
Regia – Jason Yu (2023)
Con il terzo giorno della nostra challenge si va in Asia e, anche qui, c’è l’imbarazzo della scelta. Io ho optato per un film relativamente nuovo di cui si fa un gran parlare, l’esordio del regista di seconda unità e aiuto regista di Okja, un horror da camera che è in parte commedia, in parte dramma familiare, basato su un concetto semplicissimo e molto efficace, il classico tarlo che erode lentamente una relazione, comincia con un evento all’apparenza insignificante e poi si trasforma in un macigno capace di distruggere la sanità mentale di tutti i coinvolti.
Grazie a due attori eccellenti, Jung Yu-mi, già vista in Train to Busan, e il recentemente scomparso Lee Sun-kyun, Sleep ti incolla al destino dei suoi due protagonisti e ti immerge nella loro vita quotidiana, stravolta da un evento banale come un episodio di sonnambulismo. Sì, perché tutto comincia così. E poi deraglia in un incubo paranoico, che forse ha origini soprannaturali, forse no. Non lo sapremo mai.
Hyun-Su e Soo-jin sono una coppia sposata con figlio in arrivo e sono adorabili. Si amano tantissimo, vanno d’accordo, si divertono insieme, si supportano e sostengono a vicenda e hanno questo cagnolino tenerissimo di nome Pepper che purtroppo (io vi avviso sempre, anche se è spoiler, non mi interessa quando si parla di bestiole) non sopravviverà al film.
Lui è un attore che sta cercando di sfondare, ma per il momento deve accontentarsi di qualche ruolo da comprimario in televisione, lei fa un lavoro d’ufficio molto ben pagato e, in pratica, porta avanti la baracca dal punto di vista economico.
Una notte, Hyun-Su si mette a sedere all’improvviso e, ancora addormentato, dice: “C’è qualcuno in casa”. Poi ripiomba a dormire. Soo-Jin, spaventatissima, perlustra l’appartamento, ma non trova niente di strano, e il fatto viene derubricato a momentanea bizzarria. Molto probabilmente, Hyun-Su stava studiando il copione prima di mettersi a letto e ha soltanto ripetuto una delle battute nel sonno.
Purtroppo gli episodi prendono a ripetersi con una certa frequenza e diventano ogni volta più sinistri. Hyun-Su arriva a graffiarsi con una violenza tale da procurarsi degli sfregi in faccia e perdere così la parte nella serie a cui sta lavorando; la moglie lo sorprende a mangiare carne cruda e uova con tutto il guscio durante la notte; lui al mattino non ricorda nulla e minimizza, mentre lei, al contrario, è sempre più preoccupata. Si rivolgono a una clinica di disturbi del sonno e Hyun-Su inizia una cura farmacologica, che tuttavia non sembra fare effetto. Come se non bastasse, durante le sue crisi di sonnambulismo, l’uomo diventa anche un pericolo per chi lo circonda. Il primo a farne le spese è proprio il cane Pepper.
Tranquilli, però, perché Yu ha la decenza di non mostrare nulla in campo, neanche il cadavere. Ci dispiace lo stesso un sacco.
La situazione si fa ancora più grave dopo la nascita della bambina: Soo-Jin ha paura che il marito possa farle del male, e allora, su consiglio di sua madre, decide di rivolgersi a una sciamana.
