E per non farci mancare niente, il Bigfoot!

WillowCreekFeatIl Bigfoot è, forse, tra le varie mostruosità criptoozoloogiche e folkroristiche, la più noiosa da un punto di vista cinematografico. Il perché è presto detto: uno scimmione che saltella per i boschi è molto difficile che, sullo schermo, spaventi qualcuno. Certo, i film sul bestione non mancano, ma si tratta quasi sempre di roba scadente. Nel corso degli anni ’70, il Sasquatch era tra i mostri più amati dalla cultura popolare, soprattutto a causa del filmato del 1967 che ritrae l’essere scimmiesco mentre si fa una passeggiata tra le fratte della California del Nord, girato da  Roger Patterson e Robert Gimlin.
Da lì si scatena tutta una serie di falsi documentari, docu-drama, o film di pura exploitation dedicati al nostro peloso amico. L’ondata si esaurisce col tempo, così come l’interesse per il mostro in questione. E quando anche l’Asylum si occupa di realizzare un film sul Bigfoot (a suo modo, ovviamente), vuol dire che il povero cripto primate è arrivato alla frutta.
Eppure, a ben pensarci, il Sasquatch è una materia molto interessante per un found footage. Devono essersene accorti due registi, molto diversi tra loro, che a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, hanno realizzato il loro personale contributo alla filmografia sullo scimmione silvestre. Pare quasi che sia tornato di moda. exists_horror_movie-wideNon credo ci sia bisogno di presentare Eduardo Sanchez ai lettori di un blog come questo. Insieme al suo collega, Daniel Myrick, è responsabile di uno dei film più importanti della storia del cinema dell’orrore, una di quelle opere seminali che ancora oggi vengono prese come punto di riferimento per gli amanti del genere. Sì, è vero, The Blair Witch Project ha i suoi detrattori, che di solito accusano la pellicola di essere l’origine di tutti i mali del mondo. Ma chiunque dica di non essersela fatta addosso negli ultimi dieci minuti nella catapecchia, o mente, o non ricorda bene. Ed è comunque inconfutabile che quella cazzo di strega infrattata nei boschi del Maryland abbia avuto un impatto molto violento sull’immaginario collettivo, e sullo sviluppo del genere tutto, fino ai giorni nostri.
Purtroppo, dopo quell’exploit, la carriera di Sanchez è stata piuttosto altalenante. Apprezzabilissima la scelta di tenersi alla larga dal sequel e di battere strade diverse. Il ragazzo ha dalla sua due ottimi film, sebbene poco noti al grande pubblico, Altered e Lovely Molly.
Deve essersi stufato di fare la fame, il buon Sanchez e, con questo Exists, ritorna sul luogo del delitto: un altro found footage, altri boschi, questa volta in Texas, e un gruppo di amici armati di telecamere.

Cinque ragazzi in viaggio verso la baita dello zio di due di loro. Strada sterrata notturna. Si sente uno schianto, l’auto sbanda, come se avesse investito qualcosa. E infatti ci sono tracce di sangue e ammaccature varie sul muso del veicolo. Dato che uno dei protagonisti non si separa mai dalla sua fida telecamera, rivedono il filmato dell’incidente più volte, lo rallentano e si accorgono che effettivamente hanno preso sotto qualcosa di grosso e peloso, poi scomparso nel nulla.
I cinque non fanno una piega e si avviano spensierati verso la loro baita. Che è una baracca fatiscente e lercia. Ma in fondo che ci frega. Ubriachiamoci. E continuiamo a fare inutili riprese dei nostri festeggiamenti. Sanchez, per avvisarci che sono passati quasi una ventina d’anni, arma i suoi anche di alcune Go-Pro da attaccare ai caschetti e ai manubri delle bici con cui si divertono a scorrazzare per i boschi. Autocitando l’episodio da lui diretto per il secondo V/H/S.
Inutile a dire che in quei boschi c’è un Sasquatch molto poco amichevole, che procederà a farli a pezzi uno dopo l’altro.

