come una brutta copia di Funny Games, con il quale, che ve lo dico a fare, non c’entra assolutamente nulla. 

In circa 12 anni di vita sul blog ho imparato una lezione fondamentale: non esiste alcuna forma di giudizio oggettivo in merito a un film. Molto spesso si va a simpatie. Se un regista mi sta simpatico e mi piace, gli perdono qualunque cosa. Di conseguenza, se qualcuno mi viene a dire: “Ah, tu parli bene di The Strangers: Chapter 1 solo perché Harlin ti sta simpatico”, gli rispondo: “Certo che sì, passiamo alla prossima epifania e scoperta sensazionale”.
Solo che io Harlin non lo conosco. Non è che mi sta simpatico umanamente (anche se, con quella faccetta, come fate a non volergli bene, io non lo so); mi piace come lavora, con tutta la consapevolezza dei suoi limiti, tipo che non è proprio un maestro di raffinatezza e che non va per il sottile. Quando mi siedo per vedere un film di Harlin so cosa aspettarmi. Questa è la versione di Harlin di The Strangers, tutta azione e dinamismo, tutta uno sfoggio di muscoli e invenzioni visive, spesso atte a coprire il vuoto cosmico della sceneggiatura che sta mettendo in scena.

È stato istruttivo rivedere i due film, quello del 2008 e questo del 2024, uno dietro l’altro, perché ci si rende di quanto siano diversi, nonostante The Strangers: Chapter 1 sia niente altro che un remake dell’originale, al quale è stata data una mano di vernice. Se, appunto, non fossimo nel 2024, direi che gli è stato somministrato il trattamento Platinum Dunes.
Entrambi sono film a basso costo, ma quello di Bertino era soprattutto macchina a mano e pedalare, mentre Harlin compone alcune sequenze molto più elaborate e allestisce un paio di spaventacchi eccellenti, vedasi la scena nel capanno con la luce dell’accendino. 
Il problema non è lo stile di Harlin, il problema è che The Strangers: Chapter 1 è stato scritto in maniera tale da sgonfiare le caratteristiche che hanno fatto grande il film di Bertino; la partecipazione emotiva è variabile a seconda delle premesse, o meglio, a seconda del punto in cui si trovano i personaggi all’inizio del film. 
Kristen e James, nel 2008, arrivavano nella casa che poi sarebbe stata violata in seguito a una proposta di matrimonio finita malissimo; Maya e Jeff ci arrivano da coppietta perfetta e felice, come ne abbiamo trovate a centinaia nel cinema horror americano: due ragazzotti bellocci e  generici fino ai limiti del possibile. 

Bertino è un regista molto in gamba, ma è anche uno sceneggiatore intelligente: esordisce con un brutale home invasion che dura meno di 90 minuti, titoli di coda compresi. Non ha il tempo di approfondire troppo i suoi due protagonisti e ha, al contrario, la necessità di far entrare in azione i tre assassini mascherati il prima possibile, quindi cosa fa? Dà spessore alla coppia mostrandocela in un momento di crisi e in pochissimi minuti, ci dice tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere. Togli questo, all’apparenza, minuscolo tassello dal mosaico di The Strangers e crolla tutto. 
Harlin si limita quindi a fare ciò che lo contraddistingue: correre. E, a mio parere, lo fa benissimo e non potremmo chiedergli di più. The Strangers: Chapter 1 intrattiene a dovere, ti fa prendere un bel po’ di colpi a tradimento, dà molto più spazio alle tre maschere rispetto al capostipite e riesce sempre a rendere la presenza di questi tre individui minacciosa e a sottolinearne l’assoluta e giocosa indifferenza. 

Sono curiosa di vedere cosa combineranno con gli altri due film, perché adesso la copia del primo l’abbiamo fatta e possiamo procedere con un po’ di libertà in più. Di certo, Harlin alla regia continuerà a correre, a far girare la sua macchina da presa come una trottola, a far emergere figure dal buio, a farci saltare sulla sedia e a farci divertire.
È un gran film? No. The Strangers era un gran film, ma Bertino è un autore, Harlin è un bravo esecutore che fa il suo e se ne torna a casa senza pensarci più di tanto. So che magari non vi basta e nessuno dice che vi debba bastare, ma i ceffoni, quelli no.

3 commenti

  1. Sì, Bertino è un (grande) autore mentre Harlin come esecutore poco può apparecchiare con una sceneggiatura inesistente. Noioso, in gran parte privo di atmosfera, purtroppo lento (e qui è un difetto), situazioni al limite del ridicolo da sfiorare l’involontaria comicità; e per quanto mi riguarda, neanche uno spavento (io, che più il tempo passa e più facilmente mi spavento, tra l’altro). Spero in qualcosa di meglio col capitolo 2.

  2. Valerio · · Rispondi

    Ho visto Spy da bambino, e ricordo come fosse ieri l’esperienza. Poi ho visto Die Hard 2, Cliffhanger e soprattutto Blu profondo da adolescente. Quindi sì, aggiungo il mio nome alla lista dell’affetto per Harlin. Su questo film preferisco sospendere il giudizio finché non avrò visto tutti e tre i capitoli, ma condivido largamente quello che hai scritto.

    1. Va valutato sicuramente insieme agli altri, aspettando che arrivi almeno il secondo. Tanto li faranno uscire a brevissima distanza l’uno dall’altro. Attendiamo fiduciosi.

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