NAGA

Regia – Meshal Al Jaser (2023)

Per cominciare bene la settimana, che ne dite di 113 minuti di attacco d’ansia dall’Arabia Saudita? NAGA, esordio alla regia di un regista giovanissimo, praticamente un poppante, è disponibile su Netflix, piattaforma criticabile sotto un centinaio di aspetti differenti, ma che almeno qualche film di cinematografie cosiddette marginali e periferiche cerca sempre di proporlo. NAGA ha fatto un giro trionfante di festival vari, tra cui quello di Toronto nella sezione Midnight Madness, ed è approdato qui da noi il 7 dicembre, con mia immensa gioia, dato che lo avevo sul radar da qualche mese. Ne parlavano in giro come una specie di eco-horror: ragazza bloccata nel deserto con un cammello vendicativo e molto incazzato e deciso a farle la pelle. In realtà non è così: il cammello con problemi di rancore c’è, ma è una piccola porzione del film. e forse anche la meno interessante. NAGA è un lungo trip allucinogeno, tra personaggi bizzarri, droghe, feste, poeti truffatori, teppisti in sella a motociclette, fidanzati pusillanimi e un po’ stronzi, e una protagonista, Sarah, che deve essere a casa entro le 10 di sera. 
Ora, è quello il problema principale, è quello che induce in uno stato di ansia molto vicino al panico, e questo è il motivo per cui NAGA funziona come una bomba a orologeria.

Sarah vive a Riyadh con il padre, la madre e un fratello minore simpatico come una piattola. Un pomeriggio si fa coprire da un’amica per andare con un ragazzo a una festa segreta nel deserto. Il padre sarà a prenderla al mercato alle 22 precise, non un secondo dopo, solo che non tutto va sempre secondo i piani e Sarah si ritrova da sola, nel bagagliaio di una macchina, in mezzo al deserto, con un cammello che ha deciso di renderle la vita impossibile, e il tempo che scorre inesorabile verso l’orario fatidico. Le circostanze che la portano in quella situazione non ve le posso raccontare, perché dovete assistervi con i vostri occhi, ma posso dirvi che NAGA è uno dei film più folli e sfrenati dell’anno, una corsa a perdifiato dentro a un incubo patriarcale in cui pare che ogni personaggio presente in scena cospiri perché Sarah non ce la faccia ad arrivare all’appuntamento col padre all’orario prestabilito, e riceva così una terribile punizione. Non sappiamo quale, ma proprio perché ne siamo all’oscuro, il tutto diventa ancora più angosciante.

NAGA ha un modo tutto suo di mischiare il quotidiano al bizzarro: ha un incipit violentissimo, poi si placa e ci mostra la vita di tutti i giorni di Sarah, che fuma di nascosto, deve stare attentissima a mettersi il velo prima di varcare la soglia di casa, ha un atteggiamento ribelle e indisponente, ma è molto in soggezione di fronte a suo padre. Mentre la città è paralizzata da un partita della nazionale, Sarah cerca di divertirsi un po’, come tutte le adolescenti a ogni latitudine, ma non ha fatto i conti (o forse li ha fatti, ma ha voluto rischiare) con la sciocca sicumera del suo fidanzato, con l’incapacità degli organizzatori dell’evento, con la polizia a caccia di droghe e festini non autorizzati e con il rancore dei cammelli. Aggiungete al quadretto che, prima di andare alla festa, Sarah si è sparata un tè con un qualche allucinogeno, e avrete un’idea, seppure parziale, di ciò che vi aspetta.
NAGA ha l’andamento fuori fase di Paura e Delirio a Las Vegas, l’urgenza di Fuori Orario e una protagonista che potrebbe formare un duo imbattibile con la Jen di Revenge. 

Al Jaser è un regista al suo debutto in un lungometraggio, ma ha alle spalle parecchi corti con cui si è fatto notare in giro. Sceglie il linguaggio del cinema di genere e lo porta alle sue più estreme conseguenze: movimenti di macchina che fanno venire la nausea, montaggio frenetico e niente affatto lineare, continui cambi di registro che vanno dalla commedia, al dramma, al thriller all’horror puro, gestiti con una fluidità e una consapevolezza invidiabili. NAGA è un’odissea dalla rapidità fulminante, tutta sulle spalle di un’attrice, anche lei esordiente (Adwa Bader è un’amica del regista senza alcuna esperienza pregressa), dalle doti straordinarie e di una macchina da presa che sembra aver pippato un paio di chili di cocaina. Non so che budget avesse Al Jaser per questo suo primo film, anche perché non si trovano troppe informazioni su NAGA, ma lo fa fruttare fino all’ultimo centesimo disponibile, con un’autorevolezza e una creatività che sono proprie solo dei grandi. 