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Definire Exists una delusione sarebbe eufemistico. Non tanto, o non solo, perché l’idea di mostrare il bestione a tutto campo, per quanto coraggiosa, porta a dei risultati involontariamente comici. Non è questo il problema. È una scelta dell’autore e va comunque rispettata. Io, quando vedo lo pseudo gorilla che zompa come una cavalletta, scoppio a ridere incontrollabilmente, ma non è detto che lo facciano gli altri spettatori. Il problema, riguardo a Exists, è tutto di scrittura. E da Sanchez, che è sempre riuscito a non cadere in personaggi e situazioni banali e che, anzi, ha posto le basi per tutta una serie di film che hanno stereotipato i suoi personaggi originali, ci si aspetta un lavoro migliore. Invece sembra tutto messo giù con pigrizia, adagiandosi sugli elementi più triti del found footage e del teen horror messi insieme: il cameramen guardone e fattone, il fidanzato coraggioso che si sacrifica per il gruppo, i cellulari che non hanno campo, il personaggio di colore che esce dal nascondiglio a fucile spianato gridando tutta una pletora di “shit, motherfucker” in direzione del mostro e che, ovviamente, viene sbranato come un coglione. E, come sempre quando si tratta di found footage, tranne rare eccezioni meritevoli, ci si sta lì a chiedersi per quale motivo l’imbecille di turno continui a riprendere, perché quando mandano qualcuno in avanscoperta in bici debbano riempirlo di GoPro, così da fornire a noi spettatori ogni tipo di prospettiva e punto di vista, dalla soggettiva dal caschetto, al primo piano dal basso, alla carrellata laterale sui boschi, possibile grazie a una comoda e maneggevole telecamera montata sul telaio. Stai scappando da un mostro che vuole sbranarti, deficiente. Ti serve davvero tutta quella roba che neanche su un set?
Ah già, perché eravamo su un set e Sanchez fa in modo di farcelo capire ogni istante.

Forse si tratta di una geniale e ardita destrutturazione del genere che scopre le sue carte e si rivela per l’immensa fregatura che è. E sarebbe un punto di vista interessante, soprattutto se portato avanti da chi il genere se lo è ufficialmente inventato. La scelta di mettere della musica, sebbene sporadica, come commento sonoro, al film, porta in questa direzione: rivelare la finzione del tutto sin dai primi istanti e annoiare volutamente con quasi un’ora di siparietti tra personaggi stereotipati. Ma, anche se si fa lo sforzo di vederlo così, Exists risulta comunque fallimentare.

willow_creek1Facciamo un passo indietro di un anno e andiamo a conoscere un regista famoso per le sue commedie e che, prima di questo Willow Creek, non aveva mai avuto a che fare con l’horror. Parliamo di Bobcat Goldthwait, autore del bellissimo God Bless America (2011). Anche lui si approccia per la prima volta al genere con un found footage e anche lui va a indagare il mito un po’ sbiadito del Bigfoot, usando però una prospettiva molto interessante e molto più vicina a The Blair Witch Project di quando non lo sia l’ultimo lavoro di Sanchez.

Kelly e Jim sono una coppia di fidanzatini in procinto di girare un documentario sui luoghi del famoso filmato del Bigfoot del 1967. Si recano quindi a Willow Creek, patria del Sasquatch, a visitare una comunità la cui econimia si basa quasi interamente sul turismo legato allo scimmione. Abbiamo così statue di plastica del mostro, un museo a lui dedicato e addirittura ristoranti che servono il Bigfoot Burger.
I due intervistano qualche abitante del luogo, alcuni molto disponibili, altri decisamente ostili e poi si inoltrano nei boschi per accamparsi.
Goldthwait ci addormenta per circa quaranta minuti, facendoci galleggiare in un’atmosfera a metà tra la commedia sentimentale e la satira di costume e mostrandoci un’America provinciale e un po’ disperata, che si aggrappa al valore commerciale dei suoi miti e li sfrutta fino a svuotarli di qualunque significato.
E qui arrivano i due “stranieri”, lui entusiasta credulone, lei scettica e diffidente. Jim è convinto dell’esistenza del Bigfoot, mentre a Kelly interessa solo di fare un viaggio con il suo ragazzo, seppure assecondandolo in quella che lei ritiene un’ossessione un po’ infantile.

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Quando ci siamo sufficientemente tranquillizzati, crediamo di trovarci in territori familiari e aspettiamo soltanto che spunti fuori il mostro, Goldthwait mette in scena una sequenza nottura di circa un quarto d’ora, con un’unica inquadratura fissa sui due ragazzi all’interno della tenda e un lavoro sul sonoro che è, semplicemente, straordinario. Forse io sono facilmente suggestionabile e molto sensibile a certe ambientazioni, a certi rumori e alla fragilità assoluta costituita da un pezzo di stoffa come unica barriera tra te e quel qualcosa che si aggira lì fuori. Ma, per quanto mi riguarda, sono 15 minuti di orrore puro, fuori controllo, non mitigato da niente e del tutto credibile.
È credibile la presenza della telecamera accesa: fa meno luce di una torcia e ti rende meno visibile, ma ti impedisce anche di vivere nel buio più totale quegli attimi di paura.
Sono credibili le interpretazioni dei due attori, Alexie Gilmore e Bryce Johnson, molto affiatati come coppia ed entrambi bravissimi a sembrare spaventati dopo essere passati lui attraverso un momentaneo trionfo (avevo ragione io, esiste!), lei attraverso una serie di tentativi di spiegare razionalmente ciò che sta avvenendo fuori dalla tenda.
È credibile, soprattutto, l’atmosfera che regista, troupe e attori riescono a imbastire con così poco. E a quel punto che nei boschi ci sia uno scimmione, una strega, un demone lovecraftiano, ha davvero pochissima importanza.
C’è qualcosa che si muove nel bosco, tu sei al buio, hai freddo, sei da solo e sei indifeso.

