The Boogeyman

Regia – Rob Savage (2023)

Nonostante la mezza delusione (soprattutto a livello ideologico) che è stata Dashcam, non potevo perdermi per niente al mondo la prima incursione di Savage nel regno dell’horror “tradizionale”, anche per capire se il giovanissimo regista fosse in grado di gestire una storia e non una mera situazione reiterata, come nei suoi due film precedenti. Avere a che fare con personaggi dotati di un arco narrativo e spessore psicologico, e con una vicenda che non si limiti a “seduta spiritica che va storta, ma in mezzo alla pandemia” o a “guardate quanto può essere stronza la gente, ma in mezzo alla pandemia”. 
C’è da dire che i tre sceneggiatori (due sono quelli di A Quiet Place, il terzo ha scritto addirittura Il Cigno Nero) gliela mettono giù facilissima con una trama esile ed estremamente lineare: il Bignami dell’horror soprannaturale PG13. È infatti un mistero sul quale mi sono scervellata per ore il divieto di The Boogeyman ai minori di 14 anni in Italia. Spero non sia dovuto al fatto che, a un certo punto, si vedono delle ragazze minorenni fumarsi una canna, perché comincio a ridere ora e finisco nel 2030. Non c’è infatti nulla che giustifichi una simile limitazione. 

Il racconto da cui il film è nominalmente tratto è uno dei più spaventosi contenuti nella raccolta A Volte Ritornano. In Italiano si intitola Il Baubau e consta di quattro o cinque pagine in cui un protagonista molto sgradevole racconta al suo psicanalista della morte dei figli per mano di un presunto mostro nascosto nell’armadio. È una storia viscida e cattiva e il suo narratore principale è un tipo di personaggio molto frequente nell’universo kinghiano, ovvero un Padre Terribile, mostruoso tanto quanto la creatura che gli porta via uno a uno i figli. Il materiale di partenza, se adattato in maniera fedele, era buono giusto per un cortometraggio da far girare per i festival e nulla più. Tirarne fuori un lungometraggio con una certa capacità di attrazione per il grande pubblico implica per forza uno stravolgimento completo del nucleo centrale del racconto. Quindi non abbiamo più un Padre Terribile che abusa di moglie e figli, ma una famiglia spezzata da un lutto: la madre di Sadie (Sophie Tatcher) e della piccola Sawyer è morta da poco in un incidente stradale, e il padre non ha la più pallida idea di come affrontare questa perdita o di come parlare con le sue figlie. 
Quando Sawyer comincia a soffrire di terrori notturni e a lamentare la presenza, nel ripostiglio della sua camera, di una creatura malevola, né la sorella maggiore né il genitore le credono e pensano che si tratti di una reazione, del tutto comprensibile, alla morte della mamma. Ma siamo in un horror,  e quindi L’Uomo Nero esiste ed è affamato. 

La sceneggiatura di The Boogeyman, pur andando a modificare nella sostanza il racconto da cui è tratta, cerca comunque di essere il più kinghiana possibile, e spesso ci riesce, per esempio nella caratterizzazione del rapporto tra le due sorelle, sole come gran parte dei minori messi su pagina dallo scrittore, e costrette a cavarsela nella totale indifferenza del mondo adulto; ci sono inoltre i classici bulli della scuola, qui diventate un gruppetto di ragazze ostili alla povera Sadie senza alcuna motivazione plausibile. Un troncone narrativo che sembra avulso dal resto, almeno fino a quando queste insopportabili liceali non dimostreranno di avere, anche loro, un ruolo molto specifico all’interno della trama. 
In generale, l’atmosfera è kinghiana e le citazioni da diversi suoi lavori abbondano, senza tuttavia essere invasive o voler dare di gomito allo spettatore smaliziato. Certo, per il resto non siamo proprio di fronte a un esempio di scrittura sopraffina: la metafora è molto gridata e di una semplicità quasi imbarazzante, ogni tappa del racconto è prevedibile, perché tutti gli appuntamenti del film dell’orrore con famiglia in lutto sono rispettate con scrupolo maniacale. Qualsiasi spettatore con più di un paio di horror sul groppone non farà fatica a capire dove il film stia andando a parare. 
Però, devo ammetterlo, va benissimo così.

