Hell House LLC Origins: The Carmichael Manor

Regia – Stephen Cognetti (2023)

Ho provato a vedere questo film (d’ora in poi chiamato, per comidità, Hell House 4) lunedì sera. Ho dovuto interrompere dopo circa una decina di minuti per sopraggiunto terrore di Dio e della Madonna in concorso di colpa. E così, l’ho guardato a pezzi, di giorno, nelle pause pranzo in ufficio. Persino in questa modalità, vi assicuro che mi ha creato non pochi disagi, tanto per confermare per l’ennesima volta la mia fama di inveterata cagasotto. Ma non si tratta soltanto della mia natura poco coraggiosa: Hell House 4 è un film davvero spaventoso. Non so se sia bello quanto il primo capitolo della saga inaugurata nel 2015 da Cognetti, perché dopo quattro film, l’effetto novità è andato smarrito tra una panoramica a schiaffo e l’altra; in quanto a terrore puro, tuttavia, è ancora più agghiacciante del suo predecessore. O almeno, lo è stato per me e voi sapete che la paura è un fatto assolutamente soggettivo. Magari a voi farà il solletico, chi lo sa. 

Hell House IV è la storia di Margot, della sua compagna Rebecca e del fratello Chase. Margot gestisce un sito di true crime, dedicato ai casi irrisolti. Armata di videocamera, va a passare qualche giorno nei luoghi di vari delitti e poi pubblica tutto online. Questa volta, si va a cacciare nella vecchia villa della famiglia Carmichael, teatro negli anni ’80 di un triplice, violentissimo omicidio e della sparizione del presunto colpevole, il padre Arthur Carmichael, nonché di uno dei corpi delle vittime, quello del figlio Peter.
Il programma prevede di passare cinque notti in questa enorme magione sperduta in mezzo al bosco. I tre ragazzi ne passeranno soltanto quattro e poi spariranno nel nulla, lasciandosi però dietro le schede delle loro telecamere. Hell House 4 ricostruisce la breve permanenza dei nostri protagonisti nella villa Carmichael. 

Ora voi vi chiederete cosa ci azzecchi questa nuova location con il caro, vecchio Abaddon Hotel, andato distrutto in un incendio nel terzo capitolo della saga. La naturale conseguenza sarebbe stata quella di realizzare un prequel, come del resto sembra evincersi dal titolo del film, quell’origins piazzato lì a depistare lo spettatore. Sì, è un depistaggio in piena regola, perché Hell House 4 non è affatto un prequel, nonostante abbia alcuni elementi che vanno a scavare nel passato della setta di Tully e ci racconti anche come sono nati quei mefitici pagliacci che infestano le mura dell’Abaddon. Non è neanche, tecnicamente, un sequel diretto di Hell House LLC. Lo definirei piuttosto un’espansione, perché allarga l’aura maligna dell’albergo a tutta la Rockland County e ai suoi sentieri nei boschi, aggiunge dettagli alla mitologia a base di portali per l’inferno e sacrifici umani su cui poggia l’intero franchise e riesce a incastrare tutto alla perfezione, con una coerenza tale che sospetto sia stato tutto pianificato con largo anticipo a partire proprio dal 2015.

Le modalità con cui l’incastro viene portato a termine da Cognetti sono tutte da scoprire e rientrano nel novero degli spoiler, quindi non mi sento di aggiungere altro sulla struttura narrativa del film e sui suoi colpi di scena.
Parliamo un po’ di paura, invece.
Una delle cose che, del found footage, mi ha sempre messa a disagio, anche prima che facessi pace con questo particolare tipo di linguaggio, è il fatto che le riprese tremolanti in soggettiva non ti danno mai la reale percezione dell’ambiente circostante e delle insidie che questo può nascondere. È un’ovvietà, ma è anche il vero motivo per cui il found footage garantisce spesso dei discreti salti sulla poltrona: telecamera traballante in un corridoio, panoramica in un angolo buio, zoomata improvvisa, niente. Rumore che arriva da dietro, la camera si gira a 360 gradi ed ecco il jump scare servito su un piatto d’argento per mandarti al creatore. Alla fine è un espediente piuttosto semplice da realizzare, è un riflesso meccanico, una sollecitazione dei nostri nervi che non bisogna essere nemmeno particolarmente bravi a esercitare. Hell House 4 usa questa tecnica in maniera molto originale e molto elegante. 

