
Regia – Eduardo Sánchez (2011)
Io, con questo blog, ho intenzione di tirare avanti fino al 2029, fare un post di celebrazione del trentennale di The Blair Witch Project e poi chiudere col botto. Non se sarò in grado di reggere sino ad allora, ma l’obiettivo è quello. Intanto che ci arriviamo, tuttavia, possiamo cercare di rivalutare un po’ la carriera di Sánchez dopo The Blair Witch Project, che altrimenti pare abbia fatto soltanto quello nella sua vita.
Non dirige un film dal 2014 (Exists, che a me non era piaciuto, ma sono cambiata così tanto negli ultimi 8 anni che dovrei davvero rivederlo) ed è ormai un regista televisivo a tempo pieno. Ma noi oggi festeggiamo Lovely Molly, che arrivava nei cinema, in distribuzione limitata, il 18 maggio del 2012, dopo aver fatto il consueto giro dei festival.
Era un momento in cui il nome di Sánchez ancora faceva un discreto rumore: l’eco di un film come TBWP non si spegne velocemente, persiste, soprattutto perché proviene da un sistema culturale in cui la vita di un’opera era molto più lunga rispetto ad adesso. Non so se oggi Sánchez venisse riesumato dalla A24 o dalla Blumhouse, quali sarebbero le reazioni. Molto probabilmente “Sánchez chi?”. Ma, dieci anni fa, l’idea di un nuovo film del regista di TBWP metteva tutti sull’attenti.
Poi Lovely Molly ha avuto un’accoglienza abbastanza fredda ed è stato dimenticato troppo in fretta. Credo che dipenda dalla maledizione dell’esordio perfetto: va a finire che ti chiedono sempre la stessa cosa, ma Sánchez non ha mai provato a replicare le atmosfere di TBWP, anche se ha continuato a sperimentare con il linguaggio del found footage e lo ha esplorato in lungo e in largo. Nel caso di Lovely Molly poi, non si può neppure parlare pienamente di found footage: è un film ibrido, con qualche inserto preso dalla telecamera della protagonista Molly (Gretchen Lodge), e gran parte della storia narrata in maniera tradizionale, quindi con un punto di vista esterno.
Lovely Molly racconta di una coppia appena sposata (Molly, appunto, e Tim) che, dopo il matrimonio, va a vivere nella casa dei genitori di lei, entrambi morti. È una fattoria un po’ isolata e capiamo sin da subito che l’infanzia di Molly, e di sua sorella Sarah (Alexandra Holden, sempre troppo sottovalutata) non porta con sé ricordi particolarmente lieti. Solo che né Molly né Tim navigano nell’oro, e una casa gratis è pur sempre una casa gratis.
Succede che Tim sia spesso fuori per lavoro, succede che, nel cuore della notte, l’allarme cominci a suonare e la porta sul retro si apra senza tuttavia alcun segno di effrazione; forse è stato Tim a dimenticare la porta aperta, forse qualcuno si è davvero introdotto in casa, ma di sicuro a Molly non fa bene stare lì da sola. Si comporta in maniera strana, sembra malata, tutti sono preoccupati perché lei ha un passato di tossicodipendenza e la prima cosa a cui le persone a lei vicine pensano è che ci stia ricadendo. E magari hanno pure ragione. Magari essersi trasferita in un posto in cui non è stata felice, ha innescato in Molly una reazione di profonda instabilità emotiva; magari, però, in quella casa c’è una presenza, e anche quella viene dal passato. E comunque non è detto che le due cose si escludano a vicenda, anzi, sono intrecciate e districarle non è possibile.
Lovely Molly è la cronaca di una tragedia annunciata e, a seconda di come preferiate interpretarlo, può essere considerato un horror psicologico sulla lenta disgregazione della mente della sua protagonista o un horror soprannaturale che anticipa di sette anni alcune dinamiche di Hereditary. Ma anche entrambe le cose, dato che la mente di Molly va effettivamente in frantumi e le cause possono essere molteplici e tenute sempre sotto un velo di incertezza e ambiguità per volontà di Sánchez, che è molto bravo a sfruttare le possibilità di uno stile che mischia telecamera amatoriale e telecamere di sicurezza (quelle del supermercato dove lavora Molly) con la “normale” narrazione cinematografica. Questo confonde ancora di più le acque perché non sappiamo quali immagini stiano raccontando la verità, se le riprese di Molly o lo sguardo oggettivo del regista.