Va benissimo così perché Savage, ma questo lo sapevamo già, è solo una gradita conferma, è bravissimo a fare paura e The Boogeyman è un film molto spaventoso, specialmente nella prima parte, quando ancora L’Uomo Nero del titolo si limita a essere una presenza a malapena intravista nel buio, una sinistra minaccia senza volto e senza forma, e della cui concreta esistenza nemmeno siamo del tutto certi. Tra jump scare molto ben calibrati e lunghe sequenze di pura tensione (vedere quella che riprende la seduta psicanalitica della storia di King, e il modo in cui si conclude), Savage riesce a dare corpo al concetto di terrore infantile con un linguaggio che è allo stesso tempo semplicissimo e sofisticato. Conosce i meccanismi della paura e li applica uno a uno, ma riesce a muoversi in controtendenza rispetto alla sceneggiatura: la sua regia non è prevedibile, nemmeno in un PG13, nemmeno quando si tratta di fare il classico giochino del mostro annidato sotto al letto. Di conseguenza, molti spaventi proprio non li vedi arrivare e, per come le varie scene sono costruite, inquadrate e montate, c’è sempre un dettaglio o un momento in cui la sicurezza dettata da una storia priva di sorprese viene mandata a gambe all’aria da un Savage che le sorprese se le crea da solo. 

Purtroppo, la risposta al nostro quesito iniziale ancora non ce l’abbiamo: anche in questo caso, Savage firma un film che vive di situazioni e non di una narrativa compatta e coerente; non è colpa sua, perché è la prima volta in cui non mette mano di persona alla sceneggiatura, e forse non ha la sensibilità per cavare fuori il sangue dalle rape, come ha fatto Mike Flanagan con il sequel di Ouija, quindi preferisce limitarsi a fare ciò che meglio gli riesce: concentrarsi sulle singole scene e renderle il più spaventose possibile. In questo è supportato da un design della creatura da incubo, che neppure perde troppo di efficacia quando, nella seconda metà del film, si compie la scelta di mostrarla in tutto il suo splendore. Anche il lavoro sul suono è eccellente, nonostante il doppiaggio lo mortifichi e, tirando le somme, The Boogeyman è un buon pop corn horror da godersi in sala per dare inizio alla stagione estiva, quella disimpegnata, quella di Zia Tibia. Perfetto per una plumbea domenica pomeriggio di giugno. 

 

5 commenti

  1. Avatar di loscalzo1979

    “È infatti un mistero sul quale mi sono scervellata per ore il divieto di The Boogeyman ai minori di 14 anni in Italia. Spero non sia dovuto al fatto che, a un certo punto, si vedono delle ragazze minorenni fumarsi una canna, perché comincio a ridere ora e finisco nel 2030” probabilmente proprio per questa cazzata c’è il VM14

    1. Avatar di Lucia

      Io sono basita

      1. Avatar di Giuseppe
        Giuseppe · ·

        Io mi chiederei pouttosto cosa possa mai aver fumato chi ha imposto un (ridicolo) divieto del genere, anche se temo che in realtà questo sia uno dei preoccupanti segnali che il vento sta cambiando (sempre più fetido, sempre più fascio)… 😞

  2. Avatar di Luca Bardovagni
    Luca Bardovagni · ·

    Ciao Lucia. Concordo con il fatto che se lo prendi come un pop corn horror si lascia scorrere via senza fastidio. (Oltretutto apprezzo la Tatcher grazie a Yellow Jackets) . Però. Però però. C’è sto lutto… Ci sono alcuni momenti in cui mi sembra che Savage voglia fare l’ “ELEVATED”… Se lo si prende in questo modo diventa L’ANTIMATERIA di Babadook…. (Probabilmente non ti è venuto in mente perché GIUSTAMENTE consideri Babadook giocare in un altro campionato. Bhe , un altro campionato di un altro sport.
    Mi ha fatto alzare un po’ il sopracciglio .Anche perché Savage ha già dimostrato (e di recente) una certa ambiguità nelle intenzioni…
    Detto questo, diciamo la buona fede e le attenuanti generiche tocca riconoscerle a tutti (e in effetti non è che io vada a bere con Savage nella vita), quindi sì. Come pop corn horror fa il suo. Va anche messa te Le attenuanti generiche il fatto che è la prima volta che si cimenta con un budget importante. Giudicandolo così, a parte che davvero VIAGGIA SULLE ROTAIE, lo si assolve.

    1. Avatar di Lucia

      E tu hai ragione, io ho pensato a Babadook tutto il tempo, però poi a conclusione a cui siamo arrivati è la stessa: gioca in un altro sport, un film come The Boogeyman può solo sperare di non farsi troppo male nel paragone.