Di jump scare vero e proprio ce n’è soltanto uno ed è anche l’unica scena di tutto il film in cui le riprese non sono le soggettive del personaggio che, in quel momento, tiene in mano la telecamera. Avviene infatti sullo schermo di un computer durante una videochiamata e arriva dopo un crescendo di orrore che ha già messo a dura prova la nostra sanità mentale, senza di fatto mostrare nulla di veramente spaventoso, ma solo una serie di diapositive dell’esterno e degli interni della villa. Per il resto, la paura di Hell House 4 si esprime in maniera molto quieta, calma, mai frenetica. Le entità malefiche che infestano casa Carmichael non hanno fretta, non aggrediscono urlando le loro vittime, ma le lasciano in uno stato di prolungate angoscia e ansia, perché sanno che non hanno alcuna speranza di salvezza, che dal primo momento in cui hanno messo piede lì dentro sono condannate. Quindi, per quale motivo fare pure confusione?
Ciò che spaventa sul serio in Hell House 4 è proprio questa sicurezza, questa possibilità, sfruttata fino al parossismo, di prendersela comoda. Non serve lo sbalzo di volume, l’apparizione improvvisa che ti fa cadere dalla poltrona. Quando ciò accade, neanche la vediamo, ma ci limitiamo ad assistere alla reazione sul volto del personaggio. In questo senso, il limite alla percezione dello spazio che è tipico del linguaggio del found footage non viene utilizzato per far spuntare cose cattive dagli angoli bui, ma per rendere ogni angolo buio della villa una cosa cattiva. 

Se il fattore paura è reso in questo modo, la naturale conseguenza è che il film non molli mai per tutti i suoi quasi 100 (forse eccessivi) minuti di durata. Un’impresa niente affatto facile, sempre considerando il vecchio adagio secondo cui il found footage, per le caratteristiche a esso intrinseche, non taglia mai le parti inutili della vita, ma te le lascia tutte lì a tuo uso e consumo da guardone. Cognetti, al contrario, le parti inutili le taglia tutte, non ti annoia mai e ti schiaccia sotto un’atmosfera pesante come una lastra di marmo, di quelle tombali, per capirci.
Riflettendoci, credo che Hell House LLC sia ancora superiore a Hell House 4, ma di pochissimo. Arrivare al quarto film in una saga con questa freschezza e questa capacità di far sentire lo spettatore a disagio è una virtù che non molti si possono fregiare di possedere. Quindi, caro Stephen, puoi andare avanti così per i prossimi 30 anni e io sarò una tua fedele adepta. 

10 commenti

  1. Avatar di visanideth

    Sul concetto del far paura col found footage, per me si parla di un linguaggio ingiustamente malignato. Ci saranno anche tante porcherie “cheap” (non nel senso del basso costo, perché il budget non è tutto) ma chi dice che il found footage è un modo “minore” di fare horror per me è in cattiva fede.

    C’è un qualcosa di incredibilmente efficace nel creare una tecnica di narrazione che sostanzialmente estrania la prospettiva molto più di un “normale” film horror, in cui magari hai sempre il protagonista nel fotogramma, ma che non prevede diegeticamente la presenza dello spettatore. Nel found footage che quello che viene visto sia visto da una persona terza, che non è lì, è un elemento concreto. E quindi quando la prospettiva passa alla prima persona, o quando i protagonisti escono di scena, e resta solo una videocamera che riprende qualcosa sullo sfondo, magari non visto da chi è sul posto, a quel punto il film sta interagendo direttamente con te. E se non è una cosa fortissima questa, non so cosa lo sia.

    1. Avatar di Lucia

      No, io non credo affatto che il found footage sia un modo minore. L’ho pensato per tanti anni, questo sì. Poi mi sono fatta una cura Ludovico a base di found footage e ho cominciato ad apprezzarli seriamente. Ora sono addirittura una fan di Paranormal Activity

      1. Avatar di Giuseppe
        Giuseppe · ·

        Be’, io devo ammettere di non essere arrivato a tanto 😜
        Però, nel corso degli anni, anch’io ho riconsiderato i pregiudizi che avevo nei confronti del genere e ora lo gradisco senz’altro di più, perché di punte di eccellenza ce ne sono eccome. Ad esempio, la saga di Hell House LLC si difende bene (eccezion fatta in parte per il terzo capitolo, che porta a un livello ancora superiore l’unico difetto del secondo, e cioè quello di voler spiegare più del necessario)…
        Certo che all’inizio, per un attimo, ho pensato fossimo tornati ai vecchi tempi quando hai detto di aver dovuto interrompere la visione dopo una decina di minuti (mi son detto “le ha fatto uno schifo tale che adesso lo stronca, lo disintegra, lo umilia”), poi ho continuato a leggere il resto e mi sono tranquillizzato 😀
        P.S. La tua natura poco coraggiosa? Dì un po’, credi forse mi sia dimenticato quella foto con la murena? 😉

        1. Avatar di Lucia

          Io sono una cagasotto per tutto ciò che concerne l’horror, ma per il resto sì, devo ammettere di essere abbastanza spericolata 😀
          Comunque un’altra cosa bella di questo quarto film è che non ti spiega più del necessario e funziona benisismo.

