
Regia – Brian De Palma (1974)
E ci risiamo con De Palma, questo mio primo amore cinematografico che ogni tanto rispunta fuori qui sul blog, a eterno monito del mio passato da giovane cinefila.
Il tema della challenge di oggi è “From the ’70s” e va quindi a pescare in un serbatoio ricchissimo ed estremamente variegato di film. L’horror degli anni ’70 è non soltanto vitale come è stato in pochi altri periodi (solo gli anni ’10 di questo secolo sono paragonabili), ma si esprime attraverso una diversità di stili, registri, tendenze, quella sì, mai più riscontrata. Non c’è solo il New Horror, che è lo spaccato del cinema dell’orrore anni ’70 più riconoscibile, o il Giallo che è nostro: c’è una quantità impressionante di cinema sperimentale, di strambi oggetti che non si sa bene a quale filone far appartenere. Tra questi strambi oggetti spicca di sicuro Phantom of the Paradise, folle opera rock di De Palma e sua seconda incursione nei territori dell’horror dopo Sisters.
Il film non è soltanto una versione contemporanea (in perfetto equilibrio tra tragedia e farsa) de Il Fantasma dell’Opera, è una specie di pastiche gotico-vittoriano che inserisce nel tessuto narrativo il Faust e Il Ritratto di Dorian Gray. Parrebbe troppa roba, per un solo film che dura anche 91 minuti, ma è di De Palma che stiamo parlano, e l’eccesso non è mai stato un problema per questo regista. Anzi, più c’è da accumulare, più ci si diverte.
L’impressione, guardando il film per la cinquecentesima volta circa, è che chiunque vi abbia preso parte si sia divertito come mai nel resto della sua vita. È un film che gioca in continuazione con le sue tematiche, prendendole a volte sin troppo sul serio, altre ridicolizzandole apertamente e con un senso dell’umorismo infantile e con tendenze demenziali.
Tutto il film è una scommessa su questa ambivalenza: la colonna sonora a firma di Paul Williams (che interpreta il villain Swan), alterna canzoni struggenti come Old Souls ad altre che fanno la parodia di interi generi musicali (tutte quelle dei Juicy Fruit), ad altre ancora che riescono a essere entrambe le cose, e devo ancora capire come Williams ci sia riuscito (il numero d’apertura del Paradiso).
La recitazione, che passa dall’essere caricaturale a calibrata al millimetro anche nello spazio di una singola scena, è un altro elemento che scorre su un doppio binario; stessa cosa per scenografie e costumi, che fanno la parodia del musical, dell’horror, degli spettacoli rock e, infine, di quelli televisivi, ma hanno anche la funzione di raccontarti i personaggi, dirti parecchie cose su ognuno di loro e creare un’ambientazione di una coerenza ferrea con la storia narrata.
E poi c’è la regia di De Palma che tira le fila del tutto, anche quella, ambivalente, doppia, in bilico tra partecipazione sentita e calorosa alla sorte del suo protagonista, e perfida presa in giro di un intero mondo, che De Palma conosce molto bene, e di interi generi musicali, letterari, cinematografici, che qui vengono messi a nudo e sotto la luce priva di senso della misura del nostro amato Brian.
C’è un’energia, in questo film, che è quasi una cosa animale e sguaiata, fatta di frenesia, di adrenalina, di voglia di osare sempre di più. Se lo sviluppo della storia in sé è prevedibile, ma solo perché alla fine si tratta di un adattamento di storie vecchie come il mondo e portate al cinema in tutte le salse, è impossibile prevedere dove ci porterà De Palma da un’inquadratura all’altra con la sua furia creativa, con questa febbre che lo spinge a muovere la sua macchina da presa come se davvero avesse fatto un patto col diavolo e ne fosse posseduto.
Camp, umorismo nero, orrore, sangue, violenza, parodia, storia d’amore impossibile e maledetta: Il Fantasma del Palcoscenico è tutto questo ed è anche di più, è un film in grado di farti ridere, piangere e disgustare nel giro di due minuti, come accade nella scena che porta alla mutilazione del suo protagonista Winslow e alla conseguente creazione del Fantasma. Un film che ti tramortisce mettendo insieme uno spettacolo pirotecnico di glam rock ispirato a Frankenstein, e un paio di scene prima aveva rifatto la scena della doccia di Psycho con uno sturalavandini al posto del coltello.
