
Regia – Michael Chaves (2023)
Sto recuperando un po’ di roba andata perduta nel corso dell’anno, il che mi aiuterà a tirare le somme a dicembre, quando con Marika faremo la nostra ormai consueta classifica di Nuovi Incubi. The Nun II volevo vederlo in sala, perché ne stavano parlando tutti più o meno bene e, se vi ricordate, a me non era neppure dispiaciuto il primo capitolo, ma poi l’utero di schifo e il fibroma di merda si sono messi in mezzo e l’ho perso.
Dopo Hell House 4 avevo bisogno di un comfort horror e, per quanto mi riguarda, il Warrenverse è la definizione perfetta di comfort horror, questo neogotico così familiare, con i suoi jump scares accuratamente preparati per vederli arrivare con una buona mezz’ora di anticipo e quelle facce rassicuranti, quella morale conservatrice un po’ da buone cose di pessimo gusto e nessun reale turbamento.
Alla regia ritroviamo un molto più convinto Chaves, che dopo il terzo capitolo di The Conjuring sta diventando il regista di punta del carrozzone demoniaco New Line, ma alla sceneggiatura c’è una piccola sorpresa, ovvero Akela Cooper, colei che ha scritto M3GAN, ma soprattutto il capolavoro del millennio Malignant, e qui si drizzano le antenne, perché se c’è una persona in grado di regalare qualche guizzo a un film di questo tipo, senza tuttavia allontanarlo troppo dalla zona comfort in cui risiedono gli altri film della sua dinastia, è proprio Cooper.
E in effetti, The Nun II è uno dei più interessanti spin off scaturiti da The Conjuring, superiore anche a quello che è da più parti considerato il migliore, Annabelle Creation.
Lo è per svariati motivi, sia estetici che concettuali. Non vi aspettate grandi novità e se non siete degli estimatori della tipologia di film cui The Nun II appartiene, non credo vi piacerà più di tanto. Tuttavia Cooper riempie la sua sceneggiatura di tanti piccoli dettagli stranianti e Chaves, dal canto suo, gira con una classe e con un’eleganza che non credevo gli appartenessero, non dopo The Devil Made Me Do It.
Il film inizia quattro anni dopo i fatti di The Nun; suor Irene (Taissa Farmiga) si trova ora in un convento in Italia, dove fa amicizia con una novizia molto poco sicura della propria fede, Debra, interpretata da Storm Reid. Nel frattempo, Maurice se ne sta in Francia e lavora come tuttofare in un collegio femminile che ha sede in un vecchio monastero. Pare che le vite dei due personaggi possano finalmente scorrere con una certa serenità, ma il Valak ha altri programmi. Non è infatti stato sconfitto in Romania, ma si trova proprio in Francia, bello comodo e al calduccio nel corpo di Maurice, e alla ricerca di una santa reliquia. Il Vaticano incarica la povera Irene di indagare, che è un po’ riluttante ma alla fine accetta e si porta dietro Debra in questa nuova avventura.
La prima cosa che salta agli occhi leggendo le poche righe di trama è che The Nun II si svolge in universo interamente declinato al femminile: tolto di mezzo il prete del primo capitolo, questa volta sono due suore a cercare, da sole, di fermare il temibile Valak, e all’interno di un collegio popolato nella sua totalità da giovani donne. Unica presenza maschile è quella di Maurice, che però è posseduto dal demone (sulla natura ambigua del Valak ci sarebbero da scrivere quattro trattati, ma non lo farò) e ha quindi il ruolo di solito riservato a personaggi femminili. È così da L’Esorcista in poi, e pure da prima che il film di Friedkin facesse scuola: è il corpo di una donna a essere insidiato, violato, deformato e portato vicino alla distruzione da un’entità demoniaca, mentre tocca al maschio salvare la povera anima dalla dannazione eterna. Se poi si salva anche il corpo è tanto di guadagnato, però non è così importante, come Emily Rose ci insegna. Alle brutte, ti fanno santa.
In The Nun II c’è questa singolare inversione dei ruoli e va aggiunto che quella di Maurice è una presenza minacciosa anche quando non fa le boccacce da indemoniato o non gli sanguinano gli occhi. È presentato come un intruso, fuori posto; se non fosse che il Warrenverse è un universo narrativo reazionario, mi verrebbe quasi da dire che la sua è una figura predatoria e che il rapporto con Irene esiste soltanto perché ce lo ritroviamo sul groppone dal film precedente e quindi ci tocca sopportarlo; al contrario, il vero cuore del film si trova nella relazione tra Irene e Debra, che sì, come tantissime relazioni femminili di The Conjuring e dei suoi spin off, è pesantemente queer coded, anche se non si arriva mai al punto di esplicitare alcunché. C’è poi da aggiungere qualche dettaglio della storia personale di Irene, che ne esce molto più complessa e tormentata rispetto al primo film. Sono sottigliezze di sceneggiatura, appunto, roba messa lì da Cooper per dare un’atmosfera un po’ fuori dagli schemi a un prodotto che deve la sua fortuna al fatto di essersi ritagliato un posticino molto remunerativo all’interno degli schemi.
L’intreccio del film è un po’ confusionario e a un certo punto sembra quasi una vicenda di supereroi contro il diavolo, caratteristica che è ha sempre fatto parte del Warrenverse, ma che qui tocca delle vette altissime, soprattutto nel finale. Chaves è bravo a contenere questa tentazione perenne a buttarla sul circense e pirotecnico costruendo un’atmosfera sinistra per tutta la prima parte. Ci sono delle sequenze a effetto girate benissimo, che quasi sempre coinvolgono le visioni mistiche di Irene. Mi piace come usa i campi lunghi e come inserisce i suoi personaggi nelle architetture e nei (pochi) paesaggi esterni in cui si svolge il film, mi piacciono i tagli di luce, la disposizione degli attori in campo, e anche la staticità delle inquadrature che ricorda dei dipinti gotici.
Poi, con il terzo atto, salta un po’ tutto l’impianto da mistery messo in campo fino a quel momento e The Nun II diventa vagamente pacchiano, ma sempre molto divertente.
Non lo avrei mai detto, ma in un’annata abbastanza magra, The Nun II risulta essere uno dei più riusciti horror del 2023.
Ultima postilla, se qualcuno non si sbriga a sfruttare la parentela tra Taissa e Vera Farmiga per collegare i due personaggi, non rispondo più delle mie azioni.












Trovare una citazione alla poesia di Gozzano in un post dedicato a The Nun II. Straordinario, semplicemente straordinario. Questo seguito è piacevolissimo, non avendo amato molto il primo partivo prevenuto e sì, la presenza di Taissa Farmiga penso proprio non sia casuale. Il futuro del Warrenverse sarà interessante.
Se dieci anni fa, dopo la visione di Anna, non mi fossi infatuato della Farmiga junior (infatuazione divenuta cotta dopo The Final Girls) mai sarei andato a vedere The Nun II e, infatti, all’uscita della sala tra me e me ho pensato: “Basta abiti talari al cinema” (“suora tua!” si diceva ai miei tempi). Poi però qualche giorno fa ho visto Sorella Morte (che, tra l’altro, ha riscritto di questo scorcio 2023 la mia classifica horror dell’anno) e mi sono ricreduto. Beh, se The Nun II è Loreto impagliato Sorella Morte è Hope, lo scheletro della balena azzurra al Natural and History Museum di Londra.