Cosa sia successo alle due sorelle da bambine è abbastanza scontato, ma non è che il film miri più di tanto all’effetto sorpresa. Non è quello che conta e non è quella l’ossatura del racconto, che è invece tutta sul rapporto tra Molly e Sarah, sul modo in cui hanno, ognuna a modo proprio, elaborato un trauma che le ha segnate nel profondo. Sarah è stata più fortunata rispetto a Molly, e soprattutto, non è obbligata dalle circostanze a rivivere in tutti i momenti la propria infanzia. A differenza di molti film in cui i personaggi potrebbero andarsene quando vogliono dalla casa maledetta, qui le circostanze sono molto concrete, molto specifiche: Lovely Molly è anche, in parte, un horror su chi non ha il privilegio di poter fare i bagagli e trovare un posto più confortevole, è un horror su personaggi a cui mancano le occasioni. E lo stridente contrasto tra la prima scena del film, quella del matrimonio, in cui vediamo due persone pronte a costruirsi un futuro, e l’ultima, in cui di quel futuro in piedi non resta niente, è doloroso e gestito molto bene da una regia attenta soprattutto al lato umano della vicenda, alle relazioni tra personaggi, ai dettagli che trapelano tra le righe.
È quasi un esempio precoce di horror sofisticato, Lovely Molly, ci si ritrovano dentro elementi comuni all’ondata di registi indipendenti che si è messa a cambiare la faccia al genere qualche anno dopo l’uscita di questo film, e l’impressione è che sia arrivato un po’ troppo in anticipo per poter essere apprezzato, analizzato e compreso come meritava. Perché ci si aspettava un film su una possessione demoniaca (The Possession era il titolo di lavorazione, poi modificato in corso d’opera nel molto più evocativo Lovely Molly), quando invece la possessione c’è, ma la sua natura è terribilmente sfaccettata e non la si può ridurre al classico: presenza ultraterrena incasina la mente di giovane donna. Non è Paranormal Activity, è un’altra cosa, va in una direzione diversa, e una volta che l’ha presa, va molto più a fondo.
Come se non bastasse, Sánchez non fa mai leva sui facili meccanismi di spavento per raccontare questa storia così dura e sgradevole, quindi la visione di Lovely Molly è tutta fatta di spigoli. Non procede liscia, va strappi, dalla quiete assoluta al caos altrettanto assoluto. I comportamenti erratici di Molly diventano sempre più inquietanti, sempre più violenti e aggressivi. C’è una sequenza con il pastore della chiesa che Tim e Molly frequentano, così tesa e piena di imbarazzo, che viene davvero da distogliere lo sguardo dallo schermo; per non parlare di un certo bacio che, ne sono certa, vi farà accartocciare lo stomaco, se ancora non sapete di cosa sto parlando.
Lovely Molly è un esperimento, a mio parere pienamente riuscito, da parte di un autore che aveva tutti gli strumenti per far parte dei più grandi, ma il pubblico ha sempre rifiutato di ascoltarlo. In attesa che davvero arrivi qualche casa di produzione illuminata a riesumarlo, e con la consapevolezza che ciò potrebbe non accadere, e lui continuare la sua carriera televisiva, è giusto recuperare il suo film più personale e, credo, sentito. Dopo dieci anni è ora di guardarsi indietro e capire dove abbiamo tutti sbagliato.
Di questo regista tendo a non considerare il suo notevole esordio,piu’ che altro per il fatto che li i meriti venivano divisi in due,dei film diretti solamente da Eduardo mi pare che da noi sia arrivato solamente “Altered”,film che ho adorato alla follia,tutti gli altri mi sa che non sono arrivati mai da noi,non ne ho la certezza assoluta,magari sei piu’ informata di me su questo,comunque mi pare di averli visti tutti in inglese,compreso “Exists”……
Orsetto Sanchez è un autore da recuperare sicuramente; Lovely Molly all’epoca mi piacque, ma ricordo poco anche leggendo il tuo post e la mia rece di allora:
Horror proletario e malsano, sorta di ambigua ghost story alla maniera del Polanski del trittico della paranoia (Repulsion, Rosemary’s Baby, L’inquilino del terzo piano), compensa una trama sicuramente non originalissima e un ritmo un po’ a singhiozzo con una scrittura filmica molto elegante, che crea un clima di tensione opprimente ed è abile a colpire duro quando è necessario: la lunghissima scena del morso mi ha fatto tenere la mano sulla bocca per tutta la sua durata.
La scena del bacio/morso è davvero potentissima.
Questa era la terza volta che vedevo il film e mi ha fatto male come la prima, anche se sapevo già in anticipo quello che stava succedendo.
Diciamo che a non sbagliare forse siamo stati in pochi, troppo pochi per riuscire a sostenere la legittima aspirazione di Sanchez a sperimentare delle strade differenti rispetto a quelle già battute. Il grosso del pubblico pagante probabilmente continuava ad aspettarsi da lui un nuovo TBWP o un sequel di Altered e così non è stato, considerando anche il modo di trattare il soprannaturale in Lovely Molly tale da porre il regista al di fuori delle mode del momento e, quindi, lontano da quello stile alla Paranormal Activity (appunto) che gli avrebbe portato molti più consensi…