Raccontato così, Sleep potrebbe sembrare un drammone cupo e tetro, ma non è così: come dicevo in apertura, Yu tiene un tono leggero per quasi tutta la durata del film, addirittura farsesco in alcune circostanze e, in particolare nella prima parte, fa proprio ridere. In parte perché i due protagonisti sono buffissimi, in parte perché i vari tentativi di porre un freno alle intemperanze notturne del povero Hyun-Su hanno degli effetti esilaranti. È soprattutto il montaggio del film ad avere un effetto comico, perché il montatore (Meeyeon Han, quello di Parasite, non uno a caso) assembla una serie di scenette atte a riprodurre uno scorrere di vita quotidiana a ogni stacco un po’ più complicata, ma comunque vivace, piena di calore, di affetto e di vicinanza tra i due personaggi. E quindi fa sorridere vedere Hyun-Su che si deve mettere dei guanti da forno prima di andare a dormire, o Soo-Jin che lo rinchiude in un sacco a pelo strettissimo ove il malcapitato non è in grado di muovere un muscolo. Fanno sorridere le liste delle cose da fare scrupolosamente compilate da lei, l’ingenuità di lui che non capisce l’entità del guaio fino a quando non è troppo tardi, però non ne ha colpe: dopotutto, quando accadono le cose brutte, è addormentato.
Arriva poi il momento in cui di ridere si smette, perché lo sappiamo che arriva sempre. E a quel punto il film si fa davvero molto interessante nel suo raccontare uno dei meccanismi più comuni dell’horror, la dissoluzione del nucleo familiare, usando una prospettiva e delle dinamiche sorprendenti e lasciando largo spazio alla libera interpretazione.
Sleep potrebbe essere un puro e semplice horror soprannaturale in cui un fantasma vendicativo possiede il corpo di un vivente; forse questa è la prospettiva più scontata da cui guardare il film, ma assesta lo stesso un paio di colpi precisi alla tradizione, mettendo il maschio della coppia nel doppio ruolo di fanciulla in pericolo (spaventosa la scena in cui cerca di buttarsi dalla finestra nel sonno) e di potenziale minaccia per sua moglie e sua figlia. Una minaccia di cui non è mai pienamente consapevole e non soltanto perché (forse) “posseduto”, ma perché incosciente. Non è tanto la possessione il centro del discorso, quanto appunto l’incoscienza, il sonno e la dimenticanza.
Hyun-Su è sempre sereno e riposato, anche nei momenti più concitati; è Soo-jin, al contrario, che si deteriora mentre il film procede: sono sue le occhiaie, gli occhi iniettati di sangue, il pallore di chi non dorme da giorni. Sua è la discesa nella paranoia e nella follia.
Il che ci porta all’altra probabile interpretazione del film: non c’è alcun fantasma, la cura di Hyun-Su funziona ma non abbastanza velocemente e l’intervento della sciamana, invece che risolutivo, si rivela peggiorativo; agendo sulla mente già provata di Soo-jin, conduce una persona dal temperamento razionale a scivolare sempre più nel fanatismo misticheggiante.
Sleep precipita nella tragedia quando Soo-jin lascia che la struttura logica della sua vita venga sostituita da quello che potremmo definire pensiero magico. È lì che il film smette di essere una horror comedy e diventa ogni secondo più oscuro, fino al terribile finale.
Come al solito, la Corea ci regala dei gioiellini dai quali abbiamo tanto da imparare. Speriamo che continuino a farlo per sempre.












Non pensavo fosse già disponibile, parto alla ricerca, la tua rece intriga assai
Buongiorno Lucia,terza challenge a tema “Horror Asiatico”,ora..come tanti,io non amo le strutture ospedaliere,anche per un banale controllo,in piu’ aggiungo la mia naturale attitudine a perdermi nei loro corridoi,il mio senso dell’orientamento va a farsi benedire,per qui ho pensato ad un film poco menzionato,che mi mise addosso un ansia mica da poco,….ho scelto “Infection”(2004) di Masayuki Ochiai,pregate di essere sani dopo averlo visto😬!.👋
La Corea persiste nel saperci fare, vedo (e, di conseguenza, ovviamente recupero) 😉 Per la challenge di oggi, il mio film è Over Your Dead Body (2014) di Takashi Miike…
Molto interessante!
Per il day 3 il film che condivido con voi è “Tag” (2015) di Sion Sono. Correre, sanguinare, crescere, morire…
C’è pure una scena incredibile che sarebbe stata perfetta per la challenge di ieri…
Besos! 😘