  2. Avatar di Edo

    Anche per me tanta paura. Assolutamente terrorizzato dalla mancanza di tempi. Sai che deve esserci un crescendo, non ti aspetti che al primo giro (Chase telecamera in mano e quel braccio?! Arghhh) ci sia già la certezza. Non ti aspetti tutti lo vedano senza l’usuale “l’ho ripreso ma ora non si vede più nulla!” “l’avrai sognato” Ogni momento può essere quello -giusto- quindi la tensione non scende mai. Condannati dal principio, vero.

  3. Avatar di Leonardo
    Leonardo · ·

    Abbastanza d’accordo su tutto. Tutta la serie (e forse il genere stesso) ha dei chiari limiti di ripetitività, ma finchè funziona, ad avercene. Sul fatto che narrativamente si incastri tutto mi fido, dopo otto anni dal primo film ricordo davvero poco della “trama”…
    Due “riflessioni” che mi sono venute in mente durante il film.
    La prima, che per me in questo genere di film tutto funziona meglio quando i personaggi iniziano a comportarsi in modo più sensato (ovvero a volersene andare di corsa, cosa che personalmente avrei fatto dopo il primo rumorino sospetto. qui lo fanno, anche se davvero troppo tardi). Tutti i vari “dai, restiamo solo un’altra notte” e “ce ne andremo domani mattina” mi sanno di poco credibile, di espediente narrativo pigro e telefonato, con conseguente distacco emotivo.
    La seconda, magari un po’ alla Clerks, sul fatto che queste entità maligne hanno sempre una forza fisica spropositata e inaffrontabile, nonostante siano appunto “spirituali”. Perchè? Ha senso? Io, nel dubbio, un comodino in testa al pagliaccio lo avrei lanciato, anche solo per vedere che succede.

    1. Avatar di Edo

      Se lo pensi non da “sono dentro un film horror”, non credo scapperesti da una casa per una porta che scricchiola e un oggetto che non ricordavi fosse lì. Quando il carico aumenta, pensando invece che sappiano, credano davvero si tratti di una casa infestata, entra in gioco il tuo secondo punto. Possono spaventarmi, ma non farmi del male. Sono coraggioso non scappo.
      Restando sulla seconda obiezione abbiamo un’idea, prossimo film cult comedy-horror: uno slasher che avviene in un raduno di MMA. Le vittime sanno difendersi più che bene. Ghgh

      1. Avatar di Leonardo
        Leonardo · ·

        Tu ci scherzi, ma ne verrebbe fuori un filmone. 😀
        Riguardo l’altro discorso, hai un po’ estremizzato…
        In una casa che ha la fama di essere infestata, per quanto scettico, forse (e sottolineo forse 😀 ) non me ne sarei andato al primo rumore notturno, ma nel caso specifico restano in casa anche dopo svariate apparizioni (anche filmate), rumori, manichini che cambiano stanza, palline che se ne vanno in giro da sole etc. C’è una bella differenza.
        Il discorso “possono spaventarmi ma non farmi male” in generale non viene mai fuori nei film, anche perchè appunto non hai nessun motivo per pensarlo. La reazione più logica, a prescindere, sarebbe scappare a due stati di distanza. Per questo le discussioni su “ancora una notte” credo non aiutino ad immergersi nell’atmosfera del film, che diventa “poco realistico”. Quando le protagoniste provano finalmente ad andarsene, pur reticenti, allora entra in gioco anche la sensazione di essere braccate e bloccate li, e tutto (per me) funziona anche meglio.
        Riguardo il discorso (semiserio) sulla forza fisica, non intendevo che queste forze non meglio identificate dovrebbero essere innocue, ma che viene data per scontata una forza fisica tangibile e inaffrontabile senza una vera ragione che la contestualizzi. In altri film, la minaccia è più subdola, è psicologica, mentale, a volte spirituale. E per creare danno fisico si ricorre ad una possessione, il che non so se abbia più senso, se sia “meglio”, ma per lo meno ha una motivazione logica.

        1. Avatar di Edo

          Prima o poi lo fanno. O magari esiste già e non ne siamo a conoscenza.

          Sì vero, ho estremizzato, quando si vede il braccio sarei volato via dalla casa. Anche razionalizzando, avrei pensato a dei grossi rischi, tipo assassino ancora vivo dentro la casa che conosce bene e si nasconde.

          Se vedessi però quel pagliaccio che mi corre dietro non riuscirei a pensare di affrontarlo; potrei raccontarla, ma nel momento cervello spento e panico. Anzi a dire il vero penso mi prenderebbe un infarto e fine. Non potrebbe nemmeno aver la soddisfazione di finirmi lui )

          1. Avatar di Leonardo
            Leonardo · ·

            Ahah ma scherzi, io starei ancora correndo. Intanto scappo. Poi, casomai, razionalizzo. Anche se forse, in effetti, viste le premesse non sarei mai neanche entrato in casa. E dire che sono grande e grosso…