Non esiste una via di mezzo nell’approccio di De Palma al suo Fantasma: lui carica a testa bassa e non importa se risulta oltraggioso, immaturo, sciocco, ingenuo, barocco e involuto. Quello che interessa è dare allo spettatore quello che Pauline Kael, nella sua recensione del 1974 sul New Yorker, definiva una “kinetic charge“. Non credo che esista una definizione migliore per Phantom of the Paradise: ti carica come una scossa, è un inno al movimento perpetuo, impresso dalla volontà sfrenata del suo regista. È una giostra che mai si ferma e salta da un’emozione all’altra, a volte ne tiene più d’una, tutte legate insieme e le fa esplodere e ti lascia nel dubbio di come dovresti sentirti, ma soprattutto è un qualcosa che corre a un ritmo micidiale e, se non ti scansi, ti passa direttamente sopra. Di rado è esistito un film più invadente e ingombrante di questo: a confronto, il Rocky Horror pare realizzato da scolaretti delle elementari.
Uno dei più bei commenti su Il Fantasma del Palcoscenico l’ho letto qualche giorno fa su Letterboxd e diceva più o meno: “Non mi sembra di chiedere la luna quando dico che ogni film dovrebbe almeno provare a fare qualcosa di simile”. Ora, è evidente che si tratti di un’iperbole, ma se il cinema avesse un quindicesimo di questa pazza energia camp impressa da De Palma alla sua rock opera, la Disney verrebbe polverizzata nel giro di un paio di settimane, tutto il cinema asettico e cadaverico sarebbe neutralizzato e avremmo una serie di opere bizzarre, erotiche, feroci e tenere allo stesso tempo con cui passare le nostre serate nelle sale.
Davvero, ogni film ci dovrebbe almeno provare, una volta ogni tanto.












Ma a questo punto anche… Strade di Fuoco! 😉
Che figata! Che pezzi e che varietà di generi! Non so spiegare bene come mi smuove quando lo rivedo: tanto, anche cose diverse e contrastanti ma sempre con una energia anarchica, folle… che scuote, che “risveglia”. Grande!
Ho avuto la fortuna di vederlo il sala in una retrospettiva dedicata a De Palma, e su grande schermo è ancora di più un godimento sfrenato!
Dimenticavo: “Somebody Super Like You” è un pezzo che mi fa impazzire (non so perché, come spesso mi succede col cinema e con la musica… è fighissimo nei passaggi e nelle melodie… ha un tono spavaldo e sopra le righe… è trash ed esaltante… è glam-rock-metal quasi… è super cantabile… mi ricorda una delle anime dei Queen di quel periodo…). Questo film ce lo avevo in vhs registrato non sono sicuro da dove (forse un vecchio Fuori Orario) e mettevo quel brano a ripetizione, chitarra in mano, per capire come scriverne uno simile. Grande!
E… un post (fluviale) sul Rocky Horror (e anche su Strade di Fuoco, a questo punto…)? Così, per dire…
Su Strade di Fuoco c’è! C’è anche un episodio di Paura & Delirio dedicato al film di Walter Hill. Su Rocky Horror, io sono abbastanza fredda in relazione a quel film. MI piace, ma non mi fa impazzire, ecco
Ma certo! Dovevo immaginarlo. Mi ero perso i post su Hill (li sto leggendo adesso: splendidi) e li recupero subito. Questa estate io e mio padre ci siamo (ri)visti i Guerrieri e Strade, esaltandoci alla grande! Non è facile centrare i gusti del mio vecchio (che ha in tutto una decina di dvd, tra i quali ci sono, ho scoperto, L’armata delle tenebre, Fuga da Los Angeles e Convoy… sono commosso!) e sono contentissimo quando passiamo una serata esaltandoci e divertendoci come bambini.
Sul Rocky Horror ci sta. Io stesso l’ho sempre trovato, ad esempio, troppo “triste”, pur avendo momenti di esaltazione pazzeschi. Scoprirlo da ragazzino e in era pre rete però è stato una bomba! Elettrizzante e liberatorio!
Credo che tu sappia sempre contestualizzare e valorizzare i film, anche al di là dei gusti e delle sensazioni personali, per questo mi piace leggere anche di ciò che non ti esalta fino in fondo (o magari non esalta me).
Besos!
Un film che mi ha sempre inquietato, il personaggio di Winslow/Fantasma mi spaventava un sacco da ragazzino