Goldthwait sceglie, a differenza di Sanchez, di non mostrare mai il Bigfoot. In questo, si avvicina molto al modello del perfetto found footage rappresentato da The Blair Witch Project, i bei tempi in cui era la nostra immaginazione a dare un volto all’orrore che si aggirava tra alberi e ruscelli. E quel volto, personale e unico per ognuno di noi, ci terrorizzava.

Se vi affascina il Bigfoot, se siete interessati alle stranezze criptozoologiche, se vi divertite a collezionare mostri, vi consiglio un blog e un paio di ebook a tema.
McGlen’s Mysteries è il blog di Marco Valle, ed è una miniera d’oro per quanto riguarda leggende e bizzarrie varie. Sempre di Marco Valle, ecco due letture interessanti: A Caccia di Mostri e Creature del Mistero, dove si va alla ricerca di ogni forma di stramba creatura mai avvistata, per terra e per mare.
Buon divertimento!

13 commenti

  1. […] Più che una creatura enorme e selvatica, sembra John Goodman che torna a casa dopo una festa etilica a tema scimmiesco, eppure la dottrina propende per la sua autenticità, in virtù del dogma dell’infallibilità sacrale del fotogramma, tanto totemico che la successiva filmografia di fantasia ha girato al largo, con pochi dimenticabili tentativi di fare di Piedone l’ennesimo creepy monster da popcorn movie, sul quale tema potrete leggere più approfonditamente in questo blog amico. […]

  2. Articolo molto interessante!!!

  3. Il mio Bobcattuccio non ne sbaglia una, questo lo recupero assolutamente e mando al diavolo il Bigfoot di Sanchez 🙂
    Abominable invece l’avevi visto? Nonostante tutto non è nemmeno malaccio, forse solo un po’ scemino!

    1. Abominable era persino divertente. O almeno, si lasciava guardare e alla fine eri contenta 😀

  4. Exists davvero brutto, ma peccato, c’era questa reinvenzione del genere che poteva veramente dare nuovi frutti. E invece. Tra l’altro ne parlo domani, io.
    L’altro invece ancora mi manca, è finito indietro nella lista.

    1. Io da Exists mi aspettavo tantissimo. E invece ci sono rimasta davvero male. Una delusione enorme da un regista che, fino a questo momento, non mi aveva mai deluso.
      Da Willow Creek invece non mi aspettavo niente…

  5. Giuseppe · ·

    In pratica, Exists sta a dimostrare quanto gli esordi mockumentaristici di Sanchez e Myrick siano ormai (e sempre più) lontani nel tempo… e quanto, a salvarli dal tempo che passa inesorabile, non possa certo bastare l’uso massiccio di GoPro. 😦
    Invece mi interessa molto di più l’esordio del bravo Bobcat e, da come hai descritto il suo Willow Creek, credo abbia le carte in regola per diventare anche un buon regista horror (non necessariamente legato al found footage, visto che la scelta di far solo intuire una creatura può portare – lo sappiamo – a analoghi e ottimi risultati pure all’interno di un film tradizionale)…

    1. Io spero che quello di Sanchez sia solo un passo falso in una ottima carriera.
      Un film sbagliato capita a tutti quanti 😉

  6. Bobcat sarebbe lo Zed di Scuola di polizia ?
    Anchi’io ho sofferto vedendo un horror italico con un treno a vapore demoniaco.

    1. Ommadonna, che roba è?

      1. Un film dal titolo Il treno (1989) all’estero si chiama beyond the door 3 il primo della serie e di Bava e si intitola Shock.

  7. Giocher · ·

    La cosa più terrorizzante sul Sasquatch mai trasmessa fu un episodio/caposaldo/capolavorodel trilling di McGyver. Vedere per credere

    1. Ne ho un vaghissimo ricordo, ma proprio una cosa risalente alla remota infanzia…

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