Se dovessi scegliere un solo aggettivo per descrivere NAGA e convincere qualcuno a vederlo, questo sarebbe “vitale”: il film è un inno alla vitalità senza freni di Sarah, ed è la celebrazione della sua caparbietà, della sua volontà ferrea, del suo non fermarsi davanti a niente. Sarah è scontrosa, arrogante, insulta tutti quelli che si trova di fronte, è feroce, implacabile, mai sconfitta nemmeno quando le circostanze indicano che tutto è ormai perduto. Non si arrende mai, qualunque cosa le accada, ha una fierezza quasi regale nell’affrontare tutti i guai che le capitano in una sola notte ed è impossibile non stare sempre dalla sua parte. La camera le ruota intorno, la segue passo dopo passo, abbraccia la sua prospettiva e la sua visione del mondo, il suo stato psicologico alterato, le sue paure e riesce a comunicarle allo spettatore così bene che si finisce per sperimentare un’identità assoluta col personaggio. 

NAGA non ha le caratteristiche di un film povero di una cinematografia che ha sofferto per molti anni di parecchie restrizioni. La scelta di non adagiarsi sul realismo spicciolo, di andare fino in fondo col genere, inserendo sì elementi di critica sociale, o soltanto molto specifici del luogo in cui la storia si svolge, ma badando soprattutto a intrattenere e a tenere incollati allo schermo senza un istante di tregua, ha pagato. L’idea che quando si hanno pochi soldi si può soltanto raccontare vicende camera e cucina, tutte dialoghi e meditazioni sulla crisi dei quarant’anni, è sbagliata, e film come NAGA sono lì a dimostrarlo con i loro continui cambi di location, con le loro scene che vedono la presenza di parecchie comparse, con i loro ambienti sfarzosi, le riprese notturne e quasi sempre in esterna, l’adrenalina esilarante che scorre nelle vene dal primo all’ultimo secondo di film. Sono cose che si possono fare anche con budget risicati. Basta volerlo. E anche il realismo, se messo nel frullatore e agitato fino a farlo impazzire, funziona come detonatore del genere. 
Alla fine, NAGA è soltanto la storia di una ragazza che deve tornare a casa in tempo. Quanto di più banale e spicciolo esista. Ma nel mettere in scena questo racconto così semplice, all’apparenza, Al Jaser ci regala una immensa lezione di cinema. 

4 commenti

  1. Avatar di loscalzo1979

    Me lo recupero

  2. Avatar di Giuseppe
    Giuseppe · ·

    Ricorrendo al “semplice” realismo (incentrato principalmente sulla critica sociale) saremmo rimasti dalle coraggiose parti del film di denuncia, ma qui si va oltre. E si va oltre sapendo bene come farlo, a quanto scrivi 😉

  3. Avatar di Leonardo
    Leonardo · ·

    Film promosso, non fosse altro per le numerose riflessioni che mi ha portato a fare. Sull’ambientazione, sulla costante sensazione di pericolo che ne deriva, sui pregiudizi, sul fatto che a prescindere dalla trama, un film ambientato da quelle parti, ai nostri occhi parlerà sempre e comunque anche della condizione in cui vivono le donne da quelle parti.

    Per il resto, ha tutti i difetti di un’opera prima, compresi quelli che comunque lo aiutano a risultare più interessante, come l’ambizione eccessiva e la voglia di metterci di tutto, è completamente fuori fuoco nei suoi repentini cambi di tono, e la sceneggiatura è debole e molto sbilanciata. Nonostante tutto questo alla fine riesce a farsi vedere, e non è poco.

  4. Avatar di cineblog01.land

    La persona più saggia è quella che è più infastidita dalle perdite di tempo. Ma non è che tutto, come il cinema e il tempo trascorso con i bambini, sia un beneficio.