Mi sono presa un paio di giorni e sono anche stata molto indecisa se scrivere qualcosa sulla scomparsa di Ozzy, perché pensavo che, in fin dei conti, c’entrasse poco con quello di cui parlo qui di solito. Ma non è vero: c’entra tantissimo. L’immaginario che i Black Sabbath e Ozzy hanno contribuito a cementare nel corso della loro lunga carriera è intimamente legato a quello del cinema e della narrativa dell’orrore, e non solo perché Ozzy è stato presente, con la sua musica e, a volte, anche in veste di attore, in moltissimi film horror dagli anni ’80 in poi, ma perché metal e horror condividono tanti di quei dettagli che mi sento quasi sciocca a doverlo sottolineare.
Non è solo un discorso relativo a un’iconografia molto simile, fatta di teschi, croci rovesciate, amicizia con Satanasso e, in generale, fascinazione nei confronti del macabro: metal (in particolare quel filone del metal che i Black Sabbath hanno inventato) e horror hanno in comune destino e percezione, in quanto musica e cinema da disadattati.
Magari è un puro fatto generazionale e oggi le cose si muovono in maniera diversa, ma i miei coetanei appassionati di horror sono anche appassionati di metal: sono arrivati all’horror tramite il metal o viceversa, ed è stata una scoperta, una rivelazione, che ha dato un indirizzo molto preciso alle loro vite.
I Black Sabbath, nello specifico, riuscivano a creare delle atmosfere di puro terrore, una sensazione di minaccia esistenziale che usciva dritta dalla loro musica. L’horror ha influenzato in maniera profonda la produzione del gruppo (Black Sabbath era il titolo internazionale de I Tre Volti della Paura di Mario Bava) e in seguito di Ozzy da solo. Se un artista come Alice Cooper del cinema dell’orrore ha sempre preso il lato più giocoso e da baraccone dei divertimenti di provincia, i Black Sabbath si portavano dietro un tipo di oscurità differente, più intenso, meno familiare se vogliamo.
Da satanic panic, appunto, fenomeno che ha coinvolto in egual misura horror e metal e che negli ultimi anni è tornato al centro di svariati film e serie tv contemporanee, sia estremamente popolari come Stranger Things, sia un po’ più di nicchia come Maxxxine.
Tutto questo per dire che Ozzy non è stato soltanto un’icona musicale, ma un’icona culturale su larghissima scala, e che la sua morte colpisce tutti quelli che hanno respirato un certo tipo di immaginario, che sono stati forgiati da esso, che stanno ormai invecchiando, e assistono all’inevitabile fine dei loro padri spirituali.
La morte di Ozzy, devo ammetterlo, mi ha fatto male, per tutte le ragioni che ho cercato di razionalizzare qui sopra, ma soprattutto per motivi di carattere molto personale. Non appena ho appreso della sua scomparsa, ho pensato che era come se se ne fosse andato per sempre un altro pezzo di mio padre.
Lui non era un oscuro signore, anzi, era un ex hippie scoppiato, ma adorava i Black Sabbath: War Pigs è stato, credo, uno dei primissimi pezzi che mi ha insegnato a suonare alla batteria, Sabbath Bloody Sabbath me la faceva ascoltare che ero praticamente ancora in fasce, e ho chiarissimo il ricordo di Into the Void che usciva dallo stereo della sua macchina quando ero piccolissima. Mio papà era un rockettaro abbastanza tradizionale, diventato poi anche abbastanza metallaro col passare degli anni, perché aveva due figlie metallare e voleva adeguarsi ai loro gusti musicali un po’ estremi. La scintilla, tuttavia, me l’ha fornita lui, e proprio con Ozzy e i Black Sabbath.
Con Ozzy aveva in comune una certa instabilità mentale e, in seguito, il morbo di Parkinson. Erano due uomini-bambini, in qualche modo poco allenati alla vita, entrambi con seri problemi legati all’uso di sostanze non propriamente legali e con la musica come ancora di salvezza.
Se credessi in qualcosa, direi che adesso papà ha finalmente incontrato uno dei suoi idoli di gioventù e stanno facendosi una bella suonata insieme. Purtroppo non credo, ma è una bella immagine quella di mio padre circondato da vecchi rockettari impegnato in una celestiale jam session.
Gli sarebbe piaciuto vedere l’ultimo concerto di Ozzy, quella meraviglia, quel regalo immenso che ci ha fatto poche settimane fa, e avrebbe pianto la sua morte come il ragazzino che era.
Nonostante tutti i miei sforzi, gli somiglio.
Ciao Ozzy, grazie di tutto.











Wow!
Mi sono commosso…
Quando avevo 11 anni mi regalarono il live di Ozzy con Randy Rhoads e da allora non ho mai smesso di ascoltarlo. Ozzy è un pezzo del mio mondo.
E mentre leggevo pensavo anche a mio padre, alle cose meravigliose che ho scoperto e letto grazie a lui “da piccolo” (Zio Tibia ad esempio, Jacovitti, Bonvi…). Lui il suo lato “bambino” e la sua apertura li ha dovuti tenere un po’ in disparte, quasi nascosti, abitando in un paesino molto bigotto. Anche lui si è vissuto il metal tramite me e il cinema di genere più “mio” (adora l’Armata delle Tenebre e grazie a lui ho scoperto il western). Abbiamo una playlist che ogni tanto ascoltiamo in cui c’è di tutto, dai Metallica ai Blues Brothers (uno dei “nostri” film preferiti).
Bellissimo post!🙂
Anche mio padre fissato coi Blues Brothers. Da bambina me lo faceva vedere a ripetizione!
🙂
Dispiacere enorme ,personaggio talmente iconico da dare l’impressione di essere eterno. Alice Cooper aveva un altro retroterra culturale ; i primi due dischi erano più legati a un’estetica tra i Pink Floyd barrettiani e Frank Zappa ; però, da “Love It to death” in poi, quanto a suoni tenebrosi non scherzava neanche lui( non definirei, ad esempio, “Black juju” come “giocosa”). I Black Sabbath si legavano sì ad un immaginario filmico e horrorifico, ma erano anche attenti ad aspetti politici (“War pigs” contro la guerra,ad esempio) e sociali (“Paranoid” sul disagio mentale ).Tolti i primi iconici dischi in cui crearono il Doom quasi dal nulla, sono molto affezionato alle opere che vanno da “Sabbath bloody Sabbath” al sottovalutato “Never say die”( passando per “Sabotage” e “Technical ecstacy”), un quartetto di dischi assolutamente inclassificabile e geniale. Da solista poi è riuscito,specie ad inizio carriera ,a realizzare opere all’altezza dei coevi dischi dei suoi ex compagni. Chi è stato metallaro nell’adolescenza non può che vivere con un indefinibile senso di tristezza la morte di Ozzy. Mi associo a Frank La Strega a definire questo post come bellissimo, anche perché molto sentito e non di circostanza.
Pioggia, un riff di tre note suonate al rallentatore mentre la sezione ritmica aggiunge qualche spezia ricercata; poi una voce che chiede “what Is this that stands before me?”
Il perfetto punto di incontro tra musica e horror per me sta nei primi minuti della prima canzone del primo disco dei Sabbath, e sempre a mio parere Ozzy non canterà mai meglio di come canta in questo disco, con la sua giovane voce resa aspra e matura dal fumo, dall’alcool e dalla paura che il suo gruppo faccia un buco nell’acqua.
Ho visto varie esibizioni al back to the beginning, alcune molto buone, ma i Sabbath con Ozzy sul trono e Ward flaccido pensionato si sono mangiati comunque il palco e hanno oscurato tutto quello che era venuto prima. Col senno di poi, i vari “God bless you all” lanciati da Ozzy al pubblico spezzano il cuore.
Grazie per il post, Lucia, inaspettato e graditissimo
Splendido e commovente post, col ricordo di Ozzy Osbourne intrecciato a quello di tuo papà (quella jam session celeste rimane una bellissima immagine a prescindere da ciò in cui si può o non si può credere)… 😢<3
“The world is still the same… there’s just less in it”
A volte scrivi dei posts da lacrime agli occhi. Ti leggo da anni ma non avevo mai commentato il blog, questa volta mi è sfuggito un commento.
Grazie per tutto quello che scrivi, fai e condividi.
Grazie di leggermi da anni e grazie per questo commento.
La mia tesi è che noi appassionati di horror abbiamo tutti